neutrino di Majorana

  • Assenti giustificati

    Assenti giustificati
    Sulle tracce del neutrino di Majorana

    di Fabio Bellini

    Ogni secondo il nostro corpo è attraversato da decine di migliaia di miliardi di neutrini, le particelle più elusive che conosciamo. Sono passati più di 50 anni dalla loro scoperta, ma le loro proprietà fondamentali sono ancora ignote. Gli intensi sforzi sperimentali dell’ultimo decennio hanno evidenziato che hanno massa, ma anche che essa è estremamente piccola: almeno 500.000 volte più piccola di quella dell’elettrone. Ad affascinare gli scienziati non è solo il valore della massa, ma anche la sua natura intima che potrebbe essere diversa da quella di tutte le altre particelle note. Infatti, i neutrini appartengono alla classe di particelle chiamate fermioni, i quali, in accordo con la teoria di Dirac che li descrive, hanno un partner distinto, chiamato antifermione, con la stessa massa ma con carica opposta. Il neutrino è l’unico fermione elementare a essere privo di carica e per questo potrebbe essere l’antiparticella di se stesso. Il modo più promettente per verificare questa suggestiva ipotesi, formulata da Majorana negli anni ’30, consiste nella ricerca di un processo estremamente raro: il doppio decadimento beta senza (anti-)neutrini.
    Un decadimento beta semplice consiste nella trasformazione di un neutrone in un protone, con l’emissione di un elettrone e di un antineutrino (vd. fig. a). È possibile anche il processo inverso, in cui un neutrino collide con un neutrone producendo un protone e un elettrone. Se il neutrino è una particella di Majorana, cioè coincide con l’antineutrino, l’antineutrino prodotto nel primo decadimento beta potrebbe a sua volta interagire (nei panni di un neutrino) con un neutrone ed emettere un altro protone e un secondo elettrone (vd. fig. a, in basso). È questo il doppio decadimento beta senza neutrini: due neutroni si trasformano in due protoni e due elettroni, senza che vi siano neutrini nello stato finale.
    a.
    Tre possibili processi beta. In alto a sinistra, semplice: un neutrone all’interno di un nucleo decade in un protone (che resta nel nucleo), un elettrone e un antineutrino; in alto a destra, inverso: un neutrino interagisce con un neutrone producendo un protone e un elettrone; in basso, doppio senza neutrini: se il neutrino e l’antineutrino coincidono, l’antineutrino del processo semplice è anche il neutrino che innesca il processo inverso. Nel nucleo restano due protoni e vengono prodotti due elettroni senza neutrini.
    Questo processo è permesso solo nella teoria di Majorana e la probabilità che ciò accada è proporzionale a due diverse quantità: alla probabilità di avere due decadimenti beta simultanei e al quadrato della massa del neutrino. Il secondo aspetto implica anche che l’osservazione di questo processo fornirebbe allo stesso tempo una misura della massa del neutrino. Insomma la scoperta del decadimento doppio beta senza neutrini è una delle sfide più importanti della fisica delle particelle, visto che aprirebbe definitivamente le porte a nuova fisica oltre il modello standard, confermando in un colpo solo la correttezza dell’ipotesi di Majorana, e quindi la natura speciale dei neutrini, e misurandone anche la massa. La vera difficoltà è che la probabilità che ciò si verifichi è piccolissima, così piccola che ci aspettiamo di vedere meno di un evento ogni dieci milioni di miliardi di miliardi di anni, mentre l’universo in cui viviamo ha poco più di tredici miliardi di anni! Sembrerebbe una misura senza alcuna possibilità di riuscita, ma non è così. Affinché il doppio decadimento beta senza neutrini possa avvenire è necessario che i due neutroni siano molto vicini, come lo sono all’interno del nucleo atomico. I nuclei in cui è più probabile che avvenga il decadimento doppio beta senza neutrini sono quelli con un egual numero di protoni e di neutroni: in particolare, si usano isotopi del tellurio, del germanio, dello xenon, del molibdeno e del selenio. Il tellurio (Te) è l’elemento più usato, perché quello che si trova in natura