Lo specchio rotto
L’origine dell’asimmetria tra materia e antimateria

di Paolo Valente

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L’astronauta dell’Esa Luca Parmitano (al centro) e l’astronauta della Nasa Drew Morgan (a sinistra) al lavoro sull’Alpha Magnetic Spectrometer, Ams.

Uno dei più importanti successi della fisica delle particelle è stato la previsione e l’osservazione dell’antimateria, ossia della controparte della materia che costituisce il mondo che conosciamo, fatta di particelle con le medesime proprietà come massa e spin, ma di carica opposta. Quando si parla di carica, ci si riferisce a un concetto generalizzato che non comprende solo la carica elettrica, ma anche quelle debole e di colore, legate rispettivamente alle interazioni debole e forte. L’operazione di inversione della carica (o coniugazione di carica, C) non è una nozione puramente matematica. Infatti, poco dopo che Dirac ne aveva prevista l’esistenza, l’antiparticella dell’elettrone (chiamata positrone) fu osservata sperimentalmente nelle interazioni dei raggi cosmici. Quando una particella interagisce con la sua antiparticella avviene un’annichilazione, cioè un’interazione che converte entrambe in radiazione elettromagnetica. L’esito dell’incontro tra materia e antimateria non è solo spettacolare, ma costituisce un prezioso strumento di scoperta con gli acceleratori, grazie alla creazione di uno stato intermedio neutro da cui è possibile che si generino nuove particelle. Il modello standard delle particelle elementari, che con grande precisione descrive il comportamento delle particelle di materia (quark e leptoni) e di quelle portatrici delle interazioni (fotoni, bosoni W e Z, gluoni), ci dice che il numero barionico, B, ovvero il bilancio complessivo tra le particelle composte di quark e le loro antiparticelle, si conserva in tutte le interazioni.

Il modo in cui materia e antimateria emergono dalla teoria quantistica e relativistica che descrive il mondo subatomico ha indotto i fisici a formulare un’ipotesi molto precisa: nell’istante iniziale dell’universo, il Big Bang, da cui ha preso avvio la sua espansione, materia e antimateria sarebbero state create in quantità esattamente uguali, a partire da uno stato di pura energia. Non solo questa ipotesi è molto ragionevole ed elegante, ma in ogni caso una qualsiasi asimmetria iniziale sarebbe comunque stata fortemente diluita da un altro drammatico evento: l’inflazione, ovvero un periodo di espansione fortemente accelerata nelle prime fasi di vita dell’universo (vd. Un'intuizione spettacolare, ndr). Tuttavia, l’universo che è accessibile ai nostri telescopi non appare affatto composto da uguali quantità di materia e antimateria. Se così fosse, dovremmo osservare degli intensi flussi di radiazione dalle zone in cui queste si incontrano, producendo una grande quantità di annichilazioni. L’esistenza di antimateria primordiale potrebbe essere dimostrata in modo inequivocabile dall’osservazione di antinuclei di elementi leggeri, come ad esempio l’antielio. Questi antinuclei, insieme ad antiprotoni e positroni, sono oggetto dell’incessante ricerca dell’esperimento Ams-02, un vero e proprio cacciatore di antimateria installato sulla Stazione Spaziale Internazionale, sul quale ha recentemente lavorato l’astronauta Luca Parmitano per portare a termine una manutenzione che estenderà la presa dati fino al 2028.

 
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Andrej Sacharov e la moglie Elena Bonner ad Amsterdam nel 1989.

 

Se, dunque, lo stato iniziale è perfettamente simmetrico, dove è finita tutta l’antimateria? In realtà la domanda è ancora più profonda e riguarda la nostra stessa esistenza. Quello che occorre spiegare è, infatti, la cosiddetta “bariogenesi”, ovvero il processo con il quale, al diminuire della temperatura dell’universo, i quark (liberi nelle condizioni di altissima energia dell’universo primordiale) si sono aggregati in protoni e neutroni, i quali hanno dato luogo ai nuclei e agli atomi che osserviamo oggi. Se però si parte da uno stato iniziale con uguale numero di particelle e antiparticelle, la conservazione del numero barionico non può che portare, dopo la loro completa annichilazione, a un universo completamente vuoto, fatta eccezione per una radiazione sempre più fredda al procedere dell’espansione. La questione fondamentale è: qual è il meccanismo che ha impedito alla materia di scomparire assieme all’antimateria in un unico lampo di radiazione primordiale? Nel 1967 Andrej Sacharov – fisico teorico sovietico, e premio Nobel per la pace per il suo impegno per la libertà e i diritti civili – formalizzò tre condizioni necessarie a produrre l’universo così come lo osserviamo. Prima di tutto è necessario un processo di interazione che violi la conservazione del numero barionico, come per esempio il decadimento del protone in un pione neutro e un positrone, in cui il numero barionico diminuisce di una unità. La probabilità di un tale processo deve essere tale da produrre la frazione attualmente osservata di circa un barione superstite per ogni miliardo di fotoni. L’ipotesi è che un tale processo sia avvenuto a una scala di energia e temperatura molto alta, oltre il limite di validità del modello standard, alla quale si può per esempio ipotizzare che le interazioni forte, debole ed elettromagnetica fossero unite in un’unica interazione: l’idea alla base della teoria della grande unificazione (Gut), tra gli altri proposta da Sheldon Glashow e Abdus Salam quasi contemporaneamente allo sviluppo del modello standard.

