Un mondo diverso
La fisica dei sistemi complessi

di Giorgio Parisi

“Tutti i sistemi semplici sono semplici allo stesso modo; ogni sistema complesso è complesso a modo suo”. La varietà è forse l’aspetto più evidente del mondo dei sistemi complessi (e mi sono permesso di parafrasare Tolstoj per ricordarlo). Ma dietro di essa ci sono alcune importanti caratteristiche comuni, ed è su queste che vorrei soffermarmi.
Che cos’è dunque un sistema “complesso” e in che cosa differisce da un sistema “semplice”? Va detto che non esiste una definizione canonica di “complessità”, capace di afferrare tutte le sfumature del termine e unanimemente condivisa. Inoltre, quando un termine del linguaggio comune passa nel linguaggio scientifico, c’è sempre il pericolo di un fraintendimento. Cominciamo con il precisare allora che “complesso” non va inteso come un sinonimo di “complicato”. Un aereo, per esempio, è un oggetto certamente complicato, costituito da centinaia di migliaia di componenti, ma non per questo è un sistema complesso: il suo funzionamento interno e il suo moto possono essere descritti sulla base di poche grandezze e di semplici leggi. Un altro esempio: il sistema nervoso degli insetti si ripete identicamente in tutti gli esemplari di una data specie, è stato selezionato dalla natura per svolgere certe funzioni e ha una limitata capacità di apprendimento. È un sistema sicuramente complicato, ma la sua rigidità non lo rende particolarmente complesso. Il nostro sistema nervoso è invece l’archetipo della complessità: le sue connessioni sono almeno in parte casuali e non sono ottimizzate in partenza per svolgere tutti i compiti. Hanno una grande capacità di cambiare e di adattarsi imparando dall’esperienza.
Questo mi porta alla definizione operativa di sistema complesso che preferisco (e che mi riservo di precisare meglio più avanti): un sistema complesso è un sistema del quale si può parlare a lungo. In altri termini, più cose possiamo dire sul comportamento di un sistema, più ricco è il linguaggio da usare, più variegata è la sua descrizione, maggiore è la complessità del sistema.
Consideriamo un bicchiere d’acqua. Una volta specificate la temperatura e la pressione dell’acqua, in genere non rimane altro da dire (salvo in particolari situazioni, in cui due fasi – liquido e gas, solido e liquido – coesistono). È inutile specificare le posizioni e le velocità di tutte le molecole di acqua presenti nel bicchiere, perché lo stato macroscopico del sistema – che è unico – è determinato solo dalla temperatura e dalla pressione. Un bicchiere d’acqua è un sistema semplice. Che dire invece di un cane? Siamo certamente d’accordo sul fatto che la sua descrizione è ben più ricca: un cane può correre, dormire, abbaiare, stare seduto, scodinzolare, saltare, ecc.; manifesta molteplici comportamenti e può passare rapidamente da uno all’altro. È questo che lo rende un sistema complesso. O ancora, confrontiamo un cristallo con un vetro: mentre il cristallo ha una cella elementare che si ripete, uguale a se stessa, ed è caratterizzato da pochi parametri, un vetro è un sistema disordinato costituito da atomi diversi che possono trovarsi in un numero enorme di configurazioni differenti. Lo stesso possiamo dire degli eteropolimeri biologici (proteine, RNA, DNA), che possono esistere in moltissimi stati diversi di ripiegamento, e passare repentinamente dall’uno all’altro.

Architettura dell’insieme delle fibre nervose cerebrali a.
Architettura dell’insieme delle fibre nervose cerebrali (sostanza bianca) misurata con una tecnica di imaging a risonanza magnetica in grado di individuare l’orientamento delle fibre, identificato attraverso il seguente codice colore: rosso = sinistra-destra, verde = anteriore-posteriore, blu = trasversale al tronco cerebrale.
 
