Una buona spinta
Acceleratori per la nuova fisica

di Lucio Rossi

 

a.
Le componenti principali di un acceleratore di particelle tipo Lhc: cavità acceleratrici a radiofrequenza (a), magneti dipolari (b) per guidare il fascio e magneti quadrupolari (c) per focalizzarlo. Sono raffigurati anche tre rivelatori di particelle (d).
A partire dalle prime macchine costruite negli anni ’30 da John Cockcroft ed Ernest Walton in Inghilterra e da Ernest Lawrence negli Stati Uniti e, poi, grazie al concetto di collisore di Ada (Frascati, primi anni ’60), gli acceleratori hanno accompagnato il progresso della fisica nucleare e delle particelle fino alla scoperta del bosone di Higgs. Si può dire che essi sono stati lo strumento principale dei fisici che vanno a caccia dell’infinitamente piccolo, fino ad arrivare, con Lhc, a risolvere dettagli dell’ordine di 10-20 metri, migliorando di un paio di ordini di grandezza la risoluzione del precedente acceleratore del Cern di Ginevra, il Lep (il grande collisore elettroni- positroni). Per la capacità di concentrare energia su spazi piccolissimi, gli acceleratori sono anche delle macchine del tempo: in Lhc indaghiamo come era l’universo a meno di un picosecondo (cioè 10-12 secondi) dopo il Big Bang.
Le particelle accelerate sono generalmente elettroni o protoni, talvolta anche ioni di vario tipo, dall’idrogeno all’uranio completamente ionizzato e perfino ioni radioattivi altamente instabili. Ma, soprattutto per la fisica delle alte energie, si accelerano anche positroni (antielettroni), antiprotoni e, ma si tratta di una sperimentazione ancora in corso, muoni. Gli acceleratori si sono evoluti lungo due linee principali: le macchine circolari (ciclotroni e poi sincrotroni) e le macchine lineari (linac). In entrambi i casi l’energia è impartita alle particelle per mezzo di cavità risonanti a radio frequenza (Rf), in cui sono presenti delle onde elettromagnetiche.
I magneti servono per guidare i fasci di particelle (per esempio a tenerli in un’orbita circolare nei sincrotroni) e per focalizzarli – lenti magnetiche – evitando che si perdano contro le pareti della camera a vuoto. In fig. a sono illustrate le componenti principali di un acceleratore circolare, in cui il fascio viene fatto circolare tante volte nelle cavità a radio frequenza, che quindi non devono avere tensioni elevate o essere particolarmente lunghe. In compenso la parte magnetica diviene preponderante, poiché per ottenere alte energie occorre sia aumentare il campo magnetico che il raggio dell’acceleratore. Un acceleratore lineare è invece costituito da una serie di cavità a radiofrequenza, ciascuna attraversata una volta sola dalle particelle accelerate: grandi tensioni a radiofrequenza (decine di milioni di volt) sono importanti per limitare le dimensioni della macchina. Nei linac i magneti servono principalmente per mantenere focalizzato il fascio. Il grande collisore adronico Lhc con i suoi 27 km di circonferenza, con 1700 grandi magneti superconduttori da 7 e 8 tesla (per confronto, un tesla è il campo magnetico prodotto da una macchina per la risonanza magnetica e il campo magnetico terrestre, che orienta l’ago della bussola, è di pochi centesimi di millesimo di tesla) e l’energia massima di 14 TeV, è stato il culmine di quarant’anni di sviluppo dei collisori superconduttori e ha richiesto oltre vent’anni per il disegno e la costruzione.

Il primo passo per andare oltre i limiti di Lhc è già in corso: il progetto Lhc ad alta luminosità (High Luminosity Lhc o Hilumi) sta sviluppando nuove tecnologie per magneti superconduttori da 11 e 12 tesla utilizzando un materiale superconduttore più avanzato, ma anche molto più complesso e costoso rispetto al niobio-titanio (Nb-Ti) utilizzato in Lhc: il niobio-3-stagno (Nb3Sn). Hilumi ha un numero limitato di magneti, circa 50, e costituisce il banco di prova ideale per questa tecnologia. In Hilumi si sviluppa anche un nuovo tipo di cavità a radio frequenza, anch’essa superconduttrice e detta crab cavity (“cavità a granchio”), per ruotare i fasci e aumentare la luminosità, cioè il numero di collisioni tra particelle che l’acceleratore può produrre nell’unità di tempo. Lhc ad alta luminosità permetterà di misurare con maggiore precisione le proprietà del bosone di Higgs e di eventuali altre nuove particelle. L’entrata in funzione è prevista nel 2025, con un costo di costruzione di circa 700 milioni di euro per i soli componenti e una durata di funzionamento di 10-15 anni.

