Con passo leggero
Che cosa sappiamo sulla massa dei neutrini?
di Francesco Vissani

a.
Il fisico austriaco Wolfgang Pauli, che nel 1930 per primo intuì l’esistenza del neutrino.
L’idea che i neutrini potessero avere una massa è nata con i neutrini stessi. Nella famosa lettera del 1930, indirizzata ai “cari signore e signori radioattivi”, Wolfgang Pauli sosteneva che queste particelle “differiscono dai quanti di luce, in quanto non viaggiano alla velocità della luce”. Seguendo queste idee e grazie alla supernova SN1987A (la prima e unica mai osservata come sorgente di neutrini, mezzo secolo dopo l’affermazione di Pauli), abbiamo imparato che la massa dei neutrini non può superare i 6 eV. Tre anni dopo la lettera di Pauli, Enrico Fermi proponeva di investigare una regione specifica del processo nucleare in cui i neutrini sono emessi: quella in cui l’energia cinetica dei neutrini è piccola e dove, pertanto, gli eventuali effetti dovuti alla loro massa vengono amplificati. Ma anche questo metodo di indagine, nel corso degli anni, non ha dato che dei limiti sulla massa dei neutrini, mostrando che essa deve essere più piccola di 2 eV. I limiti più restrittivi disponibili provengono dalla cosmologia, che vincola la somma della massa dei tre tipi di neutrini conosciuti (chiamati elettronico, muonico e del tau) a essere meno di 0,6 eV. A breve, grazie ai dati della missione spaziale Planck Surveyor, dovremmo sapere che cosa succede sotto questo limite . Per adesso, l’unico metodo che ha fornito delle misure anziché dei limiti superiori è quello proposto da Bruno Pontecorvo nel 1957. Questo si basa sulla cosiddetta oscillazione dei neutrini, termine che indica la trasformazione dei neutrini da un tipo in un altro (vd. fig. b). La spiegazione di questo fenomeno, offerta dalla meccanica quantistica, è che il neutrino di un dato tipo sia un “mix” di neutrini (1, 2 e 3) di masse diverse (vd. fig. c). Siccome questi neutrini, che si propagano come onde, hanno una diversa velocità, essi acquistano fasi diverse: pertanto, durante la propagazione, la composizione del neutrino si modifica. Dallo studio delle oscillazioni si possono desumere informazioni sulla massa dei neutrini, dato che le differenze di fase delle onde sono proporzionali alle differenze dei quadrati delle masse. Le differenze misurate sono molto piccole in confronto ai limiti sperimentali di cui abbiamo parlato sopra, che sono intorno all’eV, e addirittura minuscole quando le confrontiamo con la massa delle particelle cariche: basti pensare che la più leggera di esse, l’elettrone, pesa circa mezzo milione di eV.

b.
Raffigurazione dell’oscillazione del
neutrino, da muonico a del tau.

c.
Quale è lo spettro di massa dei neutrini? I tre tipi di neutrino conosciuti, noti come neutrino elettronico, muonico e del tau, sono in realtà un “mix” di altrettanti neutrini, con masse ben definite e differenti, chiamati 1, 2 e 3. Gli esperimenti indicano che 2 pesa più di 1, ma non sappiamo ancora se il terzo neutrino sia il più pesante (a sinistra), oppure il più leggero (a destra).
Nel prossimo futuro, lo studio dell’oscillazione verrà approfondito. Per prima cosa si mirerà a capire qualcosa di più sulla massa dei neutrini noti. Vorremmo sapere se le loro masse sono disposte gerarchicamente, come avviene per le altre particelle elementari (ad esempio, nel caso dei leptoni, il muone è circa 200 volte più pesante dell’elettrone e il tau circa 3500 volte, vd. Di massa in massa), ma al momento non possiamo escludere che ci sia una coppia di neutrini di massa quasi uguale e un terzo neutrino più leggero. Un secondo problema dibattuto è se il fenomeno dell’oscillazione coinvolga solo i tre neutrini noti o se esistano nuovi tipi di neutrini. Le indicazioni al riguardo sono confuse e la cosmologia pone vincoli stringenti, ma scoprire una nuova particella elementare avrebbe un effetto dirompente sulle ricerche.

[as] approfondimento
Oscillazioni alla prova

 

1.
L’osservatorio per neutrini Super-Kamiokande in Giappone contiene 50.000 tonnellate di acqua che vengono osservate da oltre 10 mila fotomoltiplicatori. L’interazione di un neutrino con gli elettroni o i nuclei dell’acqua può produrre una particella carica che, muovendosi nell’acqua a una velocità superiore a quella della luce nell’acqua stessa, produce un lampo di luce. Questo fenomeno, chiamato effetto Cherenkov, viene registrato dai fotomoltiplicatori, portando informazioni sul neutrino che lo ha prodotto.