contiene più del 30% dell’isotopo 130Te utile alla misura, a differenza degli altri che contengono solo piccole percentuali dell’isotopo necessario. A questo punto l’osservazione sperimentale del doppio decadimento beta senza neutrini è apparentemente semplice: il decadimento dei due neutroni all’interno del nucleo padre (per esempio, il tellurio) produce due protoni che rimangono nel nucleo figlio (lo xenon, nel caso del tellurio) e l’emissione di due elettroni. Non essendoci altre particelle prodotte sappiamo che la somma delle energie degli elettroni deve essere uguale alla differenza tra la massa del nucleo padre e del nucleo figlio. Per evitare di aspettare più dell’età dell’universo, è necessario osservare molti nuclei insieme: per esempio 100 kg di tellurio corrispondono a quasi un miliardo di miliardi di miliardi di atomi. Con un così alto numero di atomi nel tempo di vita tipico di un esperimento (tra i cinque e i dieci anni) si dovrebbero osservare una decina di eventi. Sì, solo una decina… non pochi per un evento quasi impossibile! Per riconoscere questi pochi eventi basterà misurare l’energia dei due elettroni emessi e controllare che la somma sia quella giusta. La realtà è però assai più complicata a causa del problema del fondo. Questo consiste di tutti quegli eventi che, pur essendo di natura completamente diversa, danno luogo a un segnale indistinguibile da quello degli elettroni emessi nel doppio decadimento beta senza neutrini: due elettroni con la somma giusta di energia. Tale segnale può essere causato da decadimenti radioattivi di materiali vicini ai rivelatori oppure dalle interazioni di particelle provenienti dall’ambiente in cui il rivelatore si trova a operare. Se all’energia a cui ci si aspetta il segnale vi sono molti altri “segnali” dovuti al fondo, osservare i pochi eventi di segnale sarebbe come cercare di captare le note di un violino all’interno di uno stadio di calcio al momento del gol. Il mistero che si cela nella massa del neutrino affascina i fisici di tutto il mondo da tempo. Sono stati ideati rivelatori all’estremo limite della tecnologia conosciuta, per riuscire a trovare un evento così raro come il doppio decadimento beta senza neutrini.
    b.
    Ricercatori all’opera mentre assemblano alcuni dei bolometri dell’esperimento Cuore nei Laboratori del Gran Sasso (vd. approfondimento).
    Già agli inizi degli anni 2000, la ricerca è stata condotta da alcuni esperimenti: da Cuoricino, il prototipo di Cuore (vd. approfondimento), e Heidelberg-Moscow, entrambi ai Laboratori del Gran Sasso, e da Nemo3 nei laboratori sotterranei del Fréjus in Francia. In tutti questi esperimenti sono state usate specie atomiche e tecniche sperimentali diverse, che hanno permesso di sviluppare e mettere a punto i metodi innovativi impiegati dagli esperimenti che inizieranno a prendere i dati nei prossimi anni. Oltre a Cuore, che usa il tellurio e inizierà a prendere dati nel 2015, ci sono Gerda, sempre nei Laboratori del Gran Sasso, che impiega germanio e che scherma il rivelatore usando argon liquido, il giapponese Kamland-Zen, che impiega xenon, e infine Exo, negli Stati Uniti, che usa le proprietà scintillanti dello xenon insieme a un ingegnoso sistema di tracciamento degli elettroni. È ben possibile che nei prossimi anni riusciremo a scoprire almeno un decadimento doppio beta senza neutrini, chiara indicazione di nuova fisica oltre il modello standard, che aprirà la strada a una stagione di nuove misure. Potrebbe anche succedere che nessuno degli esperimenti in funzione riesca nel suo scopo. In entrambi i casi sarà necessario sviluppare rivelatori ancora più sensibili al segnale e ancora più capaci di rigettare il fondo: il progetto Lucifer ha già raccolto questa sfida del domani e svilupperà, presso i Laboratori del Gran Sasso, un prototipo di rivelatore innovativo. Molti degli esperimenti alla ricerca del decadimento doppio beta senza neutrini, come Cuore, operano in condizioni di estremo freddo ma, come ci ricorda il nome di Lucifer, la sfida si preannuncia molto calda.
    [as] approfondimento
    Dritti al Cuore

