Rivelatori nanotecnologici per individuare le radiazioni

rivelatoremib3Radiografie e tac più accurate e controlli più veloci, in caso di trasporto di materiale radioattivo. Così potrà essere impiegato l’innovativo scintillatore plastico ibrido a base di nanoparticelle di perovskite e molecole organiche realizzato dall'Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, l’Istituto Italiano di Tecnologia e la start-up i Glass to Power S.p.A. Il lavoro, pubblicato su Nature Nanotechnology, ha coinvolto tre team di ricerca dei dipartimenti di Scienza dei Materiali e di Fisica dell’Università di Milano-Bicocca. Le possibili applicazioni sono numerose: dalla sicurezza industriale, attraverso il monitoraggio di potenziali sostanze radioattive nel trasporto merci, alla diagnostica medica, allo sviluppo di rivelatori per la ricerca di eventi rari in fisica delle particelle.

Come funziona

Lo scintillatore plastico ibrido è in grado di individuare molto velocemente le radiazioni. Le nanoparticlele di perovskite con cui è realizzato agiscono da antenne per le radiazioni e trasferiscono l’energia così raccolta alle molecole organiche che la trasformano in luce in pochissimi nanosecondi, più velocemente dei sistemi convenzionali, ad una lunghezza d’onda che non sono in grado di riassorbire. Questo meccanismo permette così di rivelare efficacemente e in modo molto rapido la radiazione, anche in dispositivi di grande volume.

“Le nanoparticelle di perovskite sono materiali estremamente promettenti per la rivelazione di radiazione ionizzante”, spiega Sergio Brovelli, professore di Nanotecnologia di Milano-Bicocca e presidente del Consiglio scientifico di Glass to Power “in quanto presentano la giusta composizione chimica, elevata efficienza di scintillazione e la possibilità di essere prodotte in grande quantità a basso costo. Tuttavia, da sole queste nanoparticelle non permettono di ottenere tempi di risposta veloci e soffrono di forte assorbimento della loro stessa luce di scintillazione”.

“Per ovviare a questo problema, continua Mauro Fasoli, professore di Fisica dell’Università Bicocca e associato INFN, abbiamo immaginato un materiale ibrido in cui le nanoparticelle fossero sensibilizzatori di molecole che, da sole, non interagirebbero sufficientemente con la radiazione ionizzante. Se propriamente attivate, tuttavia, queste emettono velocemente luce senza assorbire la propria luminescenza”.

“Questi dispositivi si potranno prestare infatti anche per lo studio di processi fisici fondamentali” conclude Anna Vedda, professoressa di Fisica dell’Università di Milano-Bicocca e associata INFN. “Al momento sono in fase di studio rivelatori a base di questi materiali per la ricerca di eventi rari in esperimenti in fisica delle particelle”. [Eleonora Cossi]

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