[as] radici
Quella volta a Cape Canaveral…
di Lorenzo Pinna
divulgatore scientifico di Quark e Superquark
Piero Angela non è stato soltanto un grande giornalista, un grande divulgatore, come viene spesso ricordato dopo la sua scomparsa, ma anche un grande intellettuale. Una persona cioè che aveva un grande progetto culturale per il nostro paese, l’Italia. In tempi di grandi trasformazioni innescate dalle scoperte scientifiche e dalle innovazioni tecnologiche, spesso è difficile tenere il passo, comprendere e adeguarsi ai cambiamenti. L’idea di Piero era che il nostro paese avesse un gravissimo ritardo culturale a entrare nella modernità; cioè un deficit nella capacità di comprendere quelli che sono oggi i veri acceleratori dello sviluppo: educazione, conoscenza, competenza, flessibilità, innovazione, capacità progettuale, ecc. Tutte cose importanti anche in passato, ma che oggi sono ormai assolutamente necessarie. Non comprendere queste connessioni (e trarne le conseguenze) vuol dire tagliare le gambe allo sviluppo. La grande missione di Piero è stata proprio quella di favorire questo cambiamento culturale con i suoi programmi, i suoi libri e le sue innumerevoli iniziative. Ma come nasce, giornalisticamente, Piero Angela? Non come giornalista scientifico, ma come corrispondente dall’estero, soprattutto dalla fine degli anni ’50 agli anni ’60 del secolo scorso. Era il periodo turbolento della decolonizzazione e Piero, che si trovava a Parigi come corrispondente della RAI, seguì da vicino le vicende della guerra d’Algeria. Fu in Israele durante la guerra dei sei giorni. In Yemen, ad Aden, ormai abbandonata dagli inglesi. O in Iraq per un reportage sulla produzione di petrolio. O in Vietnam durante le fasi più intense della guerra. Fu anche il corrispondente da Bruxelles e il testimone dei turbolenti inizi della Comunità Europea. Un lavoro davvero avventuroso nei centri nevralgici della storia dell’epoca. A questo punto ci possiamo chiedere: da dove arriva l’interesse di Piero, o meglio la sua passione, per la divulgazione scientifica? L’“illuminazione” avviene durante le corrispondenze dagli Stati Uniti per il progetto Apollo. Il progetto che avrebbe portato nel luglio del 1969 il primo uomo sulla Luna. L’incontro con tanti scienziati e ingegneri, fra i quali anche il leggendario Werner Von Braun, il padre del gigantesco razzo Saturno V, alto 110 metri, le visite ai centri della NASA, alle basi di lancio come Cape Canaveral, rappresentano il punto di svolta: la comprensione che la scienza e la tecnologia sono oggi il motore delle società moderne e lo saranno sempre di più in futuro. Ma c’è anche un altro momento molto importante in questa esperienza di corrispondente dalla NASA. Non è il primo passo sulla Luna di Neil Armstrong, ma la missione dell’Apollo 8 che non prevedeva nessuno sbarco, ma solo un’orbita intorno alla Luna per poi tornare sulla Terra. La prova generale. Durante la missione dell’Apollo 8 gli astronauti puntarono la telecamera verso la Terra che apparve, in bianco e nero, come un puntino luminoso perso nell’oscurità del cosmo. Un pianeta protetto da un sottilissimo strato di atmosfera che ci tiene in vita e sfreccia a 100mila chilometri all’ora intorno al Sole. “E sotto quel sottilissimo velo – come scriveva Piero Angela – ci sono gli uomini che continuano a scontrarsi, a insultarsi e a combattersi. Ecco: lo spazio ci aiuta anche a capire quanto siamo insignificanti e quanto sia prezioso il nostro piccolo angoletto”. È forse l’immagine della Terra come granellino sperduto nell’immensità del cosmo che ispira a Piero alcuni dei programmi più significativi che realizzerà nel corso degli anni ’70 e che riguardano proprio il tema, oggi diremmo, della sostenibilità.
Nei primi anni ’70 il Club di Roma fondato da un grande manager, Aurelio Peccei, pubblica il famoso rapporto del MIT sui limiti della crescita. La scienza si comincia a porre numerosi interrogativi sui consumi di energia, sull’esplosione della popolazione, sulle risorse alimentari, sulle sostanze inquinanti che la enorme massa di attività umane riversa nel sottilissimo velo dell’atmosfera. Piero Angela è uno dei primi a spiegare a fondo le tesi del Club di Roma con un programma del 1973 che si intitola “Dove va il mondo?”. Ma l’incontro con lo “spazio”, durante il progetto Apollo, riserva altre sorprese e altre riflessioni. In particolare sull’importanza della scuola, dell’educazione e del merito. La prima volta che Piero arrivò a Cape Canaveral, sfogliando l’elenco dei funzionari della NASA, vide un nome italiano, Rocco Petrone, con una posizione molto importante: il direttore del lancio! Come ci racconta lo stesso Piero: “Presi appuntamento e lo incontrai. Quando gli chiesi se fosse di origine italiana mi rispose testualmente: ’Sugnu du paese de Sasso de Castalda in provincia de Putenza!’ Mi raccontò che era figlio di emigrati poveri arrivati in America per fare fortuna. La sua è una storia molto esemplare, che dovrebbe far riflettere. Suo padre morì quando lui era ancora piccolo. La madre lavorava come operaia in una fabbrica di guanti e fece ogni genere di sacrificio per farlo studiare. Rocco era un ragazzo molto intelligente e riuscì a vincere un concorso per entrare all’Accademia militare di West Point. E in seguito a laurearsi in ingegneria spaziale al prestigioso MIT di Boston. Se fosse rimasto nel suo paesino, Rocco Petrone sarebbe diventato probabilmente un bravo contadino: in una società che premia il merito era invece diventato l’uomo che dirigeva il lancio per la conquista della Luna. Non solo, ma in seguito fu nominato capo di tutte le missioni Apollo”.