Posso dunque riformulare, in maniera più esplicita, la mia definizione di complessità, dicendo che un sistema complesso è caratterizzato dal fatto di poter esistere in tanti stati macroscopici, tutti rilevanti, e di poter passare velocemente da uno stato a un altro. Proprio per questo è impossibile prevedere in modo esatto il comportamento macroscopico di questi sistemi. Bisogna ricorrere alla meccanica statistica, che permette di ottenere predizioni probabilistiche, rinunciando alla possibilità di calcolare ogni singolo stato del sistema. L’idea e i concetti di base risalgono a Ludwig Boltzmann, ma va notato che c’è una differenza tra le predizioni statistiche nel campo della fisica della complessità e quelle della meccanica statistica ordinaria. Mentre in quest’ultima un sistema si trova in genere in un determinato macrostato, e si calcola la distribuzione di probabilità delle molte diverse realizzazioni microscopiche (cioè a livello atomico) di quel macrostato, nella meccanica statistica dei sistemi complessi si calcola la probabilità di avere certi macrostati e si determinano le relazioni tra di essi (o altre quantità, come il tempo medio che un sistema passa in un certo macrostato).
Alcuni degli innumerevoli stati che può assumere il sistema complesso cane b.
Alcuni degli innumerevoli stati che può assumere il sistema complesso cane.
 
L’esempio canonico di sistema complesso è rappresentato dai vetri di spin. Si tratta di sistemi magnetici disordinati, in cui gli spin – i momenti magnetici elementari – sono legati da accoppiamenti in competizione tra loro, e non “sanno” se puntare verso l’alto o verso il basso per minimizzare l’energia (un fenomeno chiamato “frustrazione”). Lo studio di questi sistemi cominciò negli anni ’70 sulla scia di alcuni risultati sperimentali riguardanti leghe diluite di ferro in oro. In un materiale puramente (o prevalentemente) ferroso, gli spin interagirebbero disponendosi parallelamente e con lo stesso verso (è il cosiddetto “ferromagnetismo”).
Un vetro di spin è un sistema diluito di atomi magnetici c.
Un vetro di spin è un sistema diluito di atomi magnetici (per esempio, di ferro, in rosso) in una matrice non magnetica (per esempio, d’oro, in giallo).
 
Ma se il ferro è presente solo in una piccola percentuale, le cose cambiano. L’idea iniziale in effetti era di vedere come si comportano i singoli spin di una sostanza magnetica come il ferro quando sono disseminati in una matrice non magnetica. Ci si aspettava che gli spin non fossero in grado di allinearsi tutti nella stessa direzione, ma si scoprì che abbassando la temperatura avveniva una transizione di fase verso una strana forma di ordinamento. Quello che succede è che, sebbene gli atomi del ferro siano abbastanza lontani l’uno dall’altro, rimane tra di essi un’interazione residua propagata dagli elettroni dell’oro, ed è questa interazione la responsabile della transizione di fase osservata.
Per studiare questo sistema, Philip Anderson e Sam Edwards, in un celebre lavoro del 1975, usarono il cosiddetto “trucco” delle repliche: un metodo consistente nell’introdurre tante copie (“repliche”) del sistema e nel fare calcoli di meccanica statistica su questo insieme di copie. In alcuni casi, però, il metodo delle repliche forniva risultati fisicamente inammissibili. Inoltre, si scoprì che le repliche non erano davvero equivalenti: non tutte le coppie di repliche fornivano le stesse correlazioni tra gli spin. C’era dunque una rottura della simmetria delle repliche, ma non si capiva come tale rottura si realizzasse.
Albero ultrametrico d.
L’albero ultrametrico è un modo per visualizzare la gerarchia dei gradi di somiglianza tra gli stati di un vetro di spin (rappresentati dai pallini colorati). Se la sovrapposizione tra coppie di stati dello stesso colore ha un certo valore, la sovrapposizione tra stati giallo e rosso, o blu e verde, ha un valore più piccolo, e quella tra ognuno degli stati a sinistra e ognuno degli stati a destra ha un valore ancora più piccolo. Il grado di somiglianza tra due stati dipende da quanto bisogna andare a fondo lungo l’albero per trovare un nodo (pallino nero) che li connette.
 