    1.
    L’Infn ha contribuito al recupero di una nave romana naufragata 2000 anni fa che trasportava piombo. Nella figura uno dei circa 300 lingotti recuperati e poi fusi per costruire lo schermo dell’esperimento Cuore ai Laboratori del Gran Sasso.

    Cuore, in costruzione nei Laboratori del Gran Sasso dell’Infn, è un esperimento ideato per studiare il decadimento doppio beta senza neutrini. Il rivelatore è costituito da circa mille cristalli di diossido di tellurio (equivalenti a circa 200 kg dell’isotopo 130Te), ciascuno funzionante come un bolometro. Con questo nome si indica uno strumento capace di misurare l’innalzamento di temperatura prodotto dal passaggio al suo interno di una particella carica, per esempio un elettrone. La variazione di temperatura è determinata dalla capacità termica del bolometro stesso: più quest’ultima è piccola, più la variazione di temperatura provocata dal passaggio dell’elettrone sarà grande e quindi facile da misurare. A basse temperature, la capacità termica diminuisce come il cubo della temperatura stessa: i cristalli di Cuore sono dunque tenuti a una temperatura molto bassa, 10 millesimi di kelvin, condizione necessaria per misurare le piccolissime variazioni di temperatura indotte dal passaggio degli elettroni emessi nel doppio decadimento beta senza neutrini. I Laboratori del Gran Sasso si trovano in grandi sale scavate accanto a una delle gallerie autostradali che attraversano la montagna del Gran Sasso, in Abruzzo. La roccia della montagna, con uno spessore equivalente a circa 3500 m di acqua, assorbe le particelle di origine cosmica e riduce drasticamente il contributo al fondo dovuto all’ambiente esterno. Luogo ideale per la ricerca di eventi rari, ma non ancora sufficiente per la misura del decadimento doppio beta senza neutrini. Infatti, le medesime rocce che proteggono dal fondo esterno, producono la cosiddetta radioattività naturale, dovuta a isotopi radioattivi contenuti nelle rocce stesse. Cuore è stato schermato da questo fondo, usando diversi materiali radiopuri, caratterizzati cioè da una radioattività naturale molto bassa. In particolare lo strato più vicino al rivelatore di segnale (i cristalli di diossido di tellurio) è stato realizzato con piombo antico di origine romana, recuperato pochi anni fa dal fondo del mare sardo, dove era rimasto per più di duemila anni dopo un naufragio: essere stato al riparo così a lungo dai raggi cosmici rende questo piombo lo schermo più radiopuro disponibile oggi.

    Biografia
    Fabio Bellini è ricercatore presso il Dipartimento di Fisica della Sapienza. Dottorato nell’esperimento Babar, dal 2006 si è dedicato alla ricerca del doppio decadimento beta senza neutrini negli esperimenti Cuoricino, Cuore e Lucifer di cui è responsabile nazionale.

