KM3NeT: immergersi per studiare l'universo

immagine K3mnetC’è un tempo e un luogo per ogni cosa, solo che a volte il luogo non è quello che ci si aspetterebbe, come nel caso di un telescopio costruito diversi chilometri sotto la superficie del mare. Apparentemente, i fondali marini, a causa della loro proverbiale oscurità, potrebbero infatti non sembrare il sito ideale da cui scrutare il cielo. Eppure, la nostra capacità di sondare e studiare l’universo e i corpi che lo compongono non fa affidamento sulle sole informazioni contenute nelle radiazioni visibili all’occhio umano, ma anche in quelle trasportate da messaggeri elusivi in grado di penetrare e superare per lo più indisturbati gli ostacoli. A questa categoria appartengono i neutrini, particelle elementari estremamente diffuse, in quanto prodotte a seguito di tutti i processi di trasformazione nucleare, e dotate di carica nulla e massa molto piccola che interagiscono in maniera limitata con tutta la materia. Per tale ragione, uno dei sistemi che possiamo impiegare per cercare di individuare questi sfuggenti testimoni dei più violenti fenomeni che hanno luogo nel cosmo, quali il collasso delle stelle o l’esplosione di supernovae, è proprio quello di sfruttare come massa sensibile del rivelatore una enorme mole di acqua per aumentare le probabilità di interazione dei neutrini. È questo l’obiettivo del progetto KM3NeT, collaborazione internazionale composta da quasi 60 istituti di ricerca di tutto il mondo che mira a realizzare una vasta rete di rivelatori sottomarini di neutrini posizionati nel Mediterraneo al largo di Tolone (Francia) e di fronte alle coste di Portopalo di Capo Passero, comune situato nella punta meridionale della Sicilia; collaborazione protagonista nel mese di aprile di una complessa campagna marina di interventi volti all’ampliamento di ARCA (Astroparticle Research with Cosmics in the Abyss), la componente italiana del telescopio, di cui l’INFN è capofila nell’ambito di IDMAR, programma finanziato dalla Regione Sicilia per il potenziamento delle infrastrutture di ricerca marittima dell’isola.

 

Protrattesi per una settimana a 80 chilometri al largo di Portopalo di Capo Passero, le operazioni che hanno visto impegnati i ricercatori appartenenti alla collaborazione KM3NeT si sono svolte a bordo della nave Miss Marilene Tide, da cui sono state calate in mare, a 3500 metri di profondità, cinque nuove stringhe di rivelatori del telescopio, contenute all’interno in un’intelaiatura sferica, per poi essere dispiegate dopo essere state ancorate al fondale. Le stringhe sono infine state collegate a una nuova junction box (struttura per erogare potenza elettrica e permettere le connessioni sottomarine), la cui installazione e il cui collegamento tramite un cavo elettro-ottico lungo 100 km al laboratorio dell’INFN situato all’interno del porto del Comune di Portopalo di Capo Passero sono stati effettuati nella prima fase della campagna.

 

Nella sua configurazione finale, l’apparato KM3NeT/ARCA prevede una rete di oltre duecento stringhe di rivelazione. Ciascuna di queste è alta 700 m e comprende 18 moduli ottici, equipaggiati con sensori di luce ultra-sensibili in grado di registrare, nel buio più profondo degli abissi del Mar Mediterraneo, i debolissimi lampi di luce generati dalle particelle prodotte dalle interazioni dei neutrini cosmici con l’acqua. In totale, le stringhe di rivelazione attualmente in funzione sono sei. Queste rappresentano il nucleo iniziale del telescopio per neutrini KM3NeT/ARCA. In aggiunta alle sei già in operazione in ORCA (Oscillation Research with Cosmics in the Abyss), la controparte francese del telescopio, esse consentono a KM3NeT di superare la sensibilità dell’apparato predecessore ANTARES, in presa dati dal 2008 e anche questo realizzato con un forte contributo italiano.

