Faglie e terremoti
La crosta terrestre come sistema complesso
di Lucilla de Arcangelis ed Eugenio Lippiello

Visione aerea della faglia di San Andreas in Californiaa.
Visione aerea della faglia di San Andreas in California, lunga più di 1200 km e profonda fino a 15 km. Essa rappresenta il confine tettonico tra la placca nordamericana e quella pacifica.
Il sistema climatico terrestre è probabilmente uno dei sistemi più complessi studiati dalla scienza odierna. Siamo abituati a pensare al clima come a un semplice alternarsi di eventi meteorologici: giorni di pioggia, di sole, di vento intenso, e così via. In realtà, il comportamento del sistema climatico è regolato da complesse interazioni fra molteplici componenti di per sé complesse: atmosfera, oceani, biosfera, criosfera, chemosfera, litosfera e, dall’inizio dell’era industriale, il cosiddetto “Antropocene”, l’antroposfera, forse la più complessa e imprevedibile di tutte le componenti del sistema (vd. fig. a). Lo studio del clima, quindi, richiede un approccio molto interdisciplinare. 
Ma perché è così difficile capire il comportamento del sistema climatico? Perché questo comportamento è altamente caotico e non lineare, come illustrato dall’ormai famoso “effetto farfalla”, introdotto dal fisico Edward Lorenz (vd. Dalla farfalla ai tornado, ndr). Egli mostrò come, data la natura altamente non-lineare delle equazioni che regolano la dinamica dell’atmosfera, piccole perturbazioni (come lo sbattere d’ali di una farfalla in Amazzonia) possano innescare una concatenazione di eventi tale da generare fenomeni meteorologici su larga scala (come un uragano nel golfo del Messico), in maniera apparentemente casuale e non prevedibile. Quello di Lorenz è solo un esempio illustrativo – ci vuol ben altro che un battito d’ali di farfalla per generare un uragano – però serve a introdurre il concetto del caos e della non-linearità. È proprio questo comportamento caotico che pone un limite teorico di circa dieci giorni alla previsione meteorologica. 
Ma ci sono altri casi di comportamento complesso e non-lineare, che coinvolgono diverse componenti del sistema climatico. Per esempio, i cosiddetti processi di “feedback” (o “retroazione”), cioè fenomeni che, una volta innescati, si autoalimentano e crescono, fino a diventare possibilmente irreversibili. Un esempio è il feedback dell’albedo del ghiaccio. Il ghiaccio e la neve hanno una riflettività (“albedo”) della radiazione solare molto alta, dal 70 al 90%. Se l’aumento delle temperature provoca una fusione di neve e ghiaccio, viene scoperta la superficie sottostante, che ha un’albedo più bassa.
Numero di aftershock registrati giornalmente dopo il terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009b.
Numero di aftershock registrati giornalmente dopo il terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009. I diversi colori indicano diversi intervalli di magnitudo (adattamento da dati INGV).
 
