L'inafferrabile neutrino
I leggerissimi messaggeri dall'Universo violento.
di Piera Sapienza

Elusivi, camaleontici, i neutrini possono attraversare tutto l'Universo senza essere deflessi né assorbiti, e fornire così informazioni sui luoghi più estremi del cosmo. Ipotizzati da Wolfgang Pauli nel 1930 per risolvere il problema dell'energia mancante nel decadimento beta nei nuclei, i neutrini, privi di carica, interagiscono così debolmente con la materia che lo stesso Pauli dubitava che potessero essere mai rivelati. Il neutrino fu invece scoperto da Frederick Reines e Clyde Cowan nel 1956, utilizzando un reattore nucleare come sorgente.
Negli anni '60 Raymond Davis e John Bahcall effettuarono un esperimento per "vedere" l'interno del Sole tramite i neutrini e verificare in modo diretto l'ipotesi della generazione di energia nucleare nelle stelle. Il flusso di neutrini rivelati risultò però molto più basso di quanto previsto.
Per un paio di decenni centinaia di fisici, chimici e astronomi cercarono di risolvere il mistero. La teoria e l'esperimento sembravano corretti e il deficit di neutrini solari fu successivamente confermato da esperimenti in Russia, Italia e Giappone. L'idea che il mistero dei neutrini mancanti fosse dovuto alla fisica delle particelle piuttosto che al modello solare standard fu proposta da Bruno Pontecorvo già nel 1969. Pontecorvo sosteneva che i neutrini "soffrono" di una sorta di "disturbo di personalità multipla" che li fa oscillare tra diversi stati o tipi e che quindi, durante il viaggio dal Sole alla Terra, i neutrini oscillano da un tipo a un altro.

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Raymond Davis (a sinistra) e John Bahcall nella miniera di oro Homestake a Lead nel Sud Dakota, dove era allestito l’esperimento per lo studio dei neutrini solari. Davis mostra a Bahcall la nuova tanica in acciaio che conteneva la grande quantità di liquido (40 mila litri) usato per catturare i neutrini.

b.
Il nucleo della galassia Centaurus A. I centri delle galassie sono sorgenti di particelle cosmiche e radiazione di altissima energia

L'oscillazione tra i diversi tipi comporta inoltre che i neutrini abbiano una massa diversa da zero. Poiché gli esperimenti rivelavano i neutrini elettronici (quelli prodotti nel Sole), i neutrini che arrivano a terra come neutrini di altro tipo (muonici) non erano contati: in questo modo il flusso osservato era inferiore a quello previsto. C'era una mancanza di neutrini.
I neutrini sono anche prodotti nelle collisioni tra i raggi cosmici e le particelle dell'atmosfera terrestre. Nel 1998 un gruppo giapponese annunciò di aver osservato le oscillazioni dei neutrini atmosferici. Le oscillazioni di neutrino furono così confermate e ora sappiamo che i neutrini hanno una massa, sia pur piccolissima.
Lo studio delle reazioni nucleari che avvengono nel Sole tramite i neutrini solari continua ancora: in Italia, ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Infn con il rivelatore Borexino.

Il 23 febbraio 1987 i rivelatori di neutrini Kamiokande, Imb e Baksan registrarono una ventina di eventi in coincidenza temporale con l'esplosione della supernova SN1987A che seguì al collasso gravitazionale di una supergigante blu nella Nube di Magellano, una galassia distante circa 168 mila anni luce. Malgrado l'esiguo numero di eventi, la rivelazione dei neutrini dalla SN1987A è stata di estrema importanza per la verifica dei modelli che descrivono i collassi gravitazionali nelle supernovae.
La prossima frontiera è la rivelazione dei neutrini di alta energia (cioè con energia maggiore di 1 TeV), messaggeri dell'Universo "violento" in cui stelle massicce accrescono buchi neri, lampi di luce gamma brillano per brevi istanti con intensità pari a miliardi di miliardi di soli, Nuclei Galattici Attivi (Agn)emettono enormi quantità di energia. In questi "oggetti" astrofisici si verificano le condizioni per accelerare particelle fino a energie elevatissime. Attraverso la rivelazione dei neutrini è possibile individuare i più potenti acceleratori cosmici (galattici ed extra-galattici) e svelare il mistero dell'origine dei raggi cosmici.
I neutrini prodotti dall'interazione dei protoni accelerati nelle sorgenti astrofisiche con altri protoni o radiazione gamma attraversano imperturbati regioni dense e caldissime come l'interno delle sorgenti astrofisiche e possono giungere fino a noi dagli estremi limiti dell'Universo senza essere deflessi (come i protoni) o assorbiti (come i raggi gamma di alta energia e i protoni più energetici).
Ma, se per osservare i neutrini provenienti dal Sole sono necessari rivelatori di alcune migliaia di tonnellate, installati in laboratori sotterranei dove la roccia sovrastante garantisce quel "silenzio cosmico" che permette di identificare i rari eventi dovuti a neutrini, per allargare il nostro orizzonte di osservazione a sorgenti cosmiche di neutrini di alta energia sono necessari volumi di rivelatore dell'ordine del chilometro cubo. L'unica soluzione percorribile è quella di utilizzare le profondità marine o gli spessi ghiacci dell'Antartide che hanno una triplice funzione: schermo dalla pioggia di particelle cariche che colpisce continuamente la Terra, bersaglio per la "conversione" del neutrino in particella carica (il muone) e da radiatore che al passaggio del muone nell'acqua o nel ghiaccio emette luce direzionale che viene rivelata da sensori ottici. I sensori ottici, installati su alcune centinaia di strutture meccaniche alte diverse centinaia di metri e distanziate 100-200 metri, "registrano" i tempi di arrivo e l'intensità della luce raccolta permettendo così di risalire alla direzione di provenienza e all'energia del neutrino.

