[as] intersezioni
Imaging quantistico
di Milena D’Angelo
fisica sperimentale della materia

Fotografia plenottica quantisticaa.
La fotografia plenottica quantistica consente di ampliare la profondità di campo dell’immagine acquisita, senza perdere risoluzione. La strategia si basa sull’utilizzo della luce correlata, proveniente dalla scena di interesse: un divisore di fascio consente di inviare su due sensori ad alta risoluzione la luce proveniente dalla scena, che ha attraversato la lente. I due sensori, presi separatamene, riproducono l’immagine a fuoco di due piani diversi della scena tridimensionale. La misura di correlazioni spazio-temporali tra le fluttuazioni di intensità misurate dai due sensori consente di recuperare l’informazione plenottica utile a ricostruire l’intera scena tridimensionale.
Se i computer quantistici promettono una rivoluzione, la fotografia quantistica non è da meno. Siamo abituati a scattare fotografie puntando al soggetto che ci interessa, e siamo costretti a cancellare le fotografie sfocate. Grazie all’imaging quantistico, invece, si possono progettare macchine fotografiche capaci di scattare la stessa fotografia, ma puntando alla sorgente luminosa che illumina il soggetto della fotografia, e non più puntando al soggetto stesso. In questo modo potremmo osservare anche soggetti che non sono facilmente accessibili. Possiamo anche progettare apparati fotografici che consentano di rimettere a fuoco, a posteriori, soggetti che nello scatto sono risultati sfocati. Tutto questo, utilizzando la tecnologia dell’imaging “plenottico” quantistico, che avviene senza perdita di risoluzione e con una profondità di campo altrimenti irraggiungibile.
Non solo macchine fotografiche, ma qualunque altro dispositivo per la ricostruzione di immagini può utilizzare questa tecnologia quantistica, da un microscopio a una telecamera per droni, satelliti, automobili e cellulari, da un endoscopio o un oftalmoscopio a un dispositivo per l’ispezione industriale. Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma, reso possibile dalla ricchezza delle informazioni che possono essere codificate nelle correlazioni quantistiche della luce e di qualsiasi tipo di radiazione, anche di natura non elettromagnetica. La particolarità di questo tipo di correlazioni è legata all’entanglement, cioè la proprietà per cui, in un sistema formato da più parti, lo stato di ogni singola parte può essere indeterminato, anche quando lo stato del sistema complessivo è ben definito. Questa peculiarità della teoria quantistica è talmente estranea alla nostra intuizione di persone che vivono in un mondo “classico”, da essere stata al centro di decennali dibattiti, fin dagli albori della meccanica quantistica. Solo alla fine del secolo scorso i fisici hanno intuito che proprio questi aspetti controintuitivi potevano essere in grado di generare una rivoluzione tecnologica, oggi nota come seconda rivoluzione quantistica.
Fotografia dell’apparato sperimentale di imaging plenottico quantistico basato su fotoni entangledb.
Fotografia dell’apparato sperimentale di imaging plenottico quantistico basato su fotoni entangled, messo a punto nel Laboratorio di Tecnologie Ottiche Quantistiche 2.0 del Dipartimento Interateneo di Fisica dell’Università e del Politecnico di Bari e della sezione dell’INFN di Bari.
 Nel contesto dell’imaging quantistico, l’utilizzo di fasci di luce correlati in posizione e in quantità di moto consente di riprodurre le cosiddette “immagini fantasma”: uno dei due fasci investe l’oggetto di interesse e viene rivelato da un sensore a singolo pixel. Questo sensore fa scattare un secondo sensore, dotato di risoluzione spaziale, che semplicemente punta alla sorgente, ossia rivela la luce che non ha investito il soggetto. Il fenomeno è stato dimostrato utilizzando, inizialmente, fotoni entangled e successivamente anche luce termica, o caotica. Le correlazioni spaziotemporali intrinseche alla luce caotica sono alla base della cosiddetta “interferometria di intensità”, dimostrata per la prima volta nello storico esperimento di Hanbury-Brown e Twiss e successivamente spiegata nel quadro di riferimento dell’ottica quantistica da Roy J. Glauber, padre dell’ottica quantistica e Nobel per la Fisica (2005).

Il gruppo di Tecnologie Ottiche Quantistiche 2.0 dell’Università degli Studi di Bari ha esplorato questo fenomeno fino alle sue estreme conseguenze, realizzando dispositivi capaci di utilizzare le correlazioni della luce per ottenere le immagini plenottiche quantistiche, o “a correlazione”, che contengono informazioni sia sulla distribuzione dell’intensità luminosa all’interno della scena di interesse sia sulla direzione di propagazione della luce. La ricchezza delle informazioni acquisite da un dispositivo plenottico a correlazione consente di modificare, a posteriori, il piano di messa a fuoco all’interno dello scatto e di ricostruire l’immagine tridimensionale del soggetto con risoluzioni senza precedenti. La tecnica, protagonista ad oggi di sei brevetti internazionali dell’Università degli Studi di Bari e l’INFN, è stata inizialmente sviluppata nel contesto della microscopia e sta destando l’interesse di medici e biologi, che ambiscono a disporre di microscopi ultra-veloci, per l’osservazione ad alta risoluzione di campioni tridimensionali spessi e di fenomeni dinamici. Nell’ambito biomedico, le tecniche di imaging quantistico potrebbero portare anche a dispositivi a raggi X che permetterebbero, sfruttando le correlazioni, una sostanziale riduzione della dose rilasciata al paziente durante una radiografia, mantenendo al tempo stesso un’alta risoluzione volumetrica e un basso rumore. Diverse società dei settori aerospazio e difesa hanno avviato proficue collaborazioni con università ed enti di ricerca per sviluppare competenze e know-how in questo settore, mirando allo sviluppo di dispositivi di imaging quantistico per applicazioni nell’ambito della sicurezza e dell’osservazione della Terra dallo spazio. In questi contesti, risultano di particolare interesse le nuove possibilità offerte dall’imaging quantistico di spingere le prestazioni fino ai limiti di risoluzione volumetrica e di rumore imposti dalla fisica, ma anche di osservare oggetti nascosti, o “dietro l’angolo”. Di particolare interesse sono i dispositivi quantistici di acquisizione di immagini “iperspettrali”, che promettono di fornire, con un solo scatto e senza perdita di risoluzione, un’elevatissima quantità di immagini di uno stesso soggetto a diverse lunghezze d’onda, consentendo enormi progressi in settori come l’agricoltura, il monitoraggio ambientale, la gestione dei rifiuti.

 
 

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