Fertili analogie
