La ricchezza del niente
L’energia del vuoto quantistico

di Alfredo Urbano

a.
Il vuoto quantistico è uno stato dinamico, in cui avvengono continuamente processi di creazione e annichilazione di particelle. Di conseguenza, l’energia del vuoto non è una quantità costante, come in fisica classica, ma subisce piccolissime fluttuazioni.
A prima vista, il vuoto e l’energia sono due concetti completamente estranei l’uno dall’altro, ma i principi della relatività speciale e della meccanica quantistica ci portano a conclusioni ben diverse. Una definizione intuitiva di vuoto potrebbe essere quella dell’assenza di materia in un determinato volume di spazio. Già nell’ambito della fisica classica tale definizione si rivela non del tutto adeguata. I lavori di Einstein sulla relatività hanno mostrato come materia ed energia siano intrinsecamente legate tra loro. È chiaro quindi come una più corretta caratterizzazione del vuoto debba necessariamente tenere conto di questa dicotomia. Nella fisica classica il vuoto è identificabile non solo con la totale assenza di materia, ma anche - e necessariamente - con l’assenza di energia, come ad esempio quella associata a un campo elettromagnetico. Equivalentemente, lo stato di vuoto può essere definito come lo stato a energia totale nulla di un sistema. Nella teoria quantistica dei campi la situazione è radicalmente diversa. Il principio di indeterminazione di Heisenberg - il quale vieta la possibilità di poter determinare simultaneamente posizione e quantità di moto di una particella così come energia e tempo di vita di uno stato energetico - impedisce che una misura dell’energia dello stato di vuoto possa dare esattamente valore nullo. A causa del principio di indeterminazione il numero di particelle contenute nello stato di vuoto non può essere nullo come nell’analogo esempio classico, ma è costretto a subire fluttuazioni casuali. Il vuoto quantistico deve quindi essere immaginato come uno stato dinamico, ricco di tutte le particelle - dette “virtuali” - che vengono prodotte a causa di ineliminabili fluttuazioni quantistiche.
 
b.
Illustrazione schematica dell’effetto Casimir. Nella regione compresa tra due lastre conduttrici, le lunghezze d’onda ammesse per i fotoni virtuali devono essere un sottomultiplo intero della distanza d tra le lastre. Nelle regioni esterne tutte le lunghezze d’onda sono possibili, e quindi la maggior “densità” di fotoni virtuali crea una pressione che tende a far avvicinare le lastre.

 

Questa definizione di vuoto quantistico, seppur apparentemente frutto di pure speculazioni teoriche, trova una straordinaria verifica sperimentale nella misura del cosiddetto “effetto Casimir”, teorizzato dal fisico olandese Hendrik Casimir, ovverosia la forza attrattiva che si esercita fra due lastre conduttrici poste a piccola distanza l’una dall’altra. Se supponiamo di avere due lastre metalliche parallele poste nel vuoto alla distanza di alcuni nanometri, secondo la teoria elettromagnetica classica non dovrebbe essere misurata alcuna forza tra le due lastre, data l’assenza di qualunque tipo di campo elettromagnetico. Secondo la teoria quantistica, al contrario, tra le due lastre si esercita una forza dovuta alla presenza di fotoni virtuali, cioè le particelle quantistiche fondamentali costituenti il campo elettromagnetico nel suo stato di vuoto. Il principio che genera l’effetto Casimir è il seguente: poiché la distanza tra le lastre limita le possibili lunghezze d’onda dei fotoni virtuali - nello specifico dev’essere un sottomultiplo intero della distanza tra le lastre - ci sono meno particelle virtuali nello spazio tra le lastre rispetto a quante occupino lo spazio esterno. Ciò significa che la densità di energia tra le lastre è inferiore alla densità di energia dello spazio circostante, e questo genera una pressione negativa. L’effetto Casimir è stato osservato per la prima volta nel 1997 nei laboratori americani di Los Alamos e presso l’Università di Riverside in California e successivamente nel 2002 presso l’Università di Padova. Su un altro fronte, la scoperta del bosone di Higgs e il conseguente completamento del modello standard hanno messo in luce che il vuoto previsto da questa teoria potrebbe presentare delle caratteristiche molto particolari. Il vuoto del modello standard, infatti, è identificabile con lo stato di minima energia del potenziale di Higgs, in cui viene realizzata la rottura spontanea della simmetria elettrodebole. Questo tipo di vuoto, però, a quanto sembra, non è unico. Le sempre più precise misure della massa del bosone di Higgs e della massa del quark top sembrano indicare che il minimo del potenziale di Higgs in cui si realizza la rottura della simmetria elettrodebole sia solo un minimo locale (in gergo, un “falso vuoto”) e che esista un secondo minimo, più profondo, in cui il vuoto elettrodebole potrebbe decadere. Ciò renderebbe il vuoto del modello standard, lo stato in cui si trova attualmente tutto l’universo, intrinsecamente instabile, e un tale decadimento, qualora dovesse accadere, comporterebbe delle conseguenze catastrofiche. È stato però calcolato che la vita media del vuoto del modello standard, qualora instabile, sia di gran lunga superiore al tempo trascorso tra il Big Bang (o meglio, la fine dell’inflazione, vd. più avanti e fig. c) e oggi. A tale situazione viene dato il nome di “metastabilità del vuoto elettrodebole” (vd. l'approfondimento in Ed è solo l'inizio, ndr).