La seconda condizione è che la variazione del numero barionico così prodotta non venga perfettamente compensata dal corrispondente processo per le antiparticelle, ovvero dal decadimento di un antiprotone in un pione neutro e in un elettrone. La probabilità della reazione deve essere allora diversa per barioni e antibarioni, cioè è richiesta la violazione della simmetria CP, l’invarianza rispetto all’operazione che combina l’inversione spaziale (parità, P) e la coniugazione di carica. La terza e ultima condizione richiede che il processo che produce un eccesso di materia sull’antimateria non venga compensato dalla reazione inversa. Questo può avvenire se la reazione è lenta rispetto all’espansione dell’universo che fa scendere la sua temperatura al di sotto della scala della Gut. La violazione di CP dapprima osservata sperimentalmente (da James Christenson, James Cronin, Val Fitch e René Turlay, 1964) nei decadimenti dei kaoni neutri K0, mesoni composti di coppie di quark e antiquark strange, è stata confermata dopo quasi 40 anni anche nelle particelle che contengono il quark beauty (dagli esperimenti Babar negli Stati Uniti e Belle in Giappone) e solo nel 2019 nei mesoni composti di quark charm (dall’esperimento Lhcb, al Cern di Ginevra). Una conferma spettacolare di un effetto minuscolo, ottenuta grazie all’estrema precisione degli esperimenti dell’Lhc. Recentissimi risultati dell’esperimento T2K indicano una differenza di comportamento tra materia e antimateria anche nella famiglia dei leptoni. L’esperimento ha infatti misurato una differenza nella probabilità che neutrini e antineutrini si trasformino gli uni negli altri. Il meccanismo con il quale la simmetria CP è violata fu spiegato negli anni ’70 da Nicola Cabibbo, Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa (Ckm), tuttavia l’entità della violazione indotta dal meccanismo Ckm è troppo piccola (di diversi ordini di grandezza!) per giustificare l’abbondanza di barioni rispetto ai fotoni, osservata nell’universo. Ci devono dunque essere altri processi che violano la simmetria CP non compresi nel modello standard.

 
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Super Kamiokande è un rivelatore di neutrini sotterraneo installato a Kamioka in Giappone che nell’ambito dell’esperimento T2K, Tokai to Kamioka, rivela i neutrini prodotti a 295 chilometri di distanza dal complesso di acceleratori di Jparc a Tokai.
 

In questi decenni sono stati sviluppati numerosi modelli per la bariogenesi, ma una classe in particolare ha destato grande interesse, quella che la collega al meccanismo che ha prodotto l’analoga asimmetria tra leptoni e antileptoni. Il modello standard, infatti, conserva i numeri leptonici relativi alle tre famiglie di leptoni (elettrone, muone e tau). Rispetto al caso barionico c’è tuttavia una notevole differenza: l’osservazione del fenomeno dell’oscillazione dei neutrini ha già indicato in modo chiaro la necessità di un’estensione della teoria che non conservi i numeri leptonici. Un modo semplice per violare la conservazione del numero leptonico è quello di aggiungere uno o più neutrini pesanti corrispondenti alle tre famiglie di leptoni del modello standard. Un tale neutrino pesante avrebbe l’interessante caratteristica di essere un fermione di Majorana, cioè l’antiparticella di se stesso, così che i suoi decadimenti sarebbero quelli che generano l’eccesso di leptoni. La variazione di numero barionico potrebbe allora essere prodotta dagli stessi processi che producono una variazione del numero leptonico. Le nuove interazioni che, alla scala della Gut, collegano quark e leptoni, rispettano una nuova simmetria “globale”, che conserva solo la differenza tra numero barionico e leptonico. Un tale scenario può essere realizzato da numerosi modelli, i cui dettagli determinano l’ammontare di violazione di CP e l’asimmetria quark-antiquark che a sua volta dovrebbe determinare il rapporto corretto tra numero di barioni e fotoni. Una conseguenza dell’esistenza di un neutrino di Majorana verificabile senza accedere alle enormi energie della Gut sarebbe la possibilità (estremamente rara) di osservare uno speciale tipo di decadimento nucleare, detto doppio beta senza l’emissione di neutrini, nel quale due nucleoni decadono emettendo ciascuno un elettrone ma senza emettere i corrispondenti neutrini. Esperimenti come Cuore e Gerda stanno attualmente cercando di verificare questa ipotesi nel silenzio cosmico garantito dal laboratorio sotterraneo del Gran Sasso. Come per gli eventi che violano la simmetria CP, anche in questo caso la comprensione dell’asimmetria tra materia e antimateria passa dallo studio di processi estremamente rari.

 

Biografia
Paolo Valente, è dirigente di ricerca dell’Infn presso la sezione di Roma e componente del Consiglio Direttivo dell’Infn. Lavora a esperimenti al Cern di Ginevra e ai Laboratori Nazionali di Frascati. Ha proposto ed è co-portavoce dell’esperimento Padme per la ricerca di particelle di materia oscura leggera.


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DOI: 10.23801/asimmetrie.2020.28.3
 

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