[as]
Masse estreme.

a.
Rappresentazione artistica dell’esplosione di una supernova avvenuta nel dicembre 2004, con successiva formazione di una stella di neutroni, a 50.000 anni luce dalla Terra. Il bagliore emesso dalla stella fu così intenso che oscurò temporaneamente tutti i satelliti a raggi X e illuminò la parte alta dell’atmosfera terrestre.
Nell’universo esistono corpi celesti la cui massa si trova in uno stato caratterizzato da densità così elevate da essere considerati dai fisici come dei “laboratori naturali” per lo studio della massa in condizioni estreme. Si tratta delle stelle di neutroni e dei buchi neri, due tra i possibili stadi finali dell’evoluzione stellare (vd. fig. b). Quando una stella di grande massa esplode in una supernova, rimane un nocciolo centrale, residuo dell’esplosione, la cui massa ne determina la successiva evoluzione (vd. Asimmetrie n. 9, “Nuclei e stelle”). Se la massa del nocciolo residuo è compresa tra circa una volta e mezzo e tre volte quella del Sole, il collasso gravitazionale continua fino al momento in cui gli elettroni e i protoni si saranno trasformati in neutroni e neutrini. Essendo molto penetranti, i neutrini sfuggono dalla stella, diffondendosi nello spazio circostante e lasciando un nocciolo composto in gran parte da neutroni. In queste condizioni, nel nocciolo ha origine una nuova sorgente di pressione, fenomeno noto come pressione di degenerazione dei neutroni, che si oppone al collasso gravitazionale e lo arresta. La degenerazione dei neutroni è un fenomeno quantistico dovuto al principio di esclusione di Pauli, secondo il quale due particelle identiche con spin semi-intero (come per esempio due neutroni, il cui spin vale ½) non possono occupare lo stesso stato quantico. I neutroni della stella si distribuiscono così in differenti “livelli energetici” con energia non nulla. Questo produce una pressione verso l’esterno che equilibra la pressione gravitazionale e crea un oggetto stabile. Nasce così una stella di neutroni, un corpo celeste estremamente compatto, di massa paragonabile a quella del Sole ma con un raggio di appena qualche decina di chilometri e, di conseguenza, con una densità altissima, dell’ordine di 1017 chilogrammi al metro cubo, centomila miliardi di volte superiore alla densità solare. Una stella di neutroni è un sistema legato, la cui massa è inferiore alla somma delle masse dei neutroni che lo compongono a causa dell’energia di legame attrattiva, di natura prevalentemente gravitazionale. Calcoli basati sulla relatività generale e sulle proprietà della materia nucleare, necessari per descrivere gli effetti gravitazionali in condizioni di elevate densità, mostrano che l’energia di legame può arrivare fino al 30% della massa della stella. L’effetto è dunque di gran lunga superiore a quello delle energie di legame dei nuclei. Questa enorme quantità di energia è trasportata dai neutrini emessi durante l’esplosione della supernova.

b.
Per effetto del collasso gravitazionale, una stella di grande massa può esplodere in una supernova, il cui residuo è una nebulosa come quella a sinistra nella figura. Se il nocciolo centrale residuo (il pallino bianco appena visibile al centro della nebulosa) ha una massa tra 1,5 e 3 masse solari, la supernova evolve in una stella di neutroni. Se il nocciolo ha una massa maggiore di 3-4 volte la massa del Sole, il collasso continua fino a dare luogo a un buco nero.

Se il nocciolo residuo ha una massa ancora maggiore, superiore a tre o quattro volte la massa del Sole, il collasso non potrà essere contrastato da alcun fenomeno fisico noto e, al posto di una stella di neutroni, si forma un buco nero. Che cosa succeda alla materia all’interno del buco nero, e allo stesso spaziotempo in queste condizioni estreme, è uno dei quesiti più attuali della fisica moderna (vd. Nel buio dei buchi neri). Qui la meccanica quantistica e la forza di gravità, che di solito agiscono in ambiti separati regolando, rispettivamente, il comportamento microscopico e quello macroscopico dei sistemi fisici, entrano in gioco contemporaneamente, sollevando problemi fondamentali, perché non è stata ancora formulata una teoria soddisfacente che unifichi la gravità e la meccanica quantistica. Per ottenere una descrizione completa di questo tipo di oggetti, infatti, bisogna essere in grado di calcolarne la funzione d’onda quantistica, l’espressione matematica che descrive completamente lo stato dei sistemi microscopici come atomi o molecole. Solitamente il comportamento quantistico non è rilevante a distanze macroscopiche. Ma nel caso di stelle di neutroni e buchi neri, a causa delle elevatissime densità in gioco, le funzioni d’onda dei singoli componenti microscopici sono sovrapposte le une alle altre, ed è necessario descrivere il comportamento collettivo di una quantità enorme di oggetti: 1057 neutroni nel caso delle stelle di neutroni e ancora di più per i buchi neri, invece del centinaio di neutroni e protoni presenti nei nuclei più pesanti. Ma la vera difficoltà è un’altra: se per gli atomi e le molecole trascurare la forza di gravità è un’ottima approssimazione, questo non è più vero per le stelle di neutroni e i buchi neri, in cui questa forza gioca un ruolo fondamentale. Il calcolo completo della funzione d’onda in presenza della gravitazione è un problema ancora non risolto. Addirittura, nel caso dei buchi neri, i tentativi di risolvere il problema portano a conseguenze paradossali, che sembrano trovare soluzione solo modificando radicalmente la teoria della gravità – la relatività generale di Einstein – o addirittura i principi della meccanica quantistica. Lo studio di questi corpi celesti densissimi, dunque, oltre ad avere interesse astrofisico, può aprire una prospettiva per la conoscenza della fisica fondamentale a scale di energia irraggiungibili dagli acceleratori di particelle. Ecco perché questi oggetti rappresentano dei veri e propri “laboratori” di fisica fondamentale dal valore inestimabile.

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