[strumenti]
anno 16 numero 31 / 12.21
Biografia 
Nadia Pastrone è dirigente di ricerca alla sezione Infn di Torino. Dal 2001 lavora all’esperimento Cms a Lhc e alla preparazione della nuova fase ad alta intensità. Partecipa agli studi internazionali per il disegno del nuovo collisore a muoni ad alta energia.
L’anello delle meraviglie
I successi del Large Hadron Collider
di Nadia Pastrone

a.
Uno dei 1232 dipoli superconduttori che permettono di curvare fino a 7 TeV di energia la traiettoria dei protoni, che circolano lungo tutti i 27 km dell’anello di Lhc. Dall’esterno verso l’interno sono visibili il tubo da vuoto (in blu), lo schermo termico cilindrico, al cui interno è collocato il criostato vero e proprio, che permette di raggiungere la temperatura dell’elio liquido. All’interno del criostato si trova il giogo di ferro dentro il quale sono integrati i due avvolgimenti superconduttori che creano il campo magnetico dipolare (nella foto non visibili, in quanto coperti dal coperchio metallico). All’interno dei due avvolgimenti corrono le due camere da vuoto parallele, in cui circolano i fasci di particelle. Nella foto sono visibili solo i terminali delle due camere del fascio, che escono dal tappo del criostato, e una serie di tubi per l’ingresso e dei cavi dei sistemi di alimentazione e ausiliari.
Nel luglio 2012 si raccontò a tutto il mondo l’impresa straordinaria e globale che aveva portato alla scoperta del bosone di Higgs. Poche persone avevano ben chiaro perché fosse tanto importante qualcosa di così lontano dalla nostra vita di tutti i giorni. Per i fisici delle particelle rappresentava invece una meta cruciale, anzi l’inizio di una nuova era: non solo avevano catturato il segnale dell’esistenza di una nuova particella, ma avevano anche trovato l’anello mancante nella teoria del modello standard delle particelle elementari: la particella speciale prevista dai fisici teorici quasi cinquant’anni prima, tanto da guadagnare il premio Nobel per la Fisica già nel 2013! Ma non solo…
Questa storia affascinante è stata scritta, giorno per giorno, per almeno due decenni, da migliaia di donne e uomini: giovanissimi alle prime armi e grandi esperti, fisici e ingegneri di nazionalità diverse, che hanno lavorato insieme per pensare, disegnare, costruire e mettere in funzione lo strumento di indagine più sofisticato costruito dal genere umano: il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra. L’acceleratore di particelle più potente al mondo progettato appunto per indagare i costituenti fondamentali della materia e comprendere le forze della natura che ne governano le interazioni e hanno creato l’universo in cui viviamo.
Raggiungere in laboratorio la frontiera dell’energia ci permette di ricreare lo stato di materia dell’universo primordiale fino a un millesimo di miliardesimo di secondo dal Big Bang e di ripercorrerne la storia all’indietro nel tempo. Due fasci di particelle – protoni o ioni (particelle o nuclei pesanti) – vengono accelerati da potenti campi elettromagnetici fino a raggiungere velocità prossime a quelle della luce nell’anello sotterraneo di 27 chilometri (a circa 100 metri di profondità) di Lhc, costruito con tecnologia d’avanguardia in continuo potenziamento. Migliaia di miliardi di protoni, guidati sulle loro orbite da magneti superconduttori ad alto campo collidono al centro di quattro giganteschi apparati sperimentali che ne rivelano e misurano i segnali prodotti dalle collisioni.
La sfida è raggiungere nella collisione un’energia (E=mc2) tale da generare particelle massive in numero sufficiente da poterne studiare le loro caratteristiche: ad esempio “vedere” il bosone di Higgs, che ha la probabilità di essere formato in una collisione protone-protone una sola volta ogni mille miliardi di interazioni. In realtà, alle energie altissime raggiunte in Lhc, l’interazione avviene tra i costituenti fondamentali dei due protoni: i quark e i gluoni. Questo consente di studiare la composizione intima della materia sulla scala di un miliardesimo di miliardesimo di centimetro. Un’altra importante conferma ottenuta con questi straordinari strumenti è che anche a queste scale (altissime energie ovvero piccolissime distanze) i costituenti fondamentali della materia sono i quark, da cui è formato il protone e tutti gli adroni, e i leptoni, come l’elettrone. A queste particelle cosiddette “di materia”, si aggiungono i portatori delle forze fondamentali, come il fotone per la forza elettromagnetica, e i gluoni tramite i quali la forza forte confina i quark all’interno del protone.

b.
Schema delle macchine acceleratrici presenti e pianificate per il prossimo futuro al Cern di Ginevra. Il complesso di acceleratori del Large Hadron Collider (Lhc) porta i protoni all’energia massima di 7 TeV per fascio tramite una catena costituita da un acceleratore lineare (Linac4, fino a 160 MeV), da due anelli più piccoli, Proton Synchrotron Booster (fino a 2 GeV) e Proton Syncrotron (Ps, che accelera da 2 a 26 GeV), seguiti dal più grande Super Proton Syncrotron (Sps), in grado di iniettare un fascio da 450 GeV per l’accelerazione finale in Lhc. I possibili acceleratori per il futuro sono molto diversi tra loro: il Future Circular Collider (Fcc) sarebbe un ulteriore anello, lungo 100 km (rispetto ai 27 di Lhc), che riceve il fascio dalla catena di macchine esistenti per portarlo a qualche decina di TeV, mentre il Compact Linear Collider (Clic) sarebbe costituito da due macchine lineari, di lunghezza tra gli 11 e 50 km, a seconda dei tre possibili stadi di accelerazione a 380 GeV, 1,5 TeV e fino a 3 TeV.

c.
Vista dell’esperimento Cms senza i rivelatori “endcap” che coprono le due basi del cilindro che costituisce il rivelatore, disposto attorno alle camere da vuoto lungo cui corrono i fasci di protoni: dall’esterno verso l’interno sono visibili i grandi rivelatori per muoni, inframmezzati al ferro del ritorno del campo magnetico (settori rossi più esterni), il criostato del magnete superconduttore, all’interno del quale si trovano i calorimetri (adronico ed elettromagnetico), e i tracciatori al silicio (cilindro più sporgente interno).
Le idee e la tecnologia per realizzarle sono in continuo sviluppo in questo campo di ricerca!
Lhc è quindi uno straordinario microscopio per studiare l’infinitesimamente piccolo e al tempo stesso un telescopio per capire il passato dell’universo e la sua evoluzione. Lhc contribuisce davvero a ricreare in laboratorio le condizioni dei primi istanti di vita dell’universo: come scrisse Milla Baldo Ceolin nel 1991, “è un nuovo modo di guardare il cielo, si porta il cielo in laboratorio”.
Biografia 
Nadia Pastrone è dirigente di ricerca alla sezione Infn di Torino. Dal 2001 lavora all’esperimento Cms a Lhc e alla preparazione della nuova fase ad alta intensità. Partecipa agli studi internazionali per il disegno del nuovo collisore a muoni ad alta energia.