Un progetto molto diverso, ma che pure si pone alla frontiera della fisica di precisione, è l’Ilc (International Linear Collider). Il vantaggio di un collisore lineare rispetto a un collisore circolare è dato dalla possibilità di accelerare particelle cariche leggere, come elettroni e positroni, senza che esse subiscano perdite di energia quando attraversano i magneti utilizzati per deviarne la traiettoria. La perdita di energia per emissione di radiazione è molto limitata nei linac e rende possibile accelerare particelle leggere a energie maggiori.

Basato su potenti cavità superconduttrici, con una tensione di 30 milioni di volt (cinque volte più elevata di quella delle cavità di Lhc), l’Ilc si pone l’obiettivo di far scontrare elettroni contro positroni. In una prima fase l’energia nel centro di massa (cioè l’energia effettivamente disponibile) dovrebbe essere di 0,5 TeV con la possibilità di raggiungere in una seconda fase il TeV. Il progetto, erede del progetto tedesco Tesla proposto sin dalla metà degli anni novanta, ha fatto molti progressi ed è in avanzata fase di maturità, pur presentando notevoli sfide tecnologiche. Il costo totale è dell’ordine dei 10 miliardi di euro. L’orizzonte temporale è dopo il 2030. A fronte del vantaggio di avere un precursore tecnologico, il progetto X-ray Fel (Free Electron Laser) di Amburgo – un linac per elettroni di più bassa energia basato proprio sulle stesse tecnologie a radio frequenza – il progetto Ilc ha due punti deboli: costa molto, restando sotto le energie di Lhc anche nella configurazione massima e, richiedendo quasi 50 km di alta tecnologia, la sua utilità dipende criticamente anche dalla luminosità raggiungibile, che per i linac è molto inferiore rispetto agli acceleratori circolari.

Un altro progetto di collisore lineare per elettroni-positroni è Clic (Compact Linear Collider). Basato su un sistema a due acceleratori, con cavità in rame ad altissima frequenza e tensioni di 100 milioni di volt, in linea di principio può triplicare le prestazioni di Ilc, grazie ai suoi 3 TeV nel centro di massa per 50 km di lunghezza. Promosso dal Cern, con un’ampia collaborazione internazionale, è meno avanzato tecnologicamente del “concorrente” Ilc. Potrebbe essere pronto per la costruzione nel 2020-2025 e quindi partire tra il 2035 e il 2040. Il suo punto debole è il consumo energetico di circa 600 megawatt (non si usano cavità o magneti superconduttori), pari alla potenza erogata da una centrale elettrica medio-grande.

 
b.
Una cavità superconduttrice in niobio per Ilc, racchiusa nella camera criogenica a elio, mentre viene inserita nella stazione di test al Fermilab, a Chicago (Usa).
 
c.
Collocazione dell’anello di 100 chilometri Fcc tra la Svizzera e la Francia, in rapporto all’attuale di Lhc.
 
