Brodo primordiale
Uno stato estremo della materia

di Pasquale Di Nezza


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I primi minuti dell'evoluzione dell'universo (vd. anche fig. c in Ai confini della realtà, ndr). La transizione da plasma di quark e gluoni a nucleoni avviene ca. un decimillesimo di secondo dopo il Big Bang. I primi nuclei leggeri si formano alcuni secondi dopo.
Due miliardi di gradi! È questa la straordinaria temperatura che l’acceleratore Lhc riproduce in laboratorio per studiare l’universo primordiale, così come si presentava circa un decimillesimo di secondo dopo il Big Bang. A quel tempo l’universo si è trovato in una fase di transizione, in cui i quark, i mattoni della materia, e i gluoni, i mediatori della forza forte, erano liberi di muoversi in uno stato di materia che chiamiamo plasma di quark e gluoni (QGP, Quark Gluon Plasma). Successivamente, l’espansione dell’universo e il suo conseguente raffreddamento portarono i quark e i gluoni ad avere un’energia non più in grado di contrastare l’interazione forte e quindi a legarsi secondo le leggi della cromodinamica quantistica (Qcd, Quantum ChromoDynamics, vd. in Asimmetrie n. 14 Particelle a colori), rimanendo confinati nei nucleoni di cui oggi è formata la materia. Studiare questa particolare fase di crescita dell’universo ci fa quindi capire come sono nate le particelle della materia, la loro evoluzione e interazione. Tutte le ipotesi introdotte dai modelli standard cosmologico e delle particelle elementari necessitano di una verifica sperimentale. Bisogna così ricreare in laboratorio le stesse condizioni energetiche presenti nell’universo primordiale esistito circa quattordici miliardi di anni fa, contenere e studiare un volume di materia finito e per un lasso di tempo sufficiente. Il sistema che studiamo in laboratorio ha le dimensioni di alcune decine di nanometri, ma è comunque sufficiente per la nostra investigazione. Due miliardi di gradi equivalgono a creare uno stato della materia centomila volte più caldo del nucleo del Sole. Un’impresa realizzabile in Lhc dove per scoprire il bosone di Higgs si sono fatti scontrare protoni contro protoni ad altissima energia. Tali collisioni, però, producono una moltitudine di singole particelle. Per ottenere in laboratorio un volume finito di plasma occorre invece far collidere oggetti molto più estesi e pesanti dei protoni e ciò viene effettuato iniettando in Lhc ioni di piombo al posto dei protoni. L’accelerazione cui sono sottoposti gli ioni è dirompente e l’enorme velocità alla quale viaggiano fa sì che compiano i 27 chilometri dell’intera lunghezza dell’acceleratore circa 11.000 volte ogni secondo! I pacchetti di ioni, viaggiando in direzioni opposte nei due tubi dove è stato prodotto un ultra-vuoto (più vuoto dello spazio al di fuori del sistema solare), danno luogo a centinaia di milioni di collisioni al secondo. Una moltitudine di dati da analizzare che permette di accedere anche agli effetti più rari e finora mai studiati. Gli ioni viaggiano quasi alla velocità della luce e il loro fascio ha un’energia confrontabile con quella di un treno di 400 tonnellate che viaggia alla velocità di 150 km/h. Per mantenere tali particelle sulla traiettoria dell’acceleratore, la tecnologia classica dei magneti dipolari non è sufficiente. Le ultime tecnologie nel campo della superconduttività ci permettono di superare il problema, riconfermando Lhc come la macchina alla frontiera della conoscenza fisica, ingegneristica e informatica. Ecco allora il motivo per la realizzazione di oltre 1200 magneti superconduttori che operano alla temperatura di 1,9 K (circa -271 °C). Se consideriamo che la temperatura media dell’universo, dovuta alla radiazione cosmica di fondo, residuo energetico del Big Bang, è di 2,7 K, ci troviamo ad avere contemporaneamente nello stesso posto, in Lhc, la temperatura più bassa (circa due kelvin) e quella più alta (circa due miliardi di kelvin) dell’universo! Ma come si fa a “vedere” il plasma di quark e gluoni e come si investiga l’universo primordiale? Uno dei quattro maggiori esperimenti di Lhc, Alice (A Large Ion Collider Experiment), è stato appositamente progettato e realizzato per effettuare questo tipo di misure.
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Ricostruzione virtuale dell’interno dell’acceleratore Lhc. Sono visibili il complesso sistema di criogenia, che mantiene i magneti superconduttori a circa 2 kelvin, e i due fasci di particelle che viaggiano sulle due traiettorie di 27 chilometri.
A ogni interazione degli ioni di piombo, si formano migliaia di particelle che faticano ad attraversare il mezzo denso e caldo del plasma di quark e gluoni, perdendo molta della loro energia iniziale. È quindi importante essere in grado di rivelare e riconoscere tutte le particelle, in particolare quelle di bassa energia. Inoltre bisogna poter distinguere le particelle contenenti quark pesanti (charm o bottom), che attraversano il plasma in modo diverso, da quelle composte da quark leggeri (up o down). O ancora rivelare i muoni che ci dicono come, ad esempio, si sono prodotte le particelle J/Ψ, un particolare stato legato di un quark charm e un antiquark charm. I 1100 fisici che compongono la collaborazione internazionale Alice, tra cui un centinaio di italiani (la più alta percentuale italiana tra gli esperimenti in Lhc), hanno già compreso tante delle caratteristiche del plasma di quark e gluoni. Innanzitutto, più che come un plasma, il nostro universo primordiale si comporta come un liquido! Un liquido perfetto, con bassissima viscosità e con un’altissima densità di energia, pari a 16 GeV per femtometro cubo (un femtometro è un milionesimo di miliardesimo di metro), come se l’energia irraggiata dal Sole in un giorno venisse concentrata nello spazio di una biglia. Nonostante molte delle caratteristiche del plasma di quark e gluoni siano state misurate e capite, il cammino per comprendere l’universo primordiale è appena incominciato e il traguardo è ancora lontano. In particolare, la cromodinamica quantistica, che mira a spiegare l’interazione dei mattoni della materia (i quark) e a capire il processo di formazione delle particelle complesse, non riesce ancora a spiegare molti degli aspetti del plasma di quark e gluoni. È questa una delle sfide della fisica attuale, che Lhc si appresta a portare a compimento nell’incessante corsa alla comprensione della natura.
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Il rivelatore Alice, con un volume di più di 6000 metri cubi e un peso di oltre 10.000 tonnellate, con le porte del magnete aperte.

Biografia
Pasquale Di Nezza è ricercatore presso i Laboratori Nazionali di Frascati, dove è capogruppo dell’esperimento Alice e si occupa della fisica sperimentale del plasma di quark e gluoni. Prima di svolgere attività di ricerca al Cern di Ginevra, ha lavorato al Deutsches Elektronen-Synchrotron (Desy) di Amburgo.

 

Link
home.web.cern.ch
www.cern.ch/alice
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