Guarire con i protoni
Ai piedi dell’Etna il primo centro di adroterapia in Italia.
di Giacomo Cuttone

a.
Interno del Ciclotrone Superconduttore ai Laboratori Nazionali del Sud dell’Infn che viene utilizzato per produrre il fascio di protoni per i trattamenti terapeutici con Catana.
La prima sperimentazione italiana di adroterapia è attiva già dal 2002 presso i Laboratori Nazionali del Sud dell’Infn, a Catania. Il centro clinico si chiama Catana (Centro di Adroterapia e Applicazioni Nucleari Avanzate) e si avvale di un ciclotrone superconduttore, altrimenti attivo nella fisica di base, per curare pazienti affetti da tumore maligno dell’occhio, il melanoma oculare. Nel mondo, i primi trattamenti con adroni sono stati effettuati a Berkeley nel 1954 con i protoni e nel 1957 con gli ioni dell’elio. Successivamente, numerosi centri, nati prevalentemente per la ricerca in fisica, hanno iniziato a trattare pazienti con particelle cariche (protoni, mesoni, ioni carbonio, elio, neon) o neutre (neutroni), dedicandovi parte della loro attività, in collaborazione con varie prestigiose istituzioni mediche.
Lo sviluppo della terapia con protoni ha visto nell’ultimo decennio una rapida e progressiva accelerazione grazie sia all’esperienza accumulata negli anni precedenti, sia allo sviluppo tecnologico che ha ormai reso possibile la costruzione di acceleratori di particelle esclusivamente dedicati alle attività in campo medico. In ogni paese in cui si è affermato l’utilizzo degli adroni a scopo radioncologico, l’avvio della sperimentazione clinica è avvenuto all’interno di laboratori di fisica nucleare ove erano disponibili gli acceleratori necessari all’applicazione medica. In Italia, il centro clinico Catana si basa sulla collaborazione fra i Laboratori Nazionali del Sud, il Dipartimento di Fisica e Astronomia e l’Azienda Policlinico dell’Università degli Studi di Catania, e il Centro Siciliano di Fisica Nucleare e Struttura della Materia.
Presso l’Azienda Policlinico sono operanti la Divisione di Oftalmologia e la sezione di Radioterapia, che sono incaricate di effettuare i trattamenti con fasci di protoni. Tali trattamenti si basano su fasci di protoni da 62 MeV prodotti dal Ciclotrone Superconduttore dei Laboratori del Sud, operativo nel campo della fisica nucleare già dal 1994. I fasci di protoni accelerati nel ciclotrone hanno una energia tale che in acqua possono penetrare per circa 3 cm e quindi permettono di curare tumori localizzati fino a questa profondità, come tutti i tumori della regione oculare, il più aggressivo dei quali è il melanoma oculare. Per 4-5 volte l’anno il fascio di protoni dei laboratori è disponibile agli oculisti e radioterapisti dell’Azienda Policlinico, che assieme ai fisici dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare eseguono i trattamenti dei pazienti affetti da tumori oculari.
b.
Un paziente durante il trattamento di un melanoma oculare con Catana.
All’interno dei Laboratori del Sud è stata realizzata una sala con una linea di fascio opportunamente progettata per fornire fasci di protoni con caratteristiche fisiche idonee al trattamento di tali malattie. Il sistema è completato da una sedia motorizzata e computerizzata, regolabile secondo la corporatura del paziente.
Nell’ambito delle attività di ricerca e sviluppo finanziate dall’Infn e dal Ministero dell’Università e della Ricerca, i ricercatori hanno anche sviluppato un sofisticato sistema di controllo delle caratteristiche fisiche e dosimetriche del fascio di protoni.
I trattamenti avvengono in quattro sedute giornaliere consecutive, effettuate nell’arco di una settimana. Dal febbraio del 2002 ad oggi ci sono state 18 settimane di trattamento durante le quali sono stati curati 150 pazienti. Di questi, 138 erano affetti da melanoma oculare e 12 da altre forme tumorali della regione oculare particolarmente aggressive.
Il 98% dei pazienti affetti da melanoma oculare trattati con Catana sono sopravvissuti e nel 96% dei casi la malattia viene tenuta sotto controllo, con il vantaggio di non dover asportare l’occhio del paziente, come sarebbe stato necessario in assenza di radioterapia. Questi risultati sono estremamente positivi per una malattia particolarmente aggressiva quale è il melanoma.
Nei pazienti affetti da altre patologie sono stati ottenuti risultati analoghi.
[as] approfondimento
Accelerare nel freddo: storia di un ciclotrone italiano molto longevo
1.
Trasporto del cavo di rame per l’avvolgimento delle bobine del primo ciclotrone di Milano nei primi anni ’60.
 