 

I motivi che giustificano la realizzazione di un apparato rivelatore come KM3NeT hanno a che vedere con le proprietà dell’elemento nel quale il telescopio è immerso. Al fine di individuare il segnale del passaggio di neutrini cosmici, l’acqua - soprattutto quella marina - offre infatti, grazie alle sue proprietà, tre fondamentali vantaggi: rappresenta un bersaglio per l’interazione dei neutrini, a seguito della quale possono essere generati muoni; costituisce un rivelatore naturale per l’individuazione di queste particelle secondarie, la cui comparsa nell’acqua comporta la produzione di un cono di luce direzionale sulla base del cosiddetto effetto Cherenkov; funge infine da schermo per i muoni atmosferici che provengono dall’alto e che potrebbero quindi accecare i rivelatori del telescopio.

 

Oltre alle ragioni appena citate, il telescopio KM3NeT, che una volta completato raggiungerà un’estensione complessiva di un chilometro cubo (da qui il nome del progetto) integrerà le osservazioni di IceCube, l’altro grande telescopio dedicato alla rivelazione di queste particelle installato nei ghiacci del Polo Sud. “Questa campagna marina rappresenta un punto di svolta per il progetto – dice Giorgio Riccobene dei Laboratori Nazionali del Sud – già con alcune decine di stringhe potremo iniziare a verificare i risultati di IceCube e, successivamente, avviare la ricerca di sorgenti galattiche di neutrini ad alta energia”. KM3NeT, situato nell’Emisfero Nord, avrà infatti una migliore capacità di identificare i neutrini provenienti dalle regioni centrali della Galassia rispetto a IceCube: questi, infatti, arrivano dalla parte opposta, attraversando quindi prima tutta la Terra, che funge così da filtro per i muoni atmosferici.

 

Il centrale contributo fornito dall’INFN al progetto ARCA/KM3NeT si inserisce nella lunga e importante tradizione dell’Istituto nel campo di ricerca strategico dedicato alla rivelazione e allo studio dei neutrini, inaugurato oltre trent’anni fa con la costruzione dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. A dimostrazione delle riconosciute capacità scientifiche e tecnologiche possedute dall’INFN in questo ambito di ricerca, il ruolo svolto nella campagna marina di ampliamento di aprile. Le cinque stringhe e la junction box sono infatti state realizzate e messe in funzione grazie al contributo dei Laboratori Nazionali del Sud e delle sezioni INFN di Bari, Bologna, Catania, Genova, Napoli, Roma e del gruppo collegato di Salerno, che hanno portato a termine l’impresa nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia. “Questa campagna marina – commenta Simone Biagi, ricercatore dei Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN e site manager per KM3NeT-Italia, che ha fatto parte della squadra che ha gestito l’operazione a bordo della nave – ha dimostrato la capacità di progettare, realizzare e installare a grandi profondità marine sistemi complessi di controllo e comunicazione dei dati grazie allo sviluppo di tecnologie innovative e alla collaborazione col sistema industriale siciliano, italiano ed europeo”.

 

Giacomo Cuttone, dirigente di ricerca dei LNS e coordinatore scientifico del progetto IDMAR, finanziato dalla Regione Siciliana, sottolinea infine “che la campagna marina è anche il frutto della attenzione che la Regione sta riponendo verso il potenziamento delle Infrastrutture di ricerca presenti in Sicilia con il finanziamento per l’ampliamento delle dotazioni scientifiche, tecnologiche ed infrastrutturali.” Grazie a KM3NeT si è inoltre sviluppata una importante collaborazione con INGV e CNR nel campo della ricerca marina con particolare riferimento alla geofisica, vulcanologia e biologia marina. “L’ambizioso obiettivo che i tre enti di ricerca con la Regione Siciliana si stanno proponendo è quello di realizzare nel Mar Mediterraneo il più grande laboratorio di ricerca marina capace di studiare in modo integrato e sinergico la terra, il mare e l’universo”, conclude Cuttone. [Matteo Massicci]

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