Quindi viene assorbita in superficie più radiazione solare, che riscalda la superficie stessa, provoca un’ulteriore fusione di ghiaccio e così via. Questo è un feedback “positivo”, perché tende ad amplificare la perturbazione iniziale. Esistono anche dei feedback “negativi”, per esempio legati a modifiche della copertura nuvolosa. Per avere un’idea dell’importanza del feedback del ghiaccio, e della sua natura caotica, si pensi che esso è una delle cause principali della grande diversità fra le caratteristiche dei periodi glaciali e interglaciali che si sono alternati nel corso degli ultimi due milioni di anni, caratteristiche come l’estensione delle calotte polari e dei grandi ghiacciai, che poi influenzano le temperature globali, le circolazioni oceaniche e il livello del mare.
Ci sono poi i cosiddetti “comportamenti di soglia”, cioè quei fenomeni che, una volta superate determinate soglie, diventano essenzialmente irreversibili. Un esempio è quello della fusione dei ghiacci della Groenlandia (vd. fig. b), che sta avvenendo a ritmi sempre crescenti in risposta al riscaldamento globale. Se le temperature atmosferiche superassero una determinata soglia, la fusione dei ghiacci della Groenlandia proseguirebbe in maniera inarrestabile. Alcuni lavori scientifici sostengono che siamo già vicini a questa soglia, e che quindi nel corso di qualche centinaio di anni i ghiacci della Groenlandia potrebbero interamente fondere, portando a un innalzamento del livello del mare di oltre sette metri, con conseguenze chiaramente devastanti per le aree costiere. 
La complessità, quindi, gioca un ruolo fondamentale nel comportamento del clima e nella sua risposta a perturbazioni esterne, come quelle prodotte dall’aumento delle concentrazioni di gas serra derivanti da attività umane, in particolare l’anidride carbonica emessa dall’uso di combustibili fossili. Oggi sappiamo che il riscaldamento globale dovuto alle emissioni di gas serra è una realtà (poco più di 1 °C negli ultimi 120 anni), che verosimilmente ci accompagnerà durante tutto il XXI secolo, se non molto oltre. Ma è lecito chiedersi: se non riusciamo a prevedere l’evoluzione del meteo per più di una decina di giorni, come possiamo prevedere il comportamento del clima per i prossimi 100 anni? Infatti, questo è impossibile, almeno nel senso comune che si dà al termine “previsione” in meteorologia. Del resto, non si può prevedere neanche il futuro delle emissioni di gas serra, che dipende da quello che sarà lo sviluppo socioeconomico nelle prossime decadi. Si possono però fare delle ipotesi plausibili, o scenari, di emissioni, immetterli nei modelli climatici e simulare come il clima possa rispondere in maniera statistica a questi scenari. A questo processo si dà il nome di “proiezione” (piuttosto che “previsione”) climatica.
La fig. c presenta le temperature globali “proiettate” dai modelli climatici per la fine del XXI secolo in due scenari di emissione, mostrandole in relazione all’andamento delle temperature globali degli ultimi 11.500 anni, il cosiddetto “Olocene”. Questo è l’ultimo periodo interglaciale durante il quale un clima particolarmente stabile ha consentito alla civiltà umana di svilupparsi. I due scenari sono uno consistente con lo scenario previsto dall’Accordo di Parigi del 2015 (riscaldamento di
2 °C rispetto ai valori pre-industriali) e lo scenario “business as usual”, il più pessimistico, che porterebbe secondo le proiezioni a 4-5 °C di riscaldamento. È chiaro che, anche nello scenario più ottimistico, rischiamo di dare al sistema climatico terrestre una perturbazione di entità e velocità tali che il pianeta probabilmente non ha mai sperimentato durante i periodi caldi dell’ultimo milione di anni. La risposta di questo sistema, così complesso e interconnesso, è molto difficile da prevedere. Quali feedback verranno innescati? Quali soglie verranno superate? Come risponderà la biosfera? E l’antroposfera? Queste sono alcune delle difficili domande che si prospettano davanti alla comunità scientifica.
Si può dire che siamo sull’orlo di “un salto climatico nel buio”, le cui conseguenze potrebbero essere devastanti, non tanto per il pianeta, che in passato ha visto eventi anche più estremi, ma per la società come oggi la conosciamo, che la crisi pandemica ci ha mostrato come sia estremamente vulnerabile. Evitare questo salto è una delle più grandi sfide che oggi si pone davanti, non solo alla comunità scientifica, ma all’intera società civile. 
 Rappresentazione schematica del modello di faglia sismicac.
Rappresentazione schematica del modello di faglia sismica.
Il piano di faglia è modellizzato come un’interfaccia elastica costituita da masse collegate tramite molle e tirate da una forza nella direzione x che cresce con velocità costante nel tempo (spinta tettonica). Il piano interagisce in modo visco-elastico (pistoncini) con la parte sottostante della crosta terrestre (l’astenosfera).

 

Biografia

Lucilla de Arcangelis è professore di fisica teorica presso l’Università della Campania “L. Vanvitelli”. I suoi interessi di ricerca spaziano dalla percolazione ai frattali, dagli automi cellulari agli spin glass e ai modelli per frattura e gelificazione. Recentemente, ha concentrato la sua ricerca sulle proprietà statistiche dell’accadimento di terremoti ed eruzioni solari e sulle proprietà critiche dell’attività cerebrale spontanea.

 

Eugenio Lippiello è professore di fisica teorica presso l’Università della Campania “L. Vanvitelli”. I suoi interessi di ricerca sono nell’ambito della meccanica statistica del non equilibrio, con applicazioni a sistemi complessi, mezzi granulari e valutazione della pericolosità sismica.


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DOI: 10.23801/asimmetrie.2022.32.8
 

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