     

    Link
    http://crio.mib.infn.it/wigmi/pages/cuore.php
    http://www.lngs.infn.it


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  • Misteri sfuggenti

    Misteri sfuggenti
    Massa e natura dei neutrini

    di Carlo Giunti

     

    a.
    Clyde L. Cowan e Frederick Reines (da sinistra) con il rivelatore con cui hanno osservato per la prima volta un neutrino a Hanford (Washington) nel 1956.
    I neutrini sono le particelle elementari conosciute più misteriose. Fanno parte delle particelle fondamentali del modello standard e le loro caratteristiche di interazione ne hanno determinato, storicamente, la formulazione, ma a tutt’oggi, ottantacinque anni dopo l’ipotesi di Wolfgang Pauli e cinquantanove anni dopo la prima osservazione sperimentale da parte di Clyde L. Cowan e Frederick Reines (vd. approfondimento), non si conoscono ancora alcune delle loro proprietà fondamentali: il valore delle masse, la loro natura (se si tratta di cosiddetti neutrini di Dirac o di Majorana) e il loro numero (cioè se ci sono dei neutrini non-interagenti detti sterili, in aggiunta ai tre neutrini interagenti conosciuti, elettronico, muonico e del tau, detti attivi). Ci sono inoltre buoni motivi per pensare che le caratteristiche sconosciute dei neutrini siano legate a una nuova fisica oltre il modello standard.
    Una quantità di fondamentale importanza per ogni particella, come per ogni corpo, è la sua massa, che ne determina le proprietà di propagazione e interazione. Attualmente conosciamo il valore delle masse di tutte le particelle del modello standard eccetto dei neutrini, le cui masse sono talmente piccole, che fino a circa quindici anni fa non esisteva neanche una prova inconfutabile del fatto che la loro massa fosse non nulla. Questa prova è arrivata dall’osservazione dell’oscillazione dei neutrini, il mescolamento tra neutrini di diverso tipo (o sapore) che porta, ad esempio, alla trasformazione di un neutrino elettronico in muonico. Il fenomeno, proposto indipendentemente negli anni ’60 da Pontecorvo e da Ziro Maki, Masami Nakagawa e Shoichi Sakata, dipende dalla distanza percorsa dal neutrino, dalla sua energia e dalla differenza di massa.

     

     
    [as] approfondimento
    Storie di fantasmi
    1.
    Bruno Pontecorvo (a destra), uno dei famosi “ragazzi di Via Panisperna”, in una conversazione con il suo collaboratore Samoil Bilenky. Pontecorvo ipotizzò l’esistenza di un secondo tipo di neutrino nel 1960.

     

    Nel 1930 Pauli propose l’esistenza del neutrino per spiegare il fatto che nei decadimenti nucleari dovuti all’interazione debole (che avvengono con tempi molto più lenti di quelli dovuti alle interazioni forte ed elettromagnetica) gli elettroni vengono emessi con uno spettro continuo di energia. Questo è possibile solamente se i prodotti finali del decadimento sono almeno tre: il nucleo finale, l’elettrone e un neutrino, che ha a lungo eluso i tentativi di osservazione, perché è elettricamente neutro e interagisce con la materia solamente attraverso le interazioni deboli (mentre particelle cariche come l’elettrone lasciano tracce nei rivelatori dovute alla ionizzazione degli atomi). L’ipotesi di Pauli permise la formulazione della teoria delle interazioni deboli da parte di Enrico Fermi nel 1934, che però prevedeva che le interazioni dei neutrini fossero talmente deboli che sarebbe stato molto difficile, e forse impossibile, verificare direttamente la loro esistenza. Per fortuna questa previsione pessimistica è stata smentita grazie al fatto che ci sono sorgenti di neutrini che ne producono un flusso enorme: ad esempio, un tipico reattore nucleare produce circa 1020 neutrini al secondo per ogni gigawatt di potenza termica e dal Sole ci arriva un flusso di circa 1011 neutrini al secondo per centimetro quadrato (circa la superficie di un’unghia). Perciò anche se la maggior parte dei neutrini attraversa un rivelatore come se fosse trasparente, dato l’enorme flusso di neutrini si possono osservare alcune interazioni che rivelano l’esistenza di queste particelle. Questa misura è stata fatta per la prima volta da Cowan e Reines nel 1956 utilizzando un rivelatore, posto vicino a un reattore nucleare.
    La misura di Cowan e Reines ha stabilito definitivamente l’esistenza di un neutrino elettronico emesso insieme a un elettrone nei decadimenti nucleari che avvengono all’interno di un reattore. Nel frattempo però nel 1937 era stato scoperto il muone, che è una particella carica simile all’elettrone, ma circa 200 volte più pesante. Bruno Pontecorvo ipotizzò nel 1960 l’esistenza di un secondo tipo di neutrino che viene prodotto in associazione con un muone. Questa previsione è stata brillantemente confermata nel 1962 dall’esperimento di Leon Lederman, Melvin Schwartz e Jack Steinberger, che dimostrarono che i neutrini prodotti da interazioni deboli insieme a muoni non producono elettroni quando interagiscono con la materia, come farebbero invece i neutrini elettronici. Essi sono quindi delle particelle diverse, dette neutrini muonici. In seguito, è stato scoperto nel 1975 un terzo leptone carico chiamato tau, che è il fratello più pesante dell’elettrone e del muone (circa 17 volte più pesante del muone) e il corrispondente neutrino del tau è stato osservato nel 2000. Questo completa la lista dei tre neutrini conosciuti, che sono attivi nei processi di interazione debole che ne hanno permesso la rivelazione. Resta aperta la possibilità dell’esistenza di ulteriori tipi di neutrini, detti sterili, che non sono associati a una particella carica del modello standard.

