Odderone: la scoperta dell’esperimento TOTEM

immagine news TotemLa strategia adottata dai grandi esperimenti ospitati sull’anello acceleratore del Large Hadron Collider (LHC) del CERN per produrre e studiare i più sfuggenti costituenti subatomici della materia (e le loro interazioni) è quella di disgregare i protoni attraverso scontri ad alte energie. Per riuscire ad aumentare il numero di queste collisioni, definite inelastiche, i fasci di particelle accelerate vengono focalizzati in modo da incrociarsi in corrispondenza dei punti in cui sono disposti i rivelatori. Se questo è solitamente ciò che avviene durante le campagne di presa dati (run) di LHC, ottenendo in questo modo un elevato numero di urti utili per unità di tempo (luminosità), in alcuni casi risulta necessario esaminare eventi che lascino integri i protoni per poter indagare, per esempio, il modo in cui la forza forte, responsabile dell’interazione tra i quark che compongono protoni e neutroni, agisce e viene scambiata per tramite della sua particella mediatrice, il gluone. L’esperimento del CERN dedicato a questo specifico ambito di ricerca si chiama TOTEM, ed è stato protagonista nel mese di marzo di una scoperta con importanti implicazioni sulla nostra capacità di comprendere e descrivere l’interazione forte alle alte energie. Analizzando i dati relativi a urti elastici tra protoni a LHC e confrontandoli con i risultati ottenuti dall’esperimento del Fermilab D0 per urti elastici protoni-antiprotoni, la collaborazione internazionale TOTEM, di cui l’INFN è uno dei membri principali, è riuscita infatti nell’intento di verificare come in queste interazioni la forza forte venga trasferita anche per mezzo di un aggregato composto da un numero dispari di gluoni (tre o più) denominato odderone (oltre agli aggregati di numeri pari di gluoni già conosciuti).

 

“L’universo tutto e la nostra stessa esistenza - spiega Angelo Scribano, Chairman del Collaboration Board di TOTEM - sono affidati non solo all’esistenza dei costituenti fondamentali della materia (particelle di materia) ma anche a un gioco complesso e continuo di forze (i cui mediatori sono le particelle di forza). La loro comprensione e descrizione sono il fondamento del progresso scientifico e tecnologico. Le interazioni (o semplicemente le forze) fondamentali della natura sono quattro: interazione elettromagnetica (fotone), interazione nucleare forte (gluone), interazione nucleare debole (bosoni W e Z) e interazione gravitazionale (che si ipotizza possa avere una particella mediatrice, il gravitone, che però non è ancora mai stata osservata). La scoperta dell’odderone permette di esplorare le caratteristiche più profonde dell’interazione nucleare forte aggiungendo quel tassello sperimentale mancante alla cromodinamica quantistica”.

 

Proposto nel 1973 nell’ambito della teoria di Regge e confermato negli anni successivi nella teoria della cromodinamica quantistica (QCD) non-perturbativa (qui per approfondire) la teoria che descrive il comportamento della forza forte ad alte energie, l’odderone era salito alla ribalta della cronaca scientifica già nel 2018, quando proprio la collaborazione TOTEM aveva reso note le prime evidenze riguardo la sua possibile esistenza; non poteva tuttavia essere esclusa, a causa di una casistica ancora insufficiente, la possibilità di una fluttuazione statistica. La scoperta è stata invece confermata all’inizio di quest’anno come risultato del confronto tra le dinamiche delle interazioni elastiche tra protone-protone e di quelle protone-antiprotone, determinate sulla base della distribuzione delle particelle dopo le collisioni. Misura che ha messo in evidenza la presenza di una soglia d’urto minima negli eventi protone-protone elastici non riscontrabile negli eventi protone-antiprotone dello stesso tipo. Una differenza di accoppiamento che costituisce il segno inequivocabile dello scambio di un odderone, le cui caratteristiche determinano l’asimmetria degli urti protone-protone e protone-antiprotone. I dati di TOTEM, ottenuti alle energie di LHC (13 TeV, 8 TeV, 7 TeV e 2.76 TeV), sono stati infine estrapolati all’energia del Tevatron (1.96 TeV), l’acceleratore del FermiLab, e utilizzati come riferimento per determinare la compatibilità del risultato con le misure effettuate da D0 a tale energia.