c.
Rappresentazione dei neutrini provenienti dal centro della Galassia che, dopo aver attraversato la Terra, arrivano sul fondo del Mar Mediterraneo.
d.
Schema del passaggio dei muoni (prodotti dai neutrini quando interagiscono con la materia) attraverso le torri del rivelatore Nemo. I fotomoltiplicatori collocati sulle torri raccolgono la luce Cherenkov, prodotta dai muoni.

I telescopi per neutrini, installati a circa 3.000 metri di profondità, guardano il cielo a testa in giù selezionando le tracce che raggiungono il rivelatore dall'emisfero celeste opposto e usando tutta la Terra come filtro, solo i neutrini, infatti, possono attraversarla senza essere assorbiti. Per osservare l'intero cielo sono necessari due telescopi di neutrini in emisferi opposti. Nei ghiacci dell'Antartide IceCube, un telescopio da un chilometro cubo (km3) che osserva l'emisfero Nord, è già in avanzata fase di costruzione. Un telescopio installato nel Mediterraneo invece, grazie alla rotazione della Terra, osserverebbe l'87% del cielo, compreso il centro galattico e una frazione importante del piano galattico in cui sono state individuate numerose sorgenti candidate come sorgenti di neutrini di alta energia. In particolare, l'osservazione di neutrini da resti di supernova consentirebbe di risolvere l'enigma dell'origine dei raggi cosmici, almeno per quanto riguarda i raggi cosmici galattici. La costruzione di un telescopio per neutrini delle dimensioni di circa un chilometro cubo ad alta profondità nel Mediterraneo pone molte sfide tecnologiche a causa delle condizioni ambientali estreme: corrosione, pressioni elevatissime (sino a 350 volte la pressione atmosferica), limitata accessibilità.
Nemo, un esperimento dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare a cui partecipano circa 80 ricercatori italiani, progetta, realizza ed effettua test di prototipi degli elementi chiave per il telescopio km3. Insieme alle collaborazioni Antares e Nestor, anch'esse operanti nel Mediterraneo nell'ambito dei telescopi per neutrini, Nemo partecipa al consorzio KM3NeT, formato da ricercatori provenienti da 10 nazioni europee e cofinanziato dall'Unione Europea con l'obiettivo di definire l'architettura e le tecnologie per la costruzione di un telescopio di dimensioni dell'ordine di un chilometro cubo nel Mar Mediterraneo. Nell'ambito del progetto sono state anche effettuate più di 30 campagne a mare per la caratterizzazione del sito ideale per l'installazione dell'esperimento, individuando i fondali marini di Capo Passero (3.500 m di profondità, a 80 km dalla costa siciliana), come uno dei migliori siti per l'installazione dell'esperimento km3.
Nell'ultima decina di anni l'astronomia con neutrini ha compiuto notevoli progressi grazie a IceCube che è in costruzione e allo sviluppo di tecnologie ormai mature per l'avvio della costruzione del telescopio km3 nel Mediterraneo.
L'astronomia per neutrini nasce per rispondere a domande cruciali quali l'origine dei raggi cosmici e lo studio degli ambienti astrofisici più estremi, in cui particelle sono accelerate fino a energie milioni di volte più elevate delle energie raggiungibili con il Large Hadron Collider del Cern. I telescopi per neutrini di alta energia sono strumenti di scoperta che apriranno una nuova finestra osservativa sull'Universo. È quindi molto probabile che guardando il cosmo con nuovi "occhi", come è spesso avvenuto in passato, si scoprano fenomeni inattesi.