Inoltre manca un vero “dimostratore di scala”: un prototipo di acceleratore di dimensioni contenute (anche qualche percento dell’acceleratore finale) che ne dimostri la funzionalità. Se però Lhc scoprisse una o più particelle con massa tra 0,5 e 1,5 TeV, Ilc non potrebbe “vederle”, mentre Clic sì. Il costo di costruzione è comparabile a quello di Ilc (essendo meno “maturo”, però, le cifre sono meno solide), ma i costi di operazione rischiano di essere molto più elevati. Nell’ambito degli acceleratori circolari c’è da registrare la battuta di arresto degli studi sul Muon Collider (collisore di muoni) decisa dagli Stati Uniti nel 2014. Tutte le forze si concentrano quindi sul nuovo progetto proposto dal Cern, il Fcc (Future Circular Collider). Basato su un anello sotterraneo di circa 100 km da costruire nella zona di Ginevra, sfrutterebbe tutta l’infrastruttura esistente al Cern, ma ne richiederebbe tanta altra in aggiunta. L’idea è che l’anello sia onnicomprensivo: il collisore adronico da 100 TeV nel centro di massa per collisioni protone-protone (e ioni pesanti come in Lhc), Fcc-hh, potrebbe arrivare dopo un collisore elettrone- positrone da 350 GeV (cioè 0,35 TeV) nel centro di massa, Fcc-ee. In Fcc si potrebbero quindi ottenere anche collisioni elettrone-protone ed elettrone-ione (Fcc-he). Il collisore leptonico, la cui energia è limitata dall’enorme radiazione di sincrotrone emessa dagli elettroni, potrebbe fornire la luminosità richiesta dai fisici delle particelle più rapidamente e più sicuramente rispetto a Ilc. Il collisore adronico Fcc-hh, d’altra parte, richiede un investimento tecnologico notevole, dato che si basa su magneti superconduttori simili a quelli che servirebbero per Hilumi, ma ancora più potenti.
Infatti è necessario raggiungere il valore di 15-16 tesla e si prospetta persino una ipotesi – per ora preliminare – di 20 tesla, per ridurre il raggio della macchina o aumentarne l’energia. Questo lavoro richiede un ulteriore periodo di ricerca e sviluppo oltre a quello necessario per Hilumi. Fcc potrebbe essere approvato intorno al 2022-2025 ed essere pronto a partire verso il 2040, anche se il collisore leptonico Fcc-ee potrebbe essere pronto già qualche anno prima, dato che non richiede particolari sviluppi tecnologici. La sfida è formidabile ma non esistono motivi di principio perché 15-16 tesla non siano raggiungibili con magneti basati sulla tecnologia del niobio-3-stagno di Hilumi. La possibilità di raggiungere i 20 tesla e oltre, dipende invece dallo sviluppo di materiali superconduttori ad alta temperatura che oggi sono molto costosi e non ancora adatti all’utilizzo in magneti per acceleratori di particelle. Dal punto di vista della fisica degli acceleratori Fcc è un’opzione più “tradizionale e sicura”, anche in termini di luminosità: tutto ciò che si impara in Hilumi è immediatamente trasferibile su Fcc-hh. I costi non sono noti, lo studio inizia ora, ma la cifra potrebbe aggirarsi attorno ai 15 miliardi di euro. Un vantaggio è dato dall’utilizzo di una notevole infrastruttura esistente, il Cern e Lhc, ma anche dalla condivisione della nuova grande infrastruttura (tunnel, criogenia, ecc.) per i diversi acceleratori proposti. Un passo intermedio sulla strada verso Fcc potrebbe essere il raddoppio di energia di Lhc, proposto nel 2010 con il nome di High Energy Lhc e basato sull’utilizzo di magneti da 16 o 20 tesla per raggiungere le energie di 26 e 33 TeV, da installare al posto di Lhc nel medesimo tunnel, minimizzando i costi dell’infrastruttura. In questo scenario si aggiunge il pungolo della sfida cinese. Un gruppo di fisici cinesi propone di costruire un acceleratore con un tunnel di 50-70 km a sud di Shanghai, con lo scopo iniziale di fare su tempi rapidi (dal 2030) un collisore leptonico circolare simile a Fcc-ee (in forte competizione con l’Ilc che potrebbe essere costruito in Giappone). In una fase successiva (intorno al 2040), nel tunnel verrebbe installato un “simil Fcc-hh”, probabilmente da 60-80 TeV.
Il momento critico per una decisione potrebbe essere il rinnovo della Strategia Europea della Fisica delle Alte Energie, prevista per il 2018-2020. Nel frattempo i nuovi dati raccolti dagli esperimenti in Lhc avranno dato le indicazioni di fisica che ora ci mancano e si conoscerà di più dell’evoluzione tecnologica dei nuovi magneti ad alto campo e delle cavità a radio frequenza ad alto gradiente accelerante, come pure ci sarà una stima più precisa e condivisa dei costi. L’eccezione potrebbe essere Ilc, la cui sorte sembra essere legata principalmente a una decisione del governo giapponese, attesa entro uno o due anni. Nella comunità ci si comincia a chiedere se, vista la volontà della Cina di avere un super-acceleratore e visto che la macchina più “pronta” è Ilc, il meglio non sia un Ilc cinese. In ogni caso il “dopo Lhc” sta aprendo nuovi scenari impensabili fino a pochi anni fa, accelerando, è il caso di dirlo, l’entrata nel futuro.
 
d.
Evoluzione degli acceleratori nel tempo. Si può notare l’impatto della superconduttività. Ovviamente le date per i futuri acceleratori sono tutte altamente ipotetiche (vd. anche in Asimmetrie n. 6 Acceleratori, non solo ricerca fig. b, ndr).
 

Biografia
Lucio Rossi è professore a Milano dal 1992. Fino al 2001 conduce ricerche e progetti nel settore della superconduttività applicata agli acceleratori e ai rivelatori. Nel 2001 viene assunto al Cern, dove ha diretto il gruppo per la costruzione del sistema magnetico di Lhc nel 2001-07. Propone il progetto Hilumi, di cui assume la direzione, ed è tra i proponenti di High Energy Lhc e di Fcc.


Link
http://tlep.web.cern.ch/
http://lpap.epfl.ch/page-54797-en.html
https://www.linearcollider.org/ILC

 


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