Questo era lo stato delle cose quando cominciai a occuparmi del problema, non per un interesse specifico nella fisica dei vetri di spin, ma abbastanza per caso, provenendo dalla fisica delle alte energie. Mi sembrava che il fatto che un metodo teorico largamente usato non funzionasse fosse una questione da chiarire e da risolvere. La soluzione stava nel fatto che un vetro di spin non ha un unico stato di equilibrio: ne ha moltissimi, con un grafico di energia estremamente frastagliato. Ogni minimo di questo grafico corrisponde a un possibile stato termodinamico del sistema, e si può introdurre un parametro che misura il grado di sovrapposizione (cioè di somiglianza) tra gli stati. La cosa interessante è che in base a questo parametro e a una proprietà matematica insospettata, la cosiddetta “ultrametricità”, gli stati possono essere organizzati in modo gerarchico. La descrizione che ne consegue spiega le proprietà dei vetri di spin osservate, eliminando le incoerenze dei vecchi modelli.
Un aspetto importante della ricerca sui vetri di spin che vorrei sottolineare è lo stretto rapporto tra teoria ed esperimento. Certo, non sempre le caratteristiche cruciali dal punto di vista teorico sono anche quelle più accessibili sperimentalmente. Gli esperimenti sui vetri di spin si sono concentrati sulla misura della magnetizzazione del campione, soggetto a variazioni del campo magnetico applicato e della temperatura. Altre grandezze, come per esempio il calore specifico, sono molto più difficili da misurare. Un ruolo cruciale – di ponte tra teoria ed esperimento – è svolto attualmente dalle simulazioni numeriche. Di recente sono stati costruiti dei computer dedicati che permettono di studiare la dinamica di sistemi abbastanza macroscopici – costituiti da un numero di spin dell’ordine di un milione – su tempi di qualche frazione di secondo. In questo modo è possibile vedere quello che succede a ogni singolo spin e confrontare i risultati delle simulazioni con la trattazione teorica del sistema, che è di natura statistica, e con i dati sperimentali. C’è solo ancora un piccolo divario che va superato, perché gli esperimenti avvengono su scale temporali di decine di secondi, un ordine di grandezza superiori a quelle delle simulazioni.
sistema ferromagnetic e.
Mentre un sistema ferromagnetico (a sinistra), al di sotto della temperatura critica, ha due stati di equilibrio (cioè di minima energia), corrispondenti agli spin allineati in su o in giù, un vetro di spin (a destra) ha un gran numero di stati di equilibrio (i minimi del suo grafico di energia).
 
Al di là del loro interesse intrinseco, i vetri di spin sono un modello per molti altri sistemi, di natura diversa, ma soggetti a dinamiche simili. Esempio tipico sono i vetri strutturali: li si può modellizzare come insiemi di sfere dure, di diametro diverso, soggette ad alte pressioni. Le equazioni sono del tutto analoghe a quelle dei vetri di spin (pressione e distanza tra le sfere prendono il posto del campo magnetico e della magnetizzazione). Un altro sistema di grande interesse teorico e sperimentale è rappresentato dai “random laser”, in cui avviene un’emissione stimolata di radiazione da parte di sistemi disordinati (in questo caso la molteplicità degli stati corrisponde a una molteplicità di spettri di emissione, ognuno dei quali definisce una replica). Grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori italiani (di Roma, Lecce e Bologna), i random laser hanno di recente fornito la prima verifica diretta del meccanismo di rottura della simmetria delle repliche.
C’è un’altra caratteristica distintiva della complessità, su cui vorrei soffermarmi, strettamente legata a quella di cui ho parlato finora. Un sistema complesso è tale che piccoli cambiamenti nella sua dinamica lo fanno passare in uno stato completamente diverso. Questo è un tipico comportamento “caotico”: in senso stretto, i sistemi caotici sono caratterizzati da una forte dipendenza dalle condizioni iniziali. Se queste variano anche di poco, le traiettorie, dopo un certo tempo, saranno completamente differenti. I sistemi complessi si comportano in modo analogo: piccolissime perturbazioni hanno grandi effetti sui loro macrostati. Nel caso dei vetri di spin, per esempio, la fase ordinata può essere estremamente sensibile rispetto alla temperatura, e piccole variazioni di questa possono portare a notevoli cambiamenti macroscopici.
differenza tra un laser tradizionale e un random laser f.
La differenza tra un laser tradizionale e un random laser è che in quest’ultimo il mezzo ottico attivo è un sistema disordinato.
 