[as] approfondimento
A pesca di neutrini. Antares, il primo telescopio sottomarino


Strane creature popolano gli abissi marini. Piovre e altri animali giganti, mostri inattesi e spaventosi per lungo tempo hanno animato l'immaginazione dei marinai di tutto il mondo. Da poco più di un anno, tuttavia, sul fondo del Mar Mediterraneo è in attività una nuova creatura stanziale, di forma e dimensioni che qualcuno potrebbe trovare mostruose, sicuramente inedite: non è un organismo vivente ma un prodotto della tecnologia più avanzata tale da permetterle di operare nelle condizioni estreme in cui si trova (a pressioni elevatissime e in ambiente altamente corrosivo qual è quello dell'acqua salata), per di più con limitatissime possibilità di interventi di manutenzione. Si tratta indubbiamente di un'impresa un po' fuori del comune, anche per il fatto che lo scopo è quello di cercare le particelle più elusive che si conoscano: i neutrini. E non neutrini qualsiasi, ma quelli che ci si aspetta vengano emessi nei fenomeni più violenti e spesso più lontani nell'Universo. Non per niente l'apparato porta il nome di una stella: Antares, la gigante rossa nella costellazione dello Scorpione. Antares è in realtà l'acronimo di Astronomy with a Neutrino Telescope and Abyss environmental RESearch, il che chiarisce anche la natura interdisciplinare di questa iniziativa che, se da un lato si propone di aprire una nuova finestra osservativa sull'Universo, dall'altro si offre come una piattaforma unica per osservazioni continue e in tempo reale delle profondità marine. L'apparato Antares si trova a una profondità di circa 2.500 metri e a una distanza di circa 40 chilometri al largo della costa di Tolone in Francia. Il suo principio di funzionamento si basa sulla rivelazione della cosiddetta luce Cherenkov, cioè i deboli segnali luminosi emessi in un mezzo trasparente da particelle cariche molto veloci. Ecco che quindi l'acqua diventa insieme uno schermo per fermare le particelle indesiderate (per questo occorre andare a grande profondità) e lo stesso mezzo di rivelazione in cui installare dei sensori di luce ultrasensibili, i fotomoltiplicatori. Antares consiste in un reticolo di 900 fotomoltiplicatori installati su 12 linee semiflessibili, alte fino a 450 metri e disposte su una superficie dell'ordine di 0,1 km2. Le linee sono zavorrate sul fondo e mantenute in posizione pressoché verticale da una boa posta alla sommità. Un sistema di triangolazioni acustiche permette di determinare istante per istante la posizione dei singoli fotomoltiplicatori, anche se le linee dovessero ondeggiare sotto l'azione delle correnti. L'installazione di queste strutture richiede l'uso di una nave dotata di posizionamento dinamico, e avviene con una procedura ormai ben collaudata. Per le connessioni sottomarine è necessario raggiungere l'apparato con un sottomarino pilotato o teleguidato (il Remotely Operated Vehicle o Rov). La costruzione di questo gigante ha visto impegnata in uno sforzo più che decennale una collaborazione che conta oggi più di 150 persone, tra scienziati, ingegneri e tecnici provenienti da poco meno di trenta sedi in Francia, Germania, Italia, Olanda, Romania, Russia e Spagna. Sono numeri da record e in effetti l'apparato ne detiene più di uno: è il più grande apparato in presa-dati nell'emisfero boreale ed è il primo telescopio per neutrini sottomarino mai costruito al mondo, visto che in precedenza apparati simili erano stati installati solo in fondo al lago siberiano Baikal o sotto il ghiaccio dell'Antartide. I primi risultati di Antares sono stati pubblicati nei mesi scorsi, e vanno a migliorare i limiti esistenti sui flussi di neutrini provenienti da un certo numero di oggetti celesti nel cielo australe. Se da un lato si festeggia il successo dell'esperimento e si spera nella grande scoperta, dall'altro il completamento dell'apparato mostra che la tecnologia è ormai matura per concepire imprese ancora più ambiziose, come l'installazione di un rivelatore con volume sensibile dell'ordine del chilometro cubo. È quanto propone da tempo la collaborazione Nemo (NEutrino Mediterranean Observatory), impegnata in un lungo programma di caratterizzazione del sito ottimale per l'installazione (a 3.500 m di profondità e a 100 km dalla costa siciliana) e di sviluppo delle tecniche per la realizzazione di un apparato di questa grandezza. Ed è anche quanto si spera che il consorzio KM3NeT, cofinanziato dall'Unione Europea, permetterà di fare. Come per Antares, l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare è pronto a cogliere la sfida. Ma chi ha più paura degli abissi marini? [Marco Circella]

 

1.
Installazione di una delle linee dell’apparato.


Biografia

Marco Circella ricercatore Infn alla Sezione di Bari, è impegnato in diversi progetti per la neutrino-astronomia nel Mediterraneo, collaborando ad Antares, Nemo e KM3NeT. Dal 2008 è coordinatore tecnico della collaborazione Antares.

 

Link
http://antares.in2p3.fr

http://www.km3net.org

Biografia
Piera Sapienza è ricercatrice e responsabile dell'esperimento Nemo presso i Laboratori Nazionali del Sud dell'Infn. Partecipa inoltre all'esperimento Antares e al progetto europeo KM3NeT.

 

Link
http://www.sns.ias.edu/~jnb/

http://www.lns.infn.it

www.icecube.wisc.edu

 

 

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