L’assedio all’Higgs
Una sfida che continua da un quarto di secolo, dal Lep a Lhc.
di Chiara Mariotti

a.
Due ingegneri controllano uno dei 1.232 magneti dipolari distribuiti lungo il tunnel di Lhc che fino al 2000 ospitava il suo precursore, il Lep (Large Electron-Positron Collider). Il tunnel si trova a 100 m di profondità sotto la periferia della città di Ginevra, alla frontiera tra Svizzera e Francia.

Il 10 settembre 2008 è stata una giornata memorabile. Il Cern è entrato in una nuova era di scoperte scientifiche: un fascio di protoni ha circolato nei due anelli di Lhc, il Large Hadron Collider, facendo il giro completo del più grande acceleratore al mondo.
È stato un momento di grande emozione seguito dalle televisioni di tutto il mondo. Un successo non solo per chi ha lavorato nella messa a punto dell’acceleratore, ma anche per i ricercatori che lavorano negli esperimenti che misureranno cosa accadrà quando i due fasci di protoni accelerati da Lhc si scontreranno.
Tra i quattro esperimenti che compongono Lhc, Atlas (A Toroidal LHC ApparatuS) e Cms (Compact Muon Solenoid) hanno come scopo primario quello di capire l’origine della massa delle particelle, ovvero scoprire se il bosone di Higgs esista o meno. Saranno questi due esperimenti che finalmente, dopo quasi 40 anni di ricerche, riusciranno a dare una risposta definitiva all’enigma della massa.
Studiando la struttura interna del mondo in questi ultimi decenni, siamo riusciti a raffigurarlo come costituito da particelle fondamentali (i leptoni e i quark – facenti parte della più vasta famiglia dei fermioni), che interagiscono tra loro scambiandosi energia e impulso tramite altre particelle (i bosoni). Il bosone di Higgs è la particella che corrisponde a una nuova interazione che spiega l’origine della massa.

Si può anche immaginare l’Higgs come un “etere”, o una melassa, presente ovunque e in cui le particelle non si possono muovere alla velocità della luce, ma si muovono faticosamente con una certa inerzia, acquistando così massa. La teoria che descrive le particelle e le loro interazioni è il Modello Standard. Nel Modello Standard la massa del bosone di Higgs non è predetta esattamente, ma è prevista essere inferiore a 1.000 GeV/c2 (equivalente a circa 10-21 grammi, ossia un millesimo di miliardesimo di miliardesimo di grammo, cioè pari alla massa di ben mille protoni).
L’esperimento Gargamelle al Cern nel 1973, la scoperta dei bosoni W e Z sempre al Cern nel 1983 (che hanno valso il premio Nobel a Carlo Rubbia), i quattro esperimenti al Lep (l’acceleratore precedente a Lhc, ospitato al Cern) e infine gli esperimenti al Tevatron (l’acceleratore di protoni e anti-protoni) al Fermilab (Fermi National Accelerator Laboratory), nei pressi di Chicago, hanno confermato il successo del Modello Standard. L’unico mattone mancante è proprio il bosone di Higgs, che finora è stato cercato senza successo. D’altronde l’energia degli acceleratori costruiti fino ad ora non consentiva l’esplorazione dell’intera regione di massa permessa dalla teoria. Solo Lhc potrà farlo, perché raggiungerà energie elevate (14 TeV, ovvero 14.000 GeV) potendo dunque produrre un Higgs anche di massa pari a 1.000 GeV/c2, il limite superiore consentito dalla teoria.
L’Higgs è una particella che si disintegra (“decade”) immediatamente dopo la sua creazione, producendo una coppia di fermioni o di bosoni (W e Z o fotoni). Anche i bosoni W e Z a loro volta decadono immediatamente in coppie di fermioni. Quello che dunque si cerca negli esperimenti sono le particelle provenienti dalla disintegrazione del bosone di Higgs. Queste particelle sopravvissute hanno caratteristiche simili a quelle che vengono prodotte da altri fenomeni dovuti alle collisioni ma, se ne ricostruiamo la massa totale, essa corrisponderà alla massa dell’Higgs. È dunque necessario accumulare un campione statistico sufficiente a osservare un picco nella distribuzione della massa misurata delle particelle prodotte. Sarà come cercare una montagna (il segnale) che spicca tra un profilo di colline (il fondo), e tutto dipende da quanto sono alte le colline e la montagna, ovvero da quanti eventi di Higgs si riuscirà a produrre e identificare.

b.
Se l’Higgs avesse una massa di 250 GeV/c2, dopo un anno di presa dati si otterrebbe un diagramma della distribuzione della massa misurata simile a quello riportato in figura. In blu si vedono gli eventi che potrebbero essere interpretati come segnali di Higgs ma non lo sono (il rumore di fondo). Si vede come il segnale spicca intorno ai 250 GeV/c2 (in rosso), ovvero che gli eventi ricostruiti che provengono da un Higgs, si accumulano a un particolare valore della massa. Il segnale è molto pulito perché il picco rosso è stretto e ben visibile e il fondo blu è abbastanza regolare e mai troppo alto. Sono questi gli eventi che si spera di osservare in Atlas e Cms per la scoperta dell’Higgs!