 

Avendo a disposizione un fascio di neutrini la cui composizione iniziale sia ben nota, possiamo verificare la presenza di oscillazioni in due modi diversi. Nel primo modo, si osserva una scomparsa di neutrini. Ad esempio, vari esperimenti hanno verificato che i neutrini elettronici provenienti dal Sole erano meno numerosi del previsto, mentre altri esperimenti hanno constatato che lo stesso avveniva ai neutrini muonici prodotti nell’atmosfera terrestre. Tra gli esperimenti da ricordare a questo proposito, che hanno operato dagli anni ’70 in poi, ci sono lo statunitense Homestake, Kamiokande e Super-Kamiokande in Giappone, il canadese Sno ma anche Macro, Gallex/Gno e Borexino dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn. Nel secondo modo si osserva una comparsa di neutrini di tipo diverso da quello iniziale. L’osservazione di questo fenomeno è l’obiettivo principale dell’esperimento Cngs (Cern Neutrinos to Gran Sasso). Esso coinvolge il Cern di Ginevra, da dove viene inviato un fascio di neutrini muonici, e di nuovo i Laboratori del Gran Sasso, dove si trovano due rivelatori, Opera e Icarus, che registrano l’arrivo dei neutrini e ne identificano il tipo. Il rivelatore Opera ha mostrato la presenza di neutrini di tipo tau, offrendo così un’ulteriore conferma dell’esistenza delle oscillazioni e del fatto che il neutrino abbia una massa. Icarus, invece, ha posto un limite al coinvolgimento di neutrini di tipo elettronico nello stesso fenomeno.

Ora allarghiamo il quadro. La scoperta del bosone di Higgs celebra il trionfo del modello standard delle particelle elementari. Ma questo modello prevede che la massa dei neutrini sia nulla e questo contraddice l’esistenza delle oscillazioni. In altre parole, gli esperimenti hanno già dimostrato che il modello standard non è una descrizione completa del mondo delle particelle elementari. Non è difficile proporre qualche sua estensione che spieghi la massa dei neutrini. È tuttavia difficile farlo in modo convincente e verificabile. Un contributo importante viene proprio dallo studio sperimentale della massa dei neutrini. È opinione diffusa tra i fisici che i neutrini siano dotati di una massa di origine particolare, detta di Majorana. Se così fosse, sarebbe possibile un nuovo tipo di transizione nucleare, in cui un nucleo atomico cambia di due unità la carica elettrica, creando due elettroni e nient’altro (noto come doppio decadimento beta senza neutrini), cosa che nel modello standard è impossibile. Dalla misura della probabilità di questa ipotetica transizione, si potrebbe determinare la massa dei neutrini in modo indipendente. L’esperimento Heidelberg- Moscow dei Laboratori del Gran Sasso è l’unico a sostenere di aver osservato questa transizione, anche se la probabilità misurata indica un valore della massa oltre il limite stabilito dalla cosmologia. Le verifiche per adesso effettuate dall'esperimento statunitense Exo e da quello giapponese Kamland-Zen non hanno dato riscontro positivo, ma le prove dirimenti saranno quelle effettuate dagli esperimenti Gerda e Cuore nei Laboratori del Gran Sasso dell’Infn. Nei prossimi mesi, sapremo se bisognerà avviare radicali e stimolanti ripensamenti o se il quadro teorico esistente ne uscirà rafforzato. Al giorno d’oggi, i teorici si adoperano per costruire estensioni predittive del modello standard, in cui i neutrini abbiano massa; dibattono se quegli stessi modelli siano capaci di spiegare l’asimmetria cosmica tra materia e antimateria (o, per usare termini più evocativi, l’origine della materia); valutano le implicazioni per Lhc. In ogni caso, le masse dei neutrini restano uno dei principali strumenti sperimentali per investigare la fisica oltre il modello standard.
d.
Un particolare dell’esperimento Gerda (GERmanium Decay Array), nei Laboratori del Gran Sasso. Gerda è dedicato allo studio del doppio decadimento beta senza emissione di neutrini. Questo decadimento potrebbe avvenire a patto che i neutrini coincidano con gli antineutrini, come suggerito da Ettore Majorana nel 1937: una misura della velocità di decadimento permetterebbe di desumere il valore della massa dei neutrini.

Biografia
Francesco Vissani è interessato allo studio della fisica e della astrofisica dei neutrini.
Lavora nel gruppo di fisica teorica dei Laboratori del Gran Sasso.


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