Milano anni ’60. Presso il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi viene realizzato un ciclotrone per l’accelerazione di protoni con energia da 18 a 45 MeV. È il primo ciclotrone realizzato in Italia e sarà per diverso tempo un punto di riferimento per esperimenti di fisica nucleare delle basse energie. Del nucleo originario di ricercatori che realizzarono il ciclotrone faceva parte Francesco Resmini. Nella seconda metà degli anni ’70 egli fu l’ideatore e il promotore del Ciclotrone Superconduttore, la cui realizzazione iniziò nel 1981. La novità principale è stata l’utilizzo della superconduttività, quel fenomeno per cui alcuni materiali a temperature molto basse assumono resistenza nulla al passaggio di corrente elettrica. Le bobine del Ciclotrone Superconduttore, formate da niobio-titanio, si trovano alla temperatura di -268,96 °C (quella dell’elio liquido che serve per raffreddarle, rendendole così superconduttive), quindi prossime allo zero assoluto (-273,15 °C). Grazie alla superconduttività si ottengono campi magnetici elevati e di conseguenza macchine compatte. Il ciclotrone ha un diametro di 4 m, un’altezza di 3 m e un peso di 200 tonnellate. Un ciclotrone non superconduttivo di pari prestazioni avrebbe un diametro di circa 12 m e un peso di 2000 tonnellate. Il Ciclotrone Superconduttore è stato progettato per accelerare tutte le specie di ioni, dall’elio all’uranio, con energie sino a 100 MeV per nucleone per gli ioni leggeri e 20 MeV per nucleone per i più pesanti. La scomparsa prematura di Francesco Resmini creò molte difficoltà al progetto che fu comunque portato a compimento dai suoi collaboratori. Dopo il completamento delle misure magnetiche a Milano, il ciclotrone fu trasportato ai Laboratori Nazionali del Sud, dove accelerò con successo il primo fascio nel 1994. Ancora oggi è in uso per la fisica nucleare, ma anche per la terapia di alcune forme tumorali dell’occhio (il progetto Catana). La realizzazione di una macchina di questo tipo rappresentò una sfida scientifica e tecnologica impegnativa. Il Ciclotrone Superconduttore è stato il primo in Europa e il terzo nel mondo. Il coinvolgimento e il contributo di aziende italiane è stato importante: l’Ansaldo per l’avvolgimento delle bobine, la Zanon per la costruzione del criostato, la Metalli Industriali per la fornitura del cavo. Per la sua costruzione fu realizzato un nuovo laboratorio, il Lasa (Milano), che ha senza dubbio favorito la crescita in ambito Infn di competenze avanzate nel campo degli acceleratori e della superconduttività applicata. [Carlo De Martinis]

Biografia
Carlo De Martinis, docente presso il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, ha partecipato a tutte le fasi della realizzazione del Ciclotrone Superconduttore. La sua attività attuale è rivolta allo sviluppo di acceleratori per applicazioni in adroterapia.

 

Biografia
Giacomo Cuttone è dirigente di ricerca Infn ai Laboratori Nazionali del Sud (Lns) di Catania e responsabile del progetto Catana. È inoltre responsabile nazionale del progetto speciale Excyt e membro della collaborazione Scent.

 

Link
http://www.lns.infn.it/CATANA/CATANA  

 

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