 

TOTEM, che ha iniziato la sua attività nell’aprile del 2012, è stato progettato per identificare protoni emergenti da interazioni elastiche rispetto a quelle inelastiche sfruttando le diverse distribuzioni delle particelle emergenti da queste tipologie di urti. Per fare ciò sono state quindi necessarie delle sessioni di prese dati in cui LHC veniva configurato per ottenere basse intensità dei fasci interagenti, appositamente messi ‘fuori fuoco’ per diminuire le probabilità di incontro ‘frontale’ tra i protoni. La stretta collaborazione tra la Collaborazione TOTEM e il gruppo che opera LHC è stata necessaria al fine della buona riuscita di tutte le operazioni di presa dati.

 

Le misure che hanno reso possibile la scoperta sono state effettuate in momenti diversi nel corso delle ultime campagne di presa dati di LHC, per ognuna delle quali è stata adottata una diversa configurazione di TOTEM. “Nella sua prima fase – illustra Marco Bozzo, primo vice portavoce della collaborazione TOTEM – l’esperimento ha integrato due rivelatori di particelle a gas, posizionati all’interno di CMS, e di torrette di rivelatori al silicio, posizionati lungo il tunnel, a distanze tra i 210 e 220 m dal punto di interazione. I rivelatori al silicio sono ospitati in particolari stazioni, dette ‘Roman Pot’, che permette di avvicinare i rivelatori al fascio rendendo possibile la rivelazione di tracce emergenti dal fascio con angoli di pochi microradianti. TOTEM ha poi cambiato configurazione durante la fase 2 di LHC, spostando la posizione dei rivelatori al silicio e integrando, nelle stazioni di Roman Pot, dei rivelatori di tempo di volo (termine tecnico) delle particelle basati su sensori al diamante e al silicio. Modifiche che hanno consentito di migliorare la velocità e capacità della presa dati”.

 

La scoperta dell’odderone consente di fare luce sulle caratteristiche più profonde della QCD, in particolare quelle legate alla auto-interazione del gluone, il quale, avendo una carica di energia forte (colore) propria, non può esistere isolato al di fuori degli adroni, la classe di particelle di cui fanno parte protoni e neutroni. “Il risultato – spiega Nicola Turini, viceresponsabile dell’esperimento TOTEM – dimostra quindi come un numero dispari di gluoni possa aggregarsi in una combinazione con colore nullo, schermando di fatto l’interazione forte e conferma inoltre il fatto che le interazioni tra protoni e antiprotoni, alle energie del TeV, sono mediate attraverso lo scambio di gluoni. In generale la scoperta, oltre a confermare una previsione della QCD, ci aiuta a migliorare la modellizzazione delle interazioni forti alle alte energie”.

 

L’Italia e l’INFN hanno contribuito in maniera sostanziale alla costruzione e all’attività di TOTEM. I ricercatori dell’INFN rappresentano infatti la comunità più numerosa della collaborazione dopo quella del CERN. L’INFN ha inoltre avuto la responsabilità della realizzazione dei due rivelatori a gas, del sistema di acquisizione dati, dei rivelatori di tempo di volo e del sistema di distribuzione di alta precisione dei segnali di sincronizzazione dell’elettronica. “Oltre a questi ruoli legati alla realizzazione del rivelatore – fa notare Francesco Cafagna, rappresentante nazionale INFN della Collaborazione – i ricercatori dell’INFN rivestono ruoli primari nella governance dell’esperimento. Questo è stato possibile grazie alla partecipazione dei dipendenti e degli associati delle sezioni INFN di Bari, Genova, Pisa e del gruppo collegato di Siena”. [Matteo Massicci]

 

Link di riferimento: https://arxiv.org/abs/2012.03981 - https://home.cern/news/news/physics/totem-and-do-collaborations-announce-odderon-discovery

 

 

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