Al Lep, l’acceleratore precedente a Lhc, gli urti avvenivano tra due particelle elementari (elettroni e positroni). Poiché la semplicità dello stato iniziale (un elettrone e un positrone, particelle puntiformi e prive di struttura) viene trasmessa allo stato finale, se l’Higgs avesse avuto una massa accessibile al Lep, la composizione degli eventi sarebbe stata molto semplice, includendo solamente l’Higgs e un bosone Z, che a loro volta decadono in due particelle ciascuno. Lo stato finale al Lep, dopo i decadimenti, sarebbe stato dunque formato da solo 4 particelle (leptoni o quark). Le caratteristiche degli eventi attesi erano semplici, come mostrato in fig. c. Le efficienze previste erano alte. L’Higgs sarebbe stato individuato anche se ci si aspettava la produzione di solo una decina di eventi. I quattro esperimenti al Lep (Aleph, Delphi, L3 e Opal) hanno disperatamente cercato l’evidenza di produzione del bosone di Higgs senza trovarne traccia.
Gli ultimi mesi di presa dati al Lep nell’anno 2000, quando l’energia raggiunse il massimo possibile, videro un vero assedio al bosone di Higgs. I fisici sperimentali erano incollati ai terminali; telefonarsi in piena notte era normale perché tutti sapevano di essere svegli a cercare di migliorare le analisi, cercando di riuscire a estrarre dai dati tutte le informazioni possibili per capire se effettivamente si stava producendo l’Higgs o se sfortunatamente non era alla portata del Lep e si poteva dunque fermare la macchina per lasciare il futuro a Lhc. Erano giorni in cui una sana competizione animava i fisici delle varie collaborazioni per assicurarsi di essere i primi a rivelarlo, ma nello stesso tempo si lavorava insieme perché più passava il tempo più diventava evidente che il campione statistico del singolo esperimento non sarebbe stato sufficiente ed era necessario mettere insieme i vari risultati.
Alla fine del 2000, ovvero con la fine del Lep, combinando i risultati dei quattro esperimenti e non avendo nessuna evidenza di produzione di segnale, si ottenne un limite inferiore sulla sua massa di 114,3 GeV/c2, il che significa che la massa di questa particella, se esistente, deve essere superiore a questo valore.
A quel punto il testimone passò agli acceleratori adronici, nei quali si scontrano adroni (protoni in Lhc) e non più leptoni. Nel 2001 il Tevatron, l’acceleratore del Fermilab di Chicago, inaugurò una nuova era con collisioni di protone-antiprotone a 1,96 TeV (1.960 GeV), aprendo la strada verso nuove masse ancora inesplorate.
I due esperimenti al Tevatron (Cdf e DZero) da anni lavorano accanitamente per riuscire a estrarre un possibile segnale di Higgs. I ricercatori si aspettano di raccogliere circa 250 candidati di Higgs, nel caso la sua massa sia compresa tra i 110 e i 180 GeV/c2. Gli eventi aspettati sono molti, ma la ricerca in un acceleratore adronico è molto più ardua rispetto a quella in uno leptonico (come lo era il Lep), perché gli urti avvengono tra due particelle composte (protoni e anti-protoni sono adroni, ovvero particelle composte da quark e gluoni). Lo stato finale è dunque complesso, perché coesistono tutti i prodotti degli urti dei vari gluoni e quark appartenenti ai due adroni iniziali. Il numero di particelle nello stato finale è molto alto (si hanno un centinaio di particelle prodotte per ogni evento), e dunque individuare tra queste i prodotti del decadimento dell’Higgs è un’impresa non facile.
Per la ricerca di particelle di massa ignota, nonostante lo stato finale sia più complesso, un collisionatore adronico è preferibile a un collisionatore leptonico perché si possono raggiungere energie molto più alte (nello stesso anello che è usato da Lhc si acceleravano elettroni fino ad energie di 100 GeV, mentre in Lhc si accelereranno protoni a 7.000 GeV). Inoltre l’urto avviene tra quark e/o gluoni che trasportano una frazione variabile dell’energia del protone, permettendo di esplorare uno spettro di masse molto ampio.

