Laboratori tascabili
Nanostrumenti per il futuro
di Roberta Ramponi


a.
Telescopio a specchio liquido della Nasa. Si trovava nell'Orbital Debris Observatory a Cloudcroft (New Mexico, Stati Uniti) ed è stato chiuso nel 2001.
La proposta di utilizzare dei liquidi nella fabbricazione di componenti ottici viene fatta risalire a Sir Isaac Newton e, in particolare, all'idea di utilizzare un liquido in rotazione per creare un paraboloide perfetto assimilabile a uno specchio. Per la prima realizzazione pratica occorre però attendere fino al 1909, quando Robert Williams Wood, utilizzando del mercurio, realizzò con successo uno specchio liquido per applicazioni astronomiche nei telescopi a riflessione. Per questi telescopi, infatti, sussiste la necessità di realizzare specchi di grandi dimensioni, non troppo pesanti, non soggetti a deformazioni causate da variazioni di temperatura e non eccessivamente costosi: tutte proprietà che gli specchi liquidi possiedono rispetto agli specchi tradizionali. In generale, l'uso di liquidi per applicazioni tecnologiche prende il nome di fluidica. Per fare degli esempi, si pensi, in meccanica, ai circuiti pneumatici che ci consentono di frenare guidando un'auto. Ai giorni nostri, la miniaturizzazione sempre più spinta ha consentito lo sviluppo della microfluidica e della nanofluidica, e ha reso possibile lo sviluppo di dispositivi integrati, che coniugano l'uso dei liquidi e dell'ottica, aprendo la strada al settore della optofluidica. L'optofluidica può oggi essere considerata a pieno titolo una disciplina a sé stante e non semplicemente un settore della microfluidica o dell'ottica. Essa infatti consente di realizzare dispositivi con funzionalità completamente nuove, inimmaginabili senza un uso sinergico dell'ottica e della microfluidica. Tale combinazione può essere sfruttata in due direzioni. Da un lato i liquidi possono essere utilizzati per progettare dispositivi ottici integrati con architetture innovative, modificandone le caratteristiche; dall'altro, l'integrazione di dispositivi ottici in piattaforme micro- o nanofluidiche consente di effettuare misure, altrimenti non ottenibili in modo semplice.
 
b.
La nanofluidica può essere utilizzata per "riconfigurare" circuiti a cristallo fotonico (cioè per modificarne le caratteristiche di propagazione della luce in termini di range di lunghezze d'onda proibite). Nella figura è mostrata l'architettura di un dispositivo che integra nanofotonica in silicio e nano- e microfluidica. Il liquido inserito nel nanocanale altera il salto d'indice fra "pieni" e "vuoti" all'interno del cristallo fotonico, modificandone le proprietà.
Un esempio del primo approccio si ha nella realizzazione di circuiti a cristalli fotonici (vd. p. 42), le cui caratteristiche fisiche, che ne determinano il funzionamento, possono essere modificate mediante l'integrazione di nanocanali riempiti con un liquido opportuno (vd. fig. b); oppure nella realizzazione di microrisonatori in guida d'onda ottica, strutture caratterizzate da una lunghezza d'onda di risonanza che può essere modificata cambiando il liquido presente in un sottile canale a contatto con il dispositivo stesso. Un esempio del secondo tipo si ha nei cosiddetti lab-on-a-chip, veri e propri laboratori biofotonici tascabili (letteralmente "laboratori su un chip"), nei quali l'integrazione di guide d'onda, assimilabili a circuiti di tipo ottico, consente di fare misure o di implementare funzionalità ottiche direttamente sul chip; oppure nella realizzazione di sensori ottici che consentono misure interferometriche su campioni contenuti in microcanali. In particolare, i lab-on-a-chip stanno assumendo un'importanza sempre crescente. Nascono come strutture microfluidiche per consentire l'analisi biochimica di piccole quantità di campioni fluidi, tipicamente di interesse biomedico (elettroforesi di sieroproteine, analisi del Dna). In generale, questo tipo di misure sono di tipo ottico (fluorescenza, assorbimento). Tradizionalmente, senza l'utilizzo dei lab-on-a-chip, queste misure vengono effettuate utilizzando un microscopio per illuminare il campione e raccogliere il segnale di misura, vanificando così la miniaturizzazione del contenitore del campione, ottenuta grazie alla microfluidica. L'integrazione di guide d'onda ottiche accoppiate con dei microcanali, come nei lab-on-a-chip, costituisce un significativo progresso in termini di compattezza, miniaturizzazione, riduzione dei costi, ma anche di facilità d'uso, in quanto elimina ogni problema di allineamento in fase di misura.
 
c.
Schema di uno stretcher ottico (un dispositivo che deforma) per singole cellule. La sospensione contenente le cellule viene fatta fluire, mediante un gradiente di pressione, nel microcanale connesso a due capillari. La trappola ottica e la deformazione (stretching) vengono realizzati mediante i fasci "contropropaganti", in uscita dalle due guide d'onda, a loro volta accoppiate a due fibre ottiche.

