I giganti a caccia
Due enormi esperimenti sono pronti nel sottosuolo di Ginevra.
di Maria Curatolo

a.
Visione del calorimetro di Atlas nel luglio del 2007. Sono visibili le otto bobine del magnete toroidale che circondano il calorimetro.

Scoprire il bosone di Higgs è uno degli scopi principali del Large Hadron Collider (Lhc) e, in particolare, dei due esperimenti Atlas (A Toroidal LHC ApparatuS) e Cms (Compact Muon Solenoid).
Questa particella, che riveste un ruolo molto importante nei meccanismi della natura descritti dall’attuale teoria delle particelle elementari (il Modello Standard), è stata già cercata, ma nessuno l’ha mai potuta osservare sperimentalmente. Il Modello Standard non fissa il valore della massa del bosone di Higgs, ma indica per essa soltanto un intervallo piuttosto ampio di valori possibili. Gli esperimenti finora effettuati, pur consentendo di stabilire che essa deve avere un valore contenuto tra poco più di 100 GeV/c2 e 1.000 GeV/c2, non hanno esplorato questo intervallo di valori nella sua totalità.
L’acceleratore Lhc e gli esperimenti Atlas e Cms sono stati progettati e realizzati in modo da garantire che l’Higgs possa essere scoperto ovunque sia posizionata la sua massa in tale intervallo. E nel caso in cui non venisse scoperto, i fisici dovrebbero sviluppare una teoria completamente nuova per spiegare l’origine delle masse delle particelle.
Avere due esperimenti, progettati indipendentemente e capaci di effettuare le stesse misure, è di cruciale importanza per una reciproca conferma dei risultati ottenuti. Questo è ancora più importante nel caso delle altre nuove scoperte che si attendono a Lhc. L’Infn partecipa a entrambi gli esperimenti con due grossi gruppi di circa 200 ricercatori e ha dato un contributo molto rilevante sia nella progettazione degli apparati sperimentali che nell’assunzione di responsabilità per la loro costruzione, coinvolgendo l’industria nazionale nelle fasi di disegno e di realizzazione. Sia Atlas che Cms sono due rivelatori di particelle, ossia degli esperimenti atti a “vedere” (rivelare) le particelle che si producono nello scontro frontale di due fasci circolanti nel tunnel di Lhc. Tutti i moderni apparati sperimentali operanti presso collisionatori di particelle sono costituiti di strati di sotto-rivelatori, ciascuno specializzato per rivelare un particolare tipo di particella o una sua particolare proprietà. I principali tipi di sotto-rivelatori utilizzati sono i rivelatori di tracce (o tracciatori), che “vedono” il percorso delle particelle cariche, i calorimetri, che misurano l’energia delle particelle, e i rivelatori per l’identificazione del tipo di particella. Altre componenti molto importanti, che costituiscono parti fondamentali di questo tipo di apparati, sono i magneti. Le particelle cariche che attraversano un campo magnetico assumono una traiettoria curva, e dalla curvatura si può risalire all’impulso (il prodotto di massa e velocità) della particella e alla sua carica elettrica.
Atlas e Cms sono entrambi costituiti da sotto-rivelatori con le funzionalità sopra descritte. Le scelte costruttive sono il risultato di un intenso programma di ricerca e sviluppo per conseguire le migliori caratteristiche e i progetti e le soluzioni tecniche adottate nei due esperimenti, in alcuni casi, sono simili, in altri completamente diversi.

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Una vista dall’alto del percorso sotterraneo del tunnel di Lhc nei pressi della città di Ginevra, in Svizzera. Il tunnel ha una circonferenza di 27 km. Nella foto è indicata l’ubicazione dei due esperimenti Atlas e Cms.

In particolare, i sistemi magnetici adottati sono l’esempio di una scelta molto differente. Una inconfondibile caratteristica di Atlas, infatti, è il suo enorme sistema magnetico. Esso consiste di otto avvolgimenti di cavo superconduttore a forma rettangolare, percorsi da elevate correnti, lunghi ben 25 m, alti circa 5 m e sistemati a raggiera attorno alla linea dei fasci. Al loro interno si genera un campo magnetico toroidale (così detto perchè il volume magnetizzato ha la forma di un anello cilindrico), nel quale sono disposti rivelatori in grado di “tracciare” le particelle. Una importante caratteristica di questo magnete è di poter essere usato per la misura di precisione dei muoni in modo autonomo, anche senza l’ausilio di altre parti dell’apparato. Infatti, l’assenza di ferro che elimina il limite dovuto allo scattering multiplo (piccole deviazioni, dovute all’interazione con la materia, che perturbano la traiettoria “ideale” delle particelle) e la grande estensione del campo magnetico consentono una misura dell’impulso con ottima precisione. Altri due magneti toroidali forniscono in Atlas il campo magnetico necessario alla misura delle particelle prodotte con un angolo piccolo rispetto alla linea dei fasci collidenti. Per la misura dell’impulso delle particelle cariche nel tracciatore interno è utilizzato un solenoide superconduttore che fornisce un campo magnetico di intensità pari a 2 Tesla: un valore 50.000 volte più intenso del campo magnetico terrestre.

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Schema dell’esperimento Atlas (in alto) e del campo magnetico di Atlas (in basso). Atlas, con la sua lunghezza di 46 m, un’altezza di 25 m e una larghezza di 25 m (si confronti con la dimensione delle persone disegnate nello schema), è il più grande rivelatore mai costruito. Il suo peso ammonta a ben 7.000 tonnellate.

