Rotture spontanee
Simmetrie da premio Nobel

di Massimo Testa


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Peter Higgs (il secondo a sinistra) e Francois Englert (a destra) durante la cerimonia ufficiale di premiazione del Nobel a Stoccolma il 10 dicembre scorso.

8 ottobre 2013, quasi 50 anni dopo l’annus mirabilis: grande fermento nel mondo della fisica delle particelle, per l’annuncio del Nobel della fisica conferito a Peter Higgs e al suo collega Francois Englert per la “scoperta teorica del meccanismo che contribuisce alla comprensione dell'origine delle massa delle particelle subatomiche confermato recentemente (il 4 luglio 2012, ndr) al Large Hadron Collider dagli esperimenti Atlas e Cms”. L’ideazione di questo meccanismo coinvolge la rottura di una simmetria. Vediamo di che si tratta.

Le simmetrie sono un fondamentale strumento di esplorazione della fisica moderna. Una simmetria è un’operazione eseguita su un sistema fisico, che trasforma uno stato possibile del sistema in un altro stato possibile. Per illustrare il concetto di simmetria ricorriamo a un esempio concreto. Immaginiamo di considerare un sistema meccanico: possiamo pensare, ad esempio, a un orologio, un oggetto, cioè, capace di mantenere un movimento uniforme (il moto delle lancette), quando sia collocato in qualunque posizione nello spazio e nel tempo. Il moto delle lancette dell’orologio, come quello di qualsiasi sistema meccanico isolato, in cui cioè l’influenza dell’ambiente esterno sia trascurabile, risulta essere invariante rispetto a due simmetrie fondamentali: la simmetria sotto traslazioni spaziali e la simmetria sotto traslazioni temporali.

L’invarianza rispetto alle traslazioni spaziali, ad esempio, si manifesta nel fatto che il moto dell’orologio non viene influenzato, se esso viene collocato in un luogo diverso. Questa è la proprietà fondamentale che determina l’utilità dell’orologio come misuratore del tempo: dieci minuti in un luogo hanno la stessa durata di dieci minuti in un altro luogo.

Queste proprietà di invarianza, che a prima vista possono sembrare ovvie, implicano le ben note leggi di conservazione. La simmetria sotto traslazioni spaziali porta alla conservazione della quantità di moto, mentre un’analoga simmetria sotto traslazioni temporali porta alla conservazione dell’energia. Siamo in presenza di una proprietà molto generale, sintetizzata dal teorema di Emmy Noether (vd. in Asimmetrie n. 11 [as] radici: Emmy Noether, simmetrie e leggi di conservazione., ndr): ad ogni trasformazione continua di simmetria corrisponde in fisica una legge di conservazione.

Non tutte le simmetrie di interesse fisico, tuttavia, sono così facilmente visualizzabili come le traslazioni spaziotemporali. La conservazione della carica elettrica, ad esempio, deriva da una simmetria che può essere descritta solo in termini matematici astratti. Strettamente collegata al concetto di simmetria è l’idea della rottura spontanea di simmetria, cioè di una simmetria che viene violata in termini “dinamici”. Una rottura spontanea consiste nel fatto che lo stato di energia minima di un sistema (il cosiddetto stato fondamentale) ha un livello di simmetria inferiore di quello delle forze che lo generano. Un esempio classico è fornito da una sbarra elastica, compressa da una forza che agisce lungo il suo asse (vd. fig. b). La simmetria di cui parliamo in questo esempio è costituita dalle rotazioni intorno all’asse della sbarra. Se la compressione applicata alla sbarra si mantiene al di sotto di un certo limite, la sbarra elastica si accorcerà leggermente sotto l’azione della forza e quindi la sua posizione di equilibrio continuerà a essere simmetrica sotto rotazioni. Se, tuttavia, la forza di compressione supera una certa soglia, la sbarra si piegherà e ci troveremo così in presenza di un numero infinito di stati di equilibrio equivalenti, non invarianti sotto una rotazione, ma tali che una rotazione li trasformi uno nell’altro: in questa situazione lo stato fondamentale non è simmetrico, cioè non è invariante sotto rotazioni, benché la forza che ha generato questa rottura di simmetria sia di per sé simmetrica rispetto alla rotazione.

