Particelle in cerca di identità
Metodi per identificare le particelle

di Sara Pirrone e Giuseppe Politi

 

moduli dell’apparato Farcos a.
Foto di alcuni moduli dell’apparato Farcos, un rivelatore basato sull’utilizzo simultaneo di varie tecniche di identificazione, montati presso i Laboratori Nazionali del Sud. Farcos viene utilizzato per lo studio di reazioni nucleari fra ioni pesanti alle energie intermedie. È un rivelatore modulare, costituito da vari telescopi, ognuno con due rivelatori a silicio di diverso spessore (300 μm e 1500 μm), seguiti da rivelatori a scintillazione, con i quali è possibile applicare le tecniche di perdita di energia, tempo di volo e analisi in forma.
Non esistono strumenti ottici che ci consentono di “vedere” nuclei e particelle e il loro studio avviene quindi sempre in maniera indiretta, per esempio osservando le collisioni nucleari in cui particelle e nuclei sono prodotti. Per far questo abbiamo bisogno di acceleratori (vd. Megamacchine per il microcosmo, ndr) e rivelatori di particelle.
I rivelatori ci permettono sia di catturare, e quindi contare, tutte le particelle emesse nella reazione, sia di misurarne, in vario modo, energia, velocità e quantità di moto. A tale scopo le particelle interagiscono con opportune sostanze in vari stati fisici (solido, liquido, gassoso), producendovi segnali di vario genere (fotoni, elettroni, ioni, lacune) che vengono poi tradotti in segnali elettrici legati all’energia, totale o parziale, rilasciata nella sostanza. L’interazione permette anche di tracciare le traiettorie percorse dalle particelle cariche (vd. Disegnare percorsi invisibili, ndr), per ricostruire il cammino che hanno compiuto dall’istante in cui sono state prodotte sino alla loro rivelazione, e per misurare il raggio di curvatura in un eventuale campo magnetico appositamente generato nella regione attraversata.
La misura di tali grandezze specifiche delle particelle permette quindi di identificarle e dare loro un’identità, individuandone la carica e la massa. Per identificare le particelle esistono diverse tecniche, sviluppate e affinate nel corso degli anni, per ottenere informazioni sempre più precise. Queste tecniche sono fortemente dipendenti dalla reazione analizzata e permettono di identificare diverse classi di particelle e in differenti intervalli energetici. Per questo distinguiamo tecniche specifiche delle energie basse e intermedie o delle alte energie.
Una prima tecnica è quella della perdita di energia, che si ottiene utilizzando un rivelatore di spessore noto in cui la particella perda solo una parte della sua energia. Questa perdita di energia è una quantità misurabile e dipende dalla carica al quadrato e dalla massa. Incrociando questa informazione con l’energia delle particelle o la quantità di moto è possibile distinguere, entro certi limiti, i vari nuclei in funzione del loro numero atomico nel primo caso e le particelle subatomiche con carica unitaria in ragione della loro massa nel secondo.
La tecnica del tempo di volo, invece, si basa sulla possibilità che i sistemi di rivelazione hanno di fornire gli istanti di passaggio delle particelle in due punti definiti delle loro traiettorie, la cui differenza costituisce il cosiddetto “tempo di volo”. La misura di questo intervallo di tempo fornisce, nota la lunghezza della traiettoria percorsa, la misura diretta della velocità, che permette poi di risalire alla massa della particella, partendo dalla relazione cinematica con l’energia cinetica o con la quantità di moto, misurate separatamente da altri rivelatori. Anche in questo caso, quindi, è possibile distinguere i vari nuclei e le particelle subatomiche in funzione della loro massa.
La misura del tempo di volo permette anche di distinguere in alcuni casi i fotoni gamma, che procedono alla velocità della luce, dai neutroni, che hanno invece una minore velocità.
Un altro fenomeno di interazione delle particelle con la materia, utilizzato nei processi identificativi, è quello che avviene nei cosiddetti scintillatori. In queste sostanze l’energia rilasciata dalle particelle si trasforma in un segnale di luce, la cui forma, per particolari scintillatori, dipende dalla carica e dalla massa della particella rivelata. Studiando la forma dei segnali come, ad esempio, il rapporto tra la loro parte rapida e quella lenta, è quindi possibile separare protoni, deutoni e trizio (gli isotopi dell’idrogeno), oltreché gli altri elementi leggeri (elio, litio, ecc), oppure è possibile discriminare i neutroni dai fotoni gamma o dalle particelle cariche leggere.
 
perdita di energia in uno strato di rivelatore in funzione della quantità di moto per varie particelle b.
Grafico rappresentante la perdita di energia in uno strato di rivelatore in funzione della quantità di moto per varie particelle, distinte in ragione della loro massa e carica crescente. I valori della perdita d’energia sono espressi in unità arbitrarie.
 
Questo metodo di identificazione è applicabile in casi particolari anche a rivelatori di tipo semiconduttore, come il silicio: il segnale elettrico da questo generato avrà infatti una forma, in termini di corrente massima e tempo di formazione, fortemente dipendente da massa e soprattutto carica del nucleo rivelato, dato che tali grandezze influenzano la traccia di energia rilasciata dentro il materiale durante la rivelazione.
L’identificazione di particelle può essere effettuata anche utilizzando il meccanismo di produzione di luce che si manifesta in particolari materiali trasparenti quando una particella carica li attraversa con una velocità superiore a quella che avrebbe in essi la luce. Il risultato è analogo al bang supersonico, in cui un oggetto, muovendosi più veloce delle onde sonore, produce dietro di sé un cono di sovrapposizione delle onde stesse che ha come effetto una udibile deflagrazione. In questo caso si produce un cono di luce, detto di Cherenkov, la cui apertura angolare è direttamente legata alla velocità della particella. Poiché quest’ultima, a parità di quantità di moto, varia in funzione della massa, riportando l’angolo di emissione misurato da appositi rivelatori in funzione della quantità di moto è possibile discriminare particelle subatomiche con massa differente.
Quelle qui illustrate ovviamente sono solo alcune delle tecniche possibili. Spesso più tecniche sono applicate in maniera complementare o incrociata per poter avere il maggior numero di informazioni. Ognuna, infatti, ha i suoi limiti di utilizzazione e di precisione e viene implementata negli apparati in funzione degli obiettivi dell’esperimento che si deve realizzare.
 

Biografia
Sara Pirrone è dirigente di ricerca dell’Infn e svolge la sua attività presso la sezione di Catania. La sua ricerca si sviluppa nell’ambito della fisica nucleare delle energie basse e intermedie e in particolare si occupa dello studio della dinamica delle reazioni nucleari. È responsabile nazionale dell’esperimento Chirone dell’Infn. È consigliera della Società Italiana di Fisica.


Giuseppe Politi è professore associato di fisica sperimentale presso l’Università degli Studi di Catania. Come associato alla sezione Infn di Catania conduce la sua attività di ricerca nel campo della fisica nucleare delle energie basse e intermedie, occupandosi di varie tematiche quali la dinamica delle reazioni, gli effetti di isospin e la struttura dei nuclei leggeri.


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DOI: 10.23801/asimmetrie.2021.31.5