Il sistema magnetico di Cms, invece, è costituito da un solo grande solenoide superconduttore. Esso fornisce al suo interno un campo magnetico molto intenso (di 4 tesla) nel quale sono immersi il tracciatore interno e i calorimetri. La struttura del magnete comprende inoltre quattro cilindri di materiale ferromagnetico posti all’esterno del solenoide e concentrici con esso. Tra tali strati sono posizionati i rivelatori di muoni. Nel caso di Cms, la precisione di misura dell’impulso dei muoni viene ottenuta combinando l’informazione delle tracce dei rivelatori per muoni con quella del tracciatore interno vicino al punto di collisione tra i fasci.
Mentre i sistemi magnetici dei due esperimenti sono così differenti, le tecnologie utilizzate per la realizzazione dei rivelatori di muoni sono le stesse: per esempio, nella regione centrale sono utilizzati rivelatori a gas a deriva di carica per la misura di precisione delle tracce e i cosiddetti Resistive Plate Chambers, rivelatori con un’ottima risoluzione temporale (ovvero la capacità di distinguere due segnali che si susseguono a brevissimo intervallo di tempo, misurabile in miliardesimi di secondo).
Atlas e Cms hanno scelto di realizzare calorimetri elettromagnetici (per misure di energia di elettroni, positroni e fotoni) di grande precisione, per avere la possibilità di rivelare un eventuale Higgs “leggero” (con massa dell’ordine di un centinaio di volte quella del protone!) che decada in due fotoni, ma hanno adottato tecniche diverse per la loro realizzazione.

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Schema dell’esperimento Cms (fig. e) e del campo magnetico di Cms. Cms (dimensioni: 21x15x15 m), pur essendo un rivelatore più piccolo di Atlas, pesa ben 12.500 tonnellate, quindi quasi il doppio. In particolare, il magnete soleinodale di Cms è il più grande mai costruito al mondo.

Atlas ha sviluppato un calorimetro elettromagnetico ad argon liquido e piombo di nuova concezione, con una geometria a “fisarmonica” che consente una buona uniformità e risoluzione spaziale. Esso individua, cioè, con buona precisione il punto di impatto del fotone o dell’elettrone sul calorimetro. Cms, invece, ha adottato un calorimetro elettromagnetico a cristalli di tungstato di piombo (PbWO4). I cristalli che lo compongono hanno prestazioni eccezionali in termini di risoluzione intrinseca, migliore di quella di Atlas.
Le soluzioni adottate per la misura di energia delle particelle sensibili alle interazioni forti, come protoni e pioni, nel settore centrale (la cosiddetta calorimetria adronica) sono invece simili per Atlas e Cms. La scelta è caduta per entrambi gli esperimenti su calorimetri a lastre di scintillatore, formate da un materiale plastico che emette luce se attraversato da particelle cariche e alternate ad assorbitori, che inducono la produzione a valanga delle particelle secondarie, tanto più abbondante quanto maggiore è l’energia della particella iniziale. Anche per il tracciatore interno sono state scelte soluzioni molto simili: strati sovrapposti di rivelatori al silicio, con una suddivisione estremamente elevata (80 milioni di celle solo per il rivelatore a pixel di Atlas), per permettere la misura di precisione dell’impulso delle particelle cariche e misurare i vertici secondari, ossia determinare dove avvengono i decadimenti delle particelle a vita media lunga (dell’ordine del millesimo di miliardesimo di secondo!), come lo sono ad esempio alcune particelle contenenti il quark b (b come beauty, uno dei sei tipi di quark). Il tracciatore interno di Atlas contiene inoltre un rivelatore a gas, il cosiddetto Transition Radiation Tracker, che ha la capacità di identificare gli elettroni mediante i raggi X, che solo essi generano in questo rivelatore.

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Installazione, nel gennaio del 2007, di una parte dell’apparato di Cms nella caverna che alloggia l’esperimento. Queste operazioni sono state molto delicate, dato che le dimensioni dei pezzi calati corrispondevano quasi esattamente a quelle del foro attraverso cui venivano posizionati nella caverna. La caverna di Cms si trova a 100 m di profondità.

Il fatto che l’intensità del campo magnetico nel tracciatore interno sia maggiore in Cms che in Atlas, fornisce a Cms una precisione maggiore nella misura del momento della particella.
Grazie dunque alle prestazioni di Lhc e degli apparati Atlas e Cms, siamo pronti a osservare l’Higgs qualunque sia la sua massa nell’intervallo in cui se ne sospetta l’esistenza. L’osservazione da parte di entrambi gli esperimenti di altri processi estremamente rari e difficili da individuare sarà un elemento di conferma importante delle scoperte che Lhc potrà offrire. Lhc e gli esperimenti Atlas e Cms possono fornire risposte a quesiti fondamentali sulle leggi e sui costituenti della natura ed esplorare una nuova frontiera di energia, alla ricerca di fenomeni inaspettati di Nuova Fisica.

Biografia
Maria Curatolo è ricercatrice presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell’Infn. Attualmente è responsabile nazionale dell’esperimento Atlas, al quale ha partecipato fin dalle prime fasi di progettazione circa 15 anni fa. Ha contribuito alla progettazione e realizzazione dello spettrometro per muoni di Atlas.

 

Link
http://atlas.ch/
http://cms.cern.ch/
http://web.infn.it/cms
http://www.youtube.com/cern

 

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