c.
Un evento osservato nell’esperimento Delphi del Lep. L’elettrone e il positrone incidenti hanno interagito e prodotto 2 bosoni nello stato finale. Questi a loro volta decadono in 2 quark ciascuno, che a loro volta producono un jet ciascuno. Un jet è un insieme di particelle che hanno la stessa origine e sono racchiuse in un cono con uno stretto angolo di apertura. La massa può essere determinata dalle variabili cinematiche (in questo caso l’energia) dei due jet di decadimento. Se si associa il jet 1 al jet 2 e il jet 3 al jet 4, si risale alla produzione di due bosoni Z. Viceversa, se si sceglie l’accoppiamento del jet 1 con il 4 e il 2 con il 3, si ha un bosone Z e un candidato di Higgs di massa 113 GeV. L’analisi su eventi simulati, tuttavia, determinava che questo evento era compatibile con la produzione di due bosoni Z e che quindi, probabilmente, non si era prodotto un bosone di Higgs.
d.
Questa figura illustra cosa ci si aspetta di vedere in un evento di Higgs che decade in 4 muoni in Atlas. I 4 muoni attraversano tutto il rivelatore e sono tracce abbastanza dritte in quanto hanno un impulso alto. Tutte le altre tracce prodotte dall’interazione tra gli altri quark e gluoni hanno un impulso minore e dunque hanno una grande curvatura oppure “spiraleggiano” nell’intenso campo magnetico.

I fisici al Tevatron sono partiti verso una nuova frontiera e stanno spingendo al limite le loro analisi per riuscire a identificare la frazione più alta possibile di queste centinaia di eventi di Higgs aspettati tra i milioni di altri eventi prodotti.
Il quadro sperimentale è in continua evoluzione: proprio l’estate scorsa dal Tevatron è arrivata la notizia che i loro dati escludono che l’Higgs abbia una massa di circa 170 GeV/c2. La prima metà dei dati analizzata sembra non indicare la presenza dell’Higgs in tutta la zona in cui sono sensibili, ma i risultati non sono ancora conclusivi.
Questo ha delle ripercussioni sullo stato d’animo dei fisici del Cern. Da un lato si attendono con ansia i risultati del Tevatron e la curiosità scientifica è insopprimibile: l’Higgs esiste davvero oppure è un’altro il meccanismo che dà origine alla massa delle particelle? D’altro canto, il senso di competizione è forte e si spera che sia il Cern a vivere questo momento glorioso e determinante per la fisica delle particelle.
A partire dal prossimo autunno Lhc inizierà a far collidere i fasci. Ci saranno ben 40 milioni di collisioni dei fasci al secondo, producendo circa un’interazione tra protone e protone ogni miliardesimo di secondo. Valori da record per un acceleratore di particelle!
L’Higgs resta un “prodotto” raro, dato che potrà essere creato solo ogni miliardo di eventi. Nonostante il fondo (ovvero gli eventi che potrebbero essere interpretati come segnali di Higgs ma non lo sono) sia dominante, la quantità enorme di eventi che produrrà Lhc permetterà di affinare la selezione e scoprire se esiste l’Higgs in tutto lo spettro di masse permesso dalla teoria. Saranno prodotti a sufficienza anche stati finali molto facilmente riconoscibili, per esempio quelli con 4 leptoni (muoni oppure elettroni) ad alto impulso e ben isolati dal resto delle altre particelle prodotte.
In Lhc i due esperimenti dedicati alla ricerca dell’Higgs (Atlas e Cms) gareggeranno in una olimpiade scientifica per chi potrà affermare per primo di aver visto l’Higgs.
Bisognerà sedersi insieme poi e combinare le misure per ottimizzare le potenzialità di scoperta. Purtroppo non accadrà di “scoprire” un evento di Higgs al primo scontro dei fasci, ci vorrà molto lavoro e tempo per raggiungere la convinzione scientifica della scoperta.

Biografia
Chiara Mariotti è ricercatrice Infn presso la sezione di Torino. Ha svolto attività di ricerca in fisica delle alte energie al Fermilab e al Cern. Ha coordinato per 10 anni il gruppo di fisica dell’esperimento Delphi del Lep e attualmente coordina il gruppo che ricerca il bosone di Higgs all’esperimento Cms di Lhc.

 

Link
http://www.cern.ch/
http://public.web.cern.ch/Public/en/Science/Higgs-en.html
http://lepewwg.web.cern.ch/LEPEWWG
http://arxiv.org/pdf/0902.0293

 

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