 
c.
Evoluzione delle varie componenti di energia dell’universo in funzione della sua espansione, misurata in termini del “fattore di scala” a, che corrisponde al rapporto tra la distanza tra due punti generici dell’universo a una certa epoca e la loro distanza odierna. Quindi, a = 1 corrisponde all’epoca attuale e a < 1 a un’epoca precedente all’attuale. La densità di energia di ogni componente è divisa per il valore odierno della densità totale di energia. L’energia del vuoto si comporta come una costante e, secondo la cosmologia odierna, ha svolto un ruolo determinante in due fasi della storia dell’universo: durante l’inflazione (per a < 10-28), e anche oggi (a < ~1), in cui domina l’energia oscura. Dopo l’inflazione l’universo entra in una fase dominata dalla radiazione (ossia fotoni e neutrini) (fino ad a ~ 10-4) e successivamente dalla materia (oscura e barionica, fino ad a ~ 0,3). In entrambe queste epoche, l’energia diminuisce con l’espansione, in modo proporzionale rispettivamente a 1/a4 e 1/a³.

 
La metastabilità del modello standard è a tutt’oggi oggetto di una intensa ricerca che coinvolge sia la fisica sperimentale che quella teorica. In particolare, la possibilità che sia un falso vuoto dipende in modo cruciale dal valore della massa del quark top. L’incertezza sperimentale con la quale quest’ultima è misurata preclude per ora la possibilità di giungere a una conclusione certa, ed è anzi ancora possibile - sebbene poco probabile – sebbene poco probabile - che il vuoto del modello standard sia assolutamente stabile. Dato che il vuoto permea tutto lo spazio, e a esso, come abbiamo visto, è associata dell’energia, è naturale chiedersi quali siano invece le conseguenze di questa sull’evoluzione dell’universo. Come predetto dalla relatività generale, la presenza di energia del vuoto - o, equivalentemente, di una costante cosmologica - ha come conseguenza il fatto che l’espansione dell’universo acceleri nel tempo anziché decelerare (vd. ... che muove il Sole e l'altre stelle, ndr.). L’energia del vuoto pertanto ricopre un ruolo di primaria importanza anche nella cosmologia moderna. La teoria dell’inflazione (vd. Dal cosmo agli abissi e Senza confini, ndr) postula che l’universo primordiale abbia attraversato una fase di espansione estremamente rapida. Questo permette di risolvere alcuni problemi concettuali come la sua straordinaria omogeneità su distanze così grandi che nemmeno i raggi di luce avrebbero potuto coprire nel tempo a disposizione dopo il Big Bang. Ma l’importanza dell’energia del vuoto non è solo limitata all’universo primordiale. Numerosissime osservazioni mostrano infatti che l’universo si trova nuovamente in una fase di espansione accelerata. Il bilancio energetico dell’universo attuale è dominato (oltre il 68%) da una forma di energia del vuoto, detta “energia oscura”, che è responsabile di questa accelerazione. L’esatta natura dell’energia oscura è tuttora oggetto di ricerca e può essere considerata come uno dei misteri più grandi della fisica teorica moderna.
 

Biografia
Alfredo Urbano è un ricercatore Infn. Ha conseguito il dottorato di ricerca in fisica presso l’Università del Salento. Come ricercatore post-doc ha lavorato presso la Scuola Normale Superiore di Parigi, la Sissa di Trieste e il Cern di Ginevra. Si occupa di fisica oltre il modello standard, con particolare attenzione agli aspetti cosmologici e astroparticellari.


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DOI: 10.23801/asimmetrie.2018.24.3
 

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