Il concetto di rottura spontanea di simmetria nasce nell’ambito degli studi sulla struttura della materia, in particolare nella teoria dei sistemi come l’elio liquido che, a bassissime temperature, esibisce il fenomeno della superfluidità, ed è un'idea basilare nella spiegazione della superconduttività. L ’estensione di questo meccanismo alla fisica delle particelle si deve ai lavori di Giovanni Jona-Lasinio, Yoichiro Nambu e Jeffrey Goldstone del 1961 (vd. Fertili analogie, ndr), in cui venne mostrato come, in conseguenza di una rottura spontanea, siano necessariamente presenti, nella teoria in esame, particelle a massa nulla, i cosiddetti bosoni di Goldstone. Siccome l’unica particella di massa nulla in natura è il fotone, inizialmente questo meccanismo fu poco considerato come base per nuovi modelli di particelle elementari, perché avrebbe introdotto particelle non esistenti in natura.

b.
A sinistra, una sbarra elastica non soggetta a forze è simmetrica per rotazioni intorno al suo asse (tratteggiato). Al centro, sottoposta a una leggera pressione, la sbarra rimane simmetrica rispetto a una rotazione. A destra, invece, se la forza è molto elevata, la sbarra si piega e lo stato di equilibrio che si stabilisce non è più simmetrico rispetto a una rotazione.
c.
Jeffrey Goldstone intorno al 1980.
Fu poi riesumato, quasi simultaneamente, nella teoria della materia condensata nel 1963 da Philip Warren Anderson e nella fisica delle particelle nel 1964 da Peter Higgs, all’Università di Edimburgo, e dai belgi Francois Englert e Robert Brout. I futuri premi Nobel (ad eccezione di Brout, morto nel 2011, ndr) ipotizzarono questo meccanismo in presenza di forze a lungo raggio, dovute a cosiddetti campi di gauge, di cui il fotone è l’esempio più elementare. I campi di gauge possono assorbire i bosoni di Goldstone conseguenti alla rottura spontanea, dando luogo a particelle di spin (momento angolare intrinseco) 1 e massa diversa da zero (a differenza del fotone, che ha massa nulla). Questo fenomeno, che ha un carattere generale, è divenuto noto nella letteratura scientifica come meccanismo di Higgs.
Una delle caratteristiche fondamentali delle particelle elementari è la loro massa, ossia la quantità che ne regola il comportamento meccanico quando vengono sottoposte a forze. In una teoria compatibile con la relatività ristretta possono esistere anche particelle a massa nulla, che devono muoversi alla velocità della luce. Una teoria delle particelle fondamentali dovrebbe essere in grado di prevederne tutte le proprietà, tra cui, in particolare, la massa. Basandosi sul meccanismo di Higgs e su importanti contributi alla teoria delle interazioni deboli da parte di Sheldon Lee Glashow, Steven Weinberg e Abdus Salam nel 1967 formularono la teoria del modello standard, ossia quella che oggi è la teoria più accreditata sulle proprietà delle particelle e delle loro interazioni. Nel modello standard si prendono le mosse dalla cosiddetta simmetria chirale che richiede che tutte le particelle fondamentali siano a massa nulla. Data l’assenza in natura di particelle di massa nulla, la simmetria chirale viene violata grazie al meccanismo della rottura spontanea e porta a una situazione in cui la massa delle particelle può essere diversa da zero. I bosoni di Goldstone, inizialmente a massa nulla, si combinano grazie al meccanismo di Higgs con i bosoni di gauge, anch’essi inizialmente a massa nulla, dando origine a particelle vettoriali (ossia di spin 1) aventi massa, a eccezione del fotone, la cui massa rimane zero. Questa sequenza di passaggi matematici realizza il meccanismo di Higgs e l’unica traccia che rimane alla fine di questo percorso teorico, è il bosone di Higgs, la cui esistenza è stata confermata nel 2012 dagli esperimenti Atlas e Cms al Cern di Ginevra.

Biografia
Massimo Testa lavora nel campo della fisica teorica delle alte energie. Ha compiuto ricerche presso vari centri internazionali come il Cern di Ginevra, il California Institute of Technology, l’Ecole Normale e l’Ecole Polytechnique di Parigi. È professore ordinario dal 1986, prima all’Università di Lecce e dal 1990 presso la Sapienza, Università di Roma.

 


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