L'accoppiamento di guide d'onda ottiche e microcanali in un singolo chip consente inoltre la realizzazione di dispositivi più sofisticati di semplici piattaforme di misura. È infatti possibile, come schematizzato in fig. c, realizzare dispositivi optofluidici integrati per l'intrappolamento e la deformazione di singole cellule. La valutazione della risposta cellulare all'applicazione di forze ottiche intense consente di studiare eventuali alterazioni della deformabilità del cosiddetto citoscheletro, che sono state riportate in molte patologie e possono quindi essere utilizzate come marcatori dello stato della cellula. Due guide d'onda affacciate una all'altra intersecano un microcanale nel quale vengono fatte fluire le cellule disperse nel liquido di trasporto; la radiazione uscente dalle due guide d'onda crea, nella regione in cui si sovrappongono i due fasci "contropropaganti", una sorta di pinza ottica in grado di intrappolare le cellule. Aumentando la potenza accoppiata nelle due guide è possibile sottoporre la cellula intrappolata a uno stress meccanico, analizzandone quindi l'elasticità, un parametro di significativo interesse per verificare un eventuale stato patologico o di sofferenza della cellula stessa. Le applicazioni descritte sono solo alcuni esempi e non esauriscono certo le potenzialità dell'optofluidica. Infatti, mediante l'utilizzazione di soluzioni di materiali polimerici dotati di funzionalità ottiche all'interno di circuiti microfluidici, opportunamente progettati e integrati con guide d'onda ottiche, si può ipotizzare la realizzazione di dispositivi ottici attivi, quali per esempio sorgenti laser o amplificatori.

 
[as] approfondimento
Costruzioni micro-optofluidiche
1.
Schema di un apparato di fabbricazione di dispositivi micro-optofluidici mediante laser a femtosecondi. L'apparato viene posto su un banco ottico delle dimensioni di un normale tavolo.
 
La realizzazione dei dispositivi "micro-optofluidici" in generale presenta alcuni aspetti critici. Da un lato l'integrazione di guide d'onda ottiche in piattaforme microfluidiche realizzate mediante tecniche litografiche tradizionali richiede una tecnica di fabbricazione delle guide stesse che ne consenta la realizzazione diretta alla stessa profondità del microcanale, senza indurre danni nel chip; dall'altro, nel caso di applicazioni più complesse, si rende necessaria la realizzazione di microcanali e guide d'onda in configurazione tridimensionale. Proprio l'aspetto tridimensionale rende complesso l'uso di tecniche tradizionali quali quelle litografiche che, essendo intrinsecamente planari, cioè con lavorazioni sulla superficie del campione, richiedono una fabbricazione multi-strato se si vuole ottenere strutture tridimensionali. Una tecnica di fabbricazione che si è rivelata ottimale per queste applicazioni è la scrittura diretta mediante impulsi laser a femtosecondi. Come illustrato in fig. 1, il fascio laser viene focalizzato all'interno del substrato in cui si intende fabbricare il dispositivo. Il substrato stesso viene poi traslato mediante posizionatori meccanici (chiamate slitte) di alta precisione nelle tre dimensioni spaziali, in modo tale che il fascio laser "scriva" la traccia della guida d'onda o del canale che si intende fabbricare. A seconda dei parametri del laser, e in particolare dell'intensità del fascio, nel substrato viene prodotta un'alterazione che può andare dalla semplice modificazione dell'indice di rifrazione (con conseguente realizzazione di una guida d'onda ottica) alla creazione di nanofratture; in quest'ultimo caso, facendo seguire all'irraggiamento un trattamento chimico per immersione del campione in un opportuno bagno acido (etching), si ha una rimozione selettiva di materiale nella zona irraggiata con conseguente realizzazione del microcanale. È quindi possibile utilizzare un laser a femtosecondi come una "penna" per scrivere direttamente entrambi i componenti base dei dispositivi micro-optofluidici.
 

Biografia
Roberta Ramponi è professore di Fisica Sperimentale presso il Politecnico di Milano. Svolge attività di ricerca nei settori dell'ottica integrata e dei dispositivi fotonici e optofluidici per applicazioni alle telecomunicazioni e alla sensoristica biomedica e ambientale.

 

Link

http://www.fisi.polimi.it/it/ricerca/strutture_di_ricerca/attivita/49546
http://photon.soe.ucsc.edu/iof.htm
http://photon.soe.ucsc.edu/nanopores.htm
http://www.biophot.caltech.edu/optofluidics/optofluidics/index.html

 

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