Il bello della frustrazione
Lo strano caso dei vetri di spin
di Enzo Marinari e Federico Ricci Tersenghi

fenomeno di frustrazione a.
Mentre in un ferromagnete (a sinistra) gli spin (rappresentati da freccette) si dispongono parallelamente nello stesso verso, in un vetro di spin (a destra) si ha un fenomeno di frustrazione: lo spin azzurro non sa come disporsi, essendo soggetto ad accoppiamenti ferromagnetici (linee grigie), che lo indurrebbero ad allinearsi nello stesso verso dei suoi vicini, e ad accoppiamenti antiferromagnetici (linea tratteggiata rosa), che lo indurrebbero ad allinearsi in verso opposto.
Quando magnetizziamo un pezzo di ferro, ciò che succede a livello microscopico è che i suoi magnetini elementari, gli “spin”, tendono ad allinearsi, cioè a disporsi parallelamente l’uno all’altro con lo stesso verso. Questo ordine si mantiene anche quando il campo magnetico viene spento, e scompare solo al di sopra di una certa temperatura critica, a causa dell’agitazione termica. È il fenomeno noto come “ferromagnetismo”. Ma ci sono alcuni materiali ferrosi per i quali le cose vanno diversamente. Si tratta dei “vetri di spin” (o “spin glass”), sistemi magnetici in cui le interazioni tra gli spin sono in competizione tra loro, a causa della presenza di una qualche forma di disordine strutturale (vd. fig. a). A causa di questa competizione (in gergo tecnico si parla di “frustrazione”), i vetri di spin non presentano a bassa temperatura l’usuale ordine ferromagnetico a lungo raggio: gli spin si “congelano” in direzioni apparentemente casuali e danno vita a un nuovo tipo di ordine a lungo raggio, chiamato “ordine di spin glass”. 
Proprio la natura particolare di questa nuova fase ha reso complicato identificarne chiaramente l’esistenza. Nei primi anni ’70, uno degli esperimenti chiave studiò la risposta di un vetro di spin a un debole campo magnetico, misurando la “suscettività magnetica” (una grandezza che quantifica il grado di allineamento degli spin del materiale a un campo magnetico) in due modi diversi (vd. fig. b). In un caso il campione viene raffreddato in assenza di campo magnetico, quindi il campo viene acceso e la suscettività magnetica viene misurata mentre il campione è lentamente riscaldato. Nel secondo caso, il campione viene direttamente raffreddato in presenza dello stesso campo magnetico. Sorprendentemente, a basse temperature si misurano delle curve di risposta totalmente differenti. In fase di spin glass, quindi, il sistema risponde diversamente allo stesso campo magnetico applicato secondo protocolli differenti. Questa è stata la prima importante evidenza sperimentale del fatto che i vetri di spin possono avere molti possibili stati termodinamici, separati da alte barriere di energia libera che non permettono un rapido rilassamento verso lo stato di equilibrio. 
Le caratteristiche peculiari dei vetri di spin hanno da subito affascinato i fisici teorici, spingendoli a costruire modelli per comprendere a fondo la fase di spin glass a bassa temperatura. 
Il modello più affermato è quello introdotto nel 1975 da Sam Edwards e Philip Anderson, in cui degli spin che possono assumere solo i valori binari +1 e −1 (detti “spin di Ising”), disposti su un semplice reticolo cubico, interagiscono tramite accoppiamenti casuali tra spin primi vicini. L’aleatorietà del segno nelle interazioni genera la frustrazione, che a sua volta produce un ordine di spin glass a basse temperature, al di sotto di una temperatura critica. La presenza di quest’ordine non è evidente: anche se si guarda la configurazione dello stato fondamentale non è facile capire che esiste un ordine a lungo raggio. Una soluzione (nella cosiddetta “approssimazione di campo medio”) del modello di Edwards-Anderson fu proposta poco dopo da David Sherrington e Scott Kirkpatrick, con quello che oggi è universalmente noto come modello SK, in cui tutti gli spin di Ising interagiscono fra di loro, con accoppiamenti a raggio infinito fissati aleatoriamente. Il metodo adottato per risolvere questi modelli era quello delle “repliche”, consistente nello studiare statisticamente un insieme di tante (al limite infinite) copie fittizie del sistema.
 
La risposta di un vetro di spin in funzione della temperatura, misurata dalla magnetizzazione b.
La risposta di un vetro di spin in funzione della temperatura, misurata dalla magnetizzazione (sull’asse verticale, in unità arbitrarie) dipende dalla presenza (curva blu) o meno (curva verde) di un campo magnetico (nel primo caso, la curva è quasi piatta a basse temperature).
 

Purtroppo, la soluzione di Sherrington e Kirkpatrick (trovata assumendo che le repliche fossero tutte equivalenti) risultava non fisicamente accettabile, e fu subito chiaro che si poneva un profondo problema teorico. Una possibile soluzione era che la simmetria tra le repliche (introdotte come espediente matematico per fare i calcoli e senza ancora alcun significato fisico) dovesse essere rotta. Furono fatti diversi tentativi in tal senso, ma la vera soluzione rivoluzionaria fu quella proposta alla fine degli anni ’70 da Giorgio Parisi, in cui la simmetria tra le repliche è rotta più volte in modo gerarchico. Possiamo immaginare che ogni replica finisca in uno dei tanti minimi di energia del sistema. Misurando la “vicinanza” tra coppie di repliche si scopre che per basse temperature le repliche non si dispongono tutte alla stessa distanza, ma seguendo una particolare distribuzione di probabilità. Questo risultato chiarisce che il modello SK ha un’infinità di stati termodinamici nella fase di spin glass, distribuiti in modo complesso, e il parametro d’ordine non è un semplice numero, bensì l’intera distribuzione di probabilità della distanza tra repliche diverse.
L’esistenza di molti stati termodinamici nella fase di spin glass implica che protocolli diversi di preparazione del sistema portano a forme diverse della suscettività magnetica, come già notato nei primi esperimenti. Se, ad esempio, si raffredda un vetro di spin sotto la temperatura critica senza campo magnetico e poi si accende il campo, il sistema non può uscire dallo stato in cui si trova e quindi non modifica il suo stato termodinamico globale. Se invece il sistema viene raffreddato in presenza del campo magnetico, gli sarà più facile raggiungere l’equilibrio termodinamico. L’andamento con la temperatura della suscettività in questi due casi calcolata nel modello SK con la soluzione di Parisi risulta simile a quanto ottenuto con le misure sperimentali (vd. fig. b). 