Un sorprendente meccanismo di amplificazione dell’input si ha anche nella cosiddetta risonanza stocastica. È il fenomeno che si osserva in alcuni sistemi non lineari caratterizzati da una frequenza caratteristica, quando la presenza di una determinata quantità di rumore produce un’amplificazione del segnale (in altri termini, nella giusta dose, il rumore può esaltare un segnale, invece che coprirlo). Il fenomeno è stato teorizzato per la prima volta all’inizio degli anni ’80 per spiegare un apparente paradosso climatologico. I dati paleoclimatici mostrano che nel corso della storia del nostro pianeta si sono succedute, con un periodo di circa 100.000 anni, delle variazioni di temperatura dell’ordine di 10 °C. Queste variazioni sono correlate con il flusso di energia proveniente dal Sole, che, a causa dell’eccentricità dell’orbita terrestre, ha cicli con un periodo simile (i cosiddetti “cicli di Milanković”). Il problema, però, è che le variazioni dell’energia solare sono troppo piccole per spiegare i cambiamenti di temperatura osservati. Qui entra in gioco la risonanza stocastica. Le dinamiche dell’oceano e dell’atmosfera, che hanno periodi molto più brevi, e che possiamo considerare come un rumore, combinate con i cambiamenti periodici del flusso di energia solare, inducono grandi variazioni della temperatura globale.
Al di là delle applicazioni in climatologia, nel corso degli anni si è capito che la risonanza stocastica è un fenomeno generale, del quale sono state trovate centinaia di manifestazioni e applicazioni (dall’ottica alla chimica, dalla biologia all’economia finanziaria). Una delle più divertenti riguarda una specie di gambero d’acqua dolce, il Procambarus clarkii, che possiede un sistema di recettori in grado di rivelare, mediante il meccanismo della risonanza stocastica, i deboli movimenti d’acqua prodotti dall’avvicinarsi di un predatore.
grafico della temperatura media della superficie terrestr g.
Il grafico della temperatura media della superficie terrestre negli ultimi 400.000 anni mostra cicli di variazioni di 10 oC ogni 100.000 anni circa. (dati EPICA)
 
Tutte queste intersezioni tra diversi ambiti fenomenologici ci fanno capire che uno degli insegnamenti della fisica della complessità è l’importanza della fertilizzazione incrociata dei campi di ricerca, anche apparentemente lontani tra loro. Negli anni ’60 e ’70 gli scambi tra la fisica della materia condensata e la fisica delle alte energie furono importantissimi, e io stesso mi sono avvicinato al metodo delle repliche spinto dalla necessità di risolvere un problema di cromodinamica quantistica, la teoria delle interazioni forti. Furono Gianni Jona-Lasinio e Yoichiro Nambu, nel 1961, a elaborare per la prima volta un modello di fisica delle particelle prendendo a prestito le idee della teoria della superconduttività. Lo stesso Jona-Lasinio ha poi fatto, con Carlo Di Castro, il percorso inverso, applicando alle transizioni di fase le idee del gruppo di rinormalizzazione sviluppate nell’ambito della teoria quantistica dei campi. Questi scambi fecondi sono possibili, perché talvolta le stesse equazioni matematiche descrivono sistemi diversi, cosicché è possibile trasferire da un campo all’altro le tecniche, i risultati e le idee. È ciò che succede nella fisica della complessità: le ricerche sui vetri di spin, in particolare, hanno avuto ripercussioni in numerosissimi ambiti, che spaziano dalla materia granulare all’ottica non lineare, dai fenomeni collettivi alla turbolenza.
Gambero della Louisiana (Procambarus clarkii). h.
Gambero della Louisiana (Procambarus clarkii).
 
Il mondo dei sistemi complessi, come abbiamo visto, è alquanto diverso da quello dei sistemi tradizionalmente studiati dalla fisica fondamentale. Dobbiamo dunque pensare alla complessità come a un paradigma alternativo? Non la vedo così. Credo piuttosto nell’importanza, per un fisico teorico, di avere una ricca “cassetta degli attrezzi”. Feynman raccontava (in “Sta scherzando, Mr. Feynman!”) di aver spesso stupito i suoi compagni di università calcolando certi integrali che loro non erano in grado di calcolare: la ragione è che mentre i suoi amici applicavano senza successo tutti i metodi di calcolo canonici, lui aveva scoperto da qualche parte una tecnica poco nota, ma efficace. “Mi consideravano imbattibile – ricordava – perché la mia cassetta degli attrezzi era diversa dalla loro”.
La cassetta degli attrezzi di un fisico teorico contiene non solo tecniche matematiche, ma anche modellizzazioni, meccanismi, modi di vedere le cose. In questo senso, la scienza della complessità ha straordinariamente arricchito il bagaglio di cui il fisico si serve per descrivere e spiegare il mondo. E – cosa ancora più importante – ha ampliato, in direzioni inaspettate, il nostro sguardo sulla realtà.
 

Biografia
Giorgio Parisi è professore emerito di fisica teorica alla Sapienza Università di Roma e vicepresidente dell’Accademia dei Lincei (di cui è stato presidente dal 2018 al 2021). Nel 2021 è stato insignito del Premio Nobel per la fisica per i suoi studi sui sistemi complessi.

 

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DOI: 10.23801/asimmetrie.2022.32.01
 

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