     
    Dalle misure di oscillazione conosciamo le differenze tra la massa di neutrini diversi. Queste sono piccolissime e, quindi, sappiamo che essi hanno una massa, ma non è ancora stato possibile misurarne il valore assoluto. Il limite superiore stabilito sperimentalmente è di circa 250 mila volte più piccolo della massa dell’elettrone, che è la particella di materia più leggera del modello standard a parte i neutrini. La piccolezza delle masse dei neutrini rispetto alle altre particelle del modello standard richiede una spiegazione, che però non può essere trovata in maniera naturale all’interno del modello standard stesso, perché richiederebbe l’imposizione di un vincolo artificialmente piccolo sui parametri del modello standard che determinano le masse dei neutrini. Si pensa invece che la piccolezza delle masse dei neutrini sia dovuta alla loro connessione con la nuova fisica, attraverso la proprietà dei neutrini di essere particelle di Majorana (cioè particelle che coincidono con la propria antiparticella) invece che particelle di Dirac, come invece i quark e i leptoni carichi (elettrone, muone e tau). Cerchiamo di capire meglio cosa significa.
    Nel 1928 Paul Dirac formulò la teoria quanto-relativistica dei fermioni, come l’elettrone, che per questo motivo sono detti particelle di Dirac. Una caratteristica fondamentale di una particella di Dirac è che allo stato di particella (per esempio, l’elettrone, che ha una carica elettrica negativa) corrisponde sempre uno stato di antiparticella con carica elettrica opposta (il positrone nel caso dell’elettrone, che ha una carica elettrica positiva). I quark e i leptoni carichi (elettrone, muone e tau) sono particelle di Dirac, mentre per i neutrini (che sono neutri) esiste la possibilità che siano particelle di Majorana, secondo la teoria sviluppata nel 1937 da Ettore Majorana. Per le particelle di Majorana lo stato di particella coincide con quello di antiparticella. Ciò è possibile solamente per particelle neutre come i neutrini, mentre per particelle cariche gli stati di particella e antiparticella sono necessariamente distinti avendo questi carica elettrica opposta.
    Nell’ambito del modello standard i neutrini massivi possono essere solamente particelle di Dirac, perché il meccanismo di Higgs che dà massa alle particelle può farlo solamente per particelle di Dirac. È per questo motivo che risulta estremamente interessante determinare sperimentalmente se i neutrini massivi sono particelle di Majorana, perché in questo caso le masse dei neutrini devono essere generate da un meccanismo di nuova fisica. Inoltre, se i neutrini sono particelle di Majorana, è possibile spiegare la piccolezza delle loro masse con il meccanismo di see-saw (o ad altalena) che si basa sull’esistenza di una nuova fisica oltre il modello standard a una scala di energia molto grande, che può essere ad esempio la scala della teoria della grande unificazione (Gut) della forza forte con quelle elettrodeboli, ovvero dell’ordine dei 1015-1016 GeV, estremamente più alta della scala elettrodebole di energia, che è dell’ordine di 100 GeV, dove si verifica l’unificazione delle interazioni elettromagnetica e debole del modello standard. Secondo il meccanismo di see-saw (vd. fig. b) le masse dei neutrini sono proporzionali al rapporto tra il quadrato della scala di energia elettrodebole e la scala di energia Gut, il quale vale circa un centesimo di eV (10-2 eV), proprio il valore atteso per le masse dei neutrini.
    Se i neutrini sono particelle di Majorana, quindi, le loro masse stabiliscono un legame tra la fisica del modello standard e la nuova fisica.
    Gli esperimenti che sono più sensibili alle piccole masse di neutrini di Majorana sono quelli che cercano di misurare un processo estremamente raro chiamato doppio decadimento beta senza neutrini (vd. in Asimmetrie n. 15 Assenti giustificati, ndr) di alcuni nuclei pesanti, come ad esempio gli isotopi del germanio e del tellurio, utilizzati negli esperimenti Gerda e Cuore nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn.
     
    b.
    Illustrazione del meccanismo di see-saw (o dell’altalena): più grande (pesante) è la scala di energia della fisica oltre il modello standard (100 GeV), rappresentata dall’elefante (come ad esempio la scala di energia della grande unificazione pari a 1015 GeV) e più piccole (leggere) sono le masse dei neutrini di Majorana (rappresentati dal topolino). Nel caso della scala di energia della grande unificazione, la massa del neutrino di Majorana sarebbe pari a 10-11 GeV.
     
    c.
    Un ricercatore al lavoro sull’esperimento Cuore nei Laboratori Infn del Gran Sasso.
     
    C’è anche la possibilità che la nuova fisica si manifesti con nuove particelle molto leggere che, essendo neutre e non interagenti con la forza debole del modello standard, ci appaiono come neutrini sterili (nome inventato da Pontecorvo nel 1967). In questo caso i tre neutrini attivi, che “rispondono” all’interazione debole, attraverso la quale vengono prodotti e rivelati dai fisici, possono oscillare in neutrini sterili, che eludono la capacità di rivelazione sperimentale. Questo fenomeno potrebbe spiegare recenti indicazioni di una mancata rivelazione del flusso misurato di neutrini prodotti in reattori nucleari e in sorgenti radioattive. L’esperimento Sox, che utilizza il rivelatore Borexino ai Laboratori del Gran Sasso, controllerà nei prossimi anni la correttezza di queste indicazioni utilizzando sorgenti radioattive di neutrini. È chiaro che questa misura è di estrema importanza per lo studio della fisica oltre il modello standard, perché un risultato positivo darebbe informazioni dirette sull’esistenza di una nuova particella, il neutrino sterile, che non appartiene al modello standard e la cui piccola massa deve essere generata da un meccanismo di nuova fisica.
    Lo studio delle proprietà dei neutrini, uniche tra quelle delle particelle del modello standard, offre una finestra sulla nuova fisica che è difficile aprire a causa dell’elusività dei neutrini, ma l’inventiva e la tenacia dei fisici fanno ben sperare per il futuro prossimo.
     

    Biografia
    Carlo Giunti è ricercatore dell’Infn presso la sezione di Torino. La sua attività di ricerca riguarda principalmente la fisica dei neutrini, sui quali ha scritto il libro specialistico Fundamentals of Neutrino Physics and Astrophysics (Oxford University Press, 2007).


    Link
    http://www.nu.to.infn.it/
    http://www.hep.anl.gov/ndk/hypertext/
    http://pcbat1.mi.infn.it/~battist/cgi-bin/oscil/index.r


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  • Nuovo record di Gerda nella ricerca del neutrino di Majorana

    GERDA 2019L’esperimento GERDA, ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), che ricerca il rarissimo decadimento doppio beta senza emissione di neutrini, una sorta di Sacro Graal per la fisica delle particelle elementari, ha conquistato un altro importante traguardo scientifico raggiungendo un nuovo record di sensibilità. Questo risultato è stato ottenuto dopo aver raccolto dati ininterrottamente per due anni e mezzo e aver ridotto a un livello bassissimo gli eventi che costituiscono il cosiddetto “rumore di fondo”. Il risultato è pubblicato oggi 5 settembre su Science.

    Il decadimento doppio beta senza emissione di neutrini, se rivelato, fornirebbe informazioni essenziali sulla natura dei neutrini: ci consentirebbe, per esempio, di sapere se i neutrini sono identici alle loro antiparticelle, di ottenere indicazioni sul meccanismo che dà loro massa e sul perché nell’universo attuale c’è molta più materia che antimateria. Il decadimento ancora sfugge all’osservazione, ma GERDA è il primo esperimento a raggiungere una sensibilità per il tempo di dimezzamento (cioè il tempo che deve trascorrere affinché la metà dei nuclei dia luogo al decadimento) di oltre 1026anni, di gran lunga superiore all’età dell’universo.

    “Il risultato ottenuto dimostra come l'idea scientifica di base e le soluzioni tecniche adottate siano state vincenti, essendo riusciti a ottenere un fondo molto basso, e una elevata affidabilità dell’apparato”, sottolinea Riccardo Brugnera, ricercatore INFN e professore all’Università degli Studi di Padova, responsabile internazionale dell’esperimento. “GERDA terminerà la sua presa dati alla fine di quest'anno e sarà sostituito da un nuovo apparato, LEGEND-200, basato sugli stessi principi, ma con un numero 5 volte superiore di rivelatori e un fondo previsto 5 volte inferiore. LEGEND-200 migliorerà così di un fattore 10 la sensibilità record di GERDA”, conclude Brugnera. [Antonella Varaschin]

  • Privi di fondo per la caccia al neutrino di Majorana

    Gerda 2017L’esperimento Gerda ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (Lngs) dell’Infn ha raggiunto un importantissimo traguardo scientifico: è il primo e il solo esperimento che può vantarsi del titolo di esperimento “privo di fondo” nello studio del rarissimo e ancora mai osservato decadimento doppio beta senza emissione di neutrini, la cui scoperta significherebbe che il neutrino è del tipo "di Majorana" (vd. anche Assenti giustificati e Con passo leggero, ndr). Gerda, infatti, per l’intera durata della presa dati, circa 3 anni, non dovrebbe registrare alcun evento di fondo nell’intervallo di ricerca fissato dalla risoluzione energetica dei rivelatori. Dall’analisi dei dati raccolti nei primi 5 mesi di funzionamento, Gerda non ha osservato alcun evento candidato per il decadimento doppio beta senza neutrini ponendo, in queste condizioni, un limite inferiore al suo tempo di dimezzamento (cioè il tempo che deve trascorrere affinché la metà dei nuclei dia luogo al decadimento), pari a 5x1025 anni. I dettagli di questo risultato sono pubblicati su Nature il 6 aprile 2017.

    “Con l’abbattimento degli eventi di fondo ai livelli che siamo riusciti a raggiungere, Gerda si è posto nelle condizioni ottimali per poter rivelare il decadimento doppio beta senza neutrini”, commenta Riccardo Brugnera, responsabile dell’esperimento per l’Infn e professore all’Università di Padova. “Questo risultato – sottolinea Brugnera – è il coronamento di un lungo sforzo in cui i gruppi italiani dell’Infn hanno fornito importanti contributi all’esperimento, nell’hardware, nel software e nella selezione dei materiali più radiopuri”. [Antonella Varaschin]

     

  • Si inaugura oggi Cuore, il gigante freddo che studia i neutrini

    cuore1 2017È stato inaugurato oggi 23 ottobre, ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (Lngs) dell’Infn l’esperimento Cuore (Cryogenic Underground Observatory for Rare Events), il più grande rivelatore criogenico mai costruito, concepito per studiare le proprietà dei neutrini. Nei primi due mesi di presa dati, l’esperimento ha funzionato con una precisione straordinaria, soddisfacendo pienamente le aspettative dei fisici che lo hanno realizzato. Grazie alla notevole precisione raggiunta in questa prima fase, Cuore è già riuscito a restringere significativamente la regione in cui cercare il rarissimo fenomeno del doppio decadimento beta senza emissione di neutrini, principale obiettivo scientifico dell’esperimento. Rivelare questo processo consentirebbe non solo di determinare la massa dei neutrini, ma anche di dimostrare la loro eventuale natura di particelle di Majorana, fornendo una possibile spiegazione alla prevalenza della materia sull’antimateria nell’universo.

    “Questa è solo l’anteprima di ciò che uno strumento di queste dimensioni è in grado di fare” commenta Oliviero Cremonesi, ricercatore Infn e responsabile scientifico dell’esperimento Cuore. “Abbiamo grandi aspettative per il futuro. Nei prossimi cinque anni, infatti, Cuore registrerà una quantità di dati 100 volte superiore a quelli acquisiti in questo primo periodo di attività”, conclude Cremonesi.

    “Cuore ha rappresentato un’incredibile sfida tecnologica il cui successo apre la strada a sviluppi impensati fino a pochi anni fa”,dichiara Carlo Bucci, responsabile nazionale Infn e coordinatore tecnico dell’esperimento Cuore. “Grazie alle sue eccezionali caratteristiche è anche uno dei luoghi più freddi di tutto l’universo”. 

    Il rivelatore di Cuore è un gigante di 741 chili realizzato con una tecnologia basata su cristalli cubici ultrafreddi di tellurite progettati per funzionare a temperature bassissime: 10 millesimi di grado sopra lo zero assoluto (–273,15 °C). La sua struttura è formata da 19 torri costituite ciascuna da 52 cristalli di tellurite purificata da qualunque contaminante. La più ardita sfida tecnologica affrontata dall’esperimento è stata la realizzazione del criostato in grado di mantenere a pochi millesimi di grado sopra lo zero assoluto le 19 torri sospese al suo interno. L’esperimento lavora in condizioni ambientali di estrema purezza, in particolare di bassissima radioattività. Il criostato è, infatti, schermato dalla pioggia di particelle che provengono dal cosmo sia dai 1400 metri di roccia del massiccio del Gran Sasso sia da uno speciale scudo protettivo realizzato grazie alla fusione di lingotti di piombo recuperati da una nave romana affondata oltre 2000 anni fa, al largo delle coste della Sardegna. Anche gli altri componenti del rivelatore, come ad esempio i supporti in rame che sostengono le torri, sono stati preparati in condizioni di bassissima radioattività e sono stati assemblati evitando qualsiasi contatto con l’aria per impedire contaminazioni provenienti dall’ambiente. Cuore è un esperimento di altissima precisione che impiega una tecnologia unica al mondo e la sua costruzione ha richiesto oltre dieci anni di lavoro. Prima di completare Cuore i ricercatori hanno costruito un prototipo chiamato Cuore-0, composto da un’unica torre in funzione dal 2013 al 2015 i cui primi risultati sono stati annunciati nell’aprile 2015. [Eleonora Cossi]

    Per saperne di più: Misteri sfuggenti, di Carlo Giunti [As 18]

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