Giorgio Parisi c.
Giorgio Parisi durante la cerimonia di consegna del premio Nobel che, a causa della pandemia, si è svolta nell’Aula Magna della Sapienza Università di Roma il 6 dicembre scorso.
 
Proprio negli ultimi due o tre anni una terza generazione di esperimenti sta fornendo risultati ancora più interessanti. Un primo esperimento cruciale è stato quello di Kristian Jonason e collaboratori nel 1998, in cui si studiava la risposta di un vetro di spin in funzione della temperatura, attorno alla temperatura critica di 16,7 K, al di sotto della quale si ha una fase vetrosa di spin glass (vd. fig. d). La misura è stata fatta seguendo tre diversi protocolli. Nel primo (“riferimento”) il sistema viene riscaldato (dopo un raffreddamento effettuato nello stesso modo) dalla temperatura di 5 K, ben al di sotto della temperatura critica del sistema, fino a un valore vicino ai 25 K, con una variazione costante di temperatura di 0,1 K al minuto. In un secondo caso, la misura si effettua anche durante il raffreddamento del sistema, con una sola cruciale differenza: nel raffreddamento il sistema viene tenuto per sette ore a una temperatura intermedia uguale a 12 K. Durante queste sette ore la risposta fuori fase del sistema scende sostanzialmente. Questo mostra che il sistema è in effetti fuori dall’equilibrio e sta “invecchiando” (ageing). Dopo la lunga sosta a 12 K il protocollo riprende come nel caso precedente. Sorprendentemente, dopo un ulteriore raffreddamento il sistema ritorna rapidamente sulla curva ottenuta con il protocollo senza arresto: l’effetto dell’ageing viene completamente perso quando il sistema cambia anche di poco la temperatura. Questo dimostra che nella fase vetrosa gli stati del sistema a un dato valore della temperatura sono microscopicamente molto diversi da quelli che appaiono all’equilibrio. Infine, nel terzo protocollo la temperatura viene fatta risalire, dopo la discesa fatta con il protocollo con ageing, ma senza arresto a 12 K. Nonostante non ci sia nessuna fermata, la risposta crolla bruscamente proprio vicino a quella temperatura. In altri termini, il sistema ha memoria del protocollo che era stato usato per raffreddarlo!
L’esperimento di Kristian Jonason e collaboratorid.
L’esperimento di Kristian Jonason e collaboratori (1998): la risposta di un vetro di spin attorno alla temperatura critica ha memoria delle interazioni precedenti del sistema. (Figura adattata da K. Jonason et al., Phys. Rev. Lett., 81 (1998) 3243)
 
Un’altra serie di risultati riveste a sua volta una grande importanza, ed è rilevante anche perché un nuovo approccio sperimentale è stato in questo caso indirizzato da simulazioni numeriche. Si raffredda un campione di vetro di spin sotto la temperatura critica, si aspetta un certo tempo, si spegne il campo magnetico e infine si misura il decadimento della magnetizzazione. La funzione di risposta presenta un picco a tempi macroscopicamente lunghi, che diminuiscono al crescere del campo magnetico applicato e possono essere messi in relazione con la lunghezza caratteristica microscopica che governa il comportamento collettivo degli spin del sistema nella fase di bassa temperatura. Il fatto che i picchi siano visibili a tempi macroscopici è una precisa evidenza sperimentale dell’esistenza di un comportamento collettivo. La possibilità di misurare sperimentalmente una lunghezza di correlazione microscopica è un fatto estremamente nuovo e un risultato di notevole rilevanza. La fisica dei vetri di spin è un campo di ricerca estremamente vivace e ricco di sorprese. Le scoperte negli ultimi anni procedono spedite, sia dal punto di vista sperimentale, con le recenti analisi di sistemi monocristallini e di film di vetri di spin quasi bidimensionali, sia sul fronte teorico, con le simulazioni su grande scala del supercomputer Janus, l’analisi di nuove leggi di scala e i nuovi passi teorici e numerici verso la comprensione di quello che viene chiamato “caos in temperatura”, cioè l’estrema sensibilità dei vetri di spin a piccole variazioni di temperatura.

Biografia

Enzo Marinari è professore ordinario di fisica teorica presso il Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma. La sua ricerca è focalizzata sullo studio della meccanica statistica dei sistemi disordinati e complessi, con applicazioni, fra l’altro, a sistemi di interesse biologico e a reti neurali.

 

Federico Ricci Tersenghi è professore ordinario di fisica teorica presso il Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma. I suoi interessi di ricerca spaziano dalla fisica dei sistemi disordinati e complessi alle simulazioni numeriche su grande scala, con applicazioni a problemi di ottimizzazione e inferenza.


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DOI: 10.23801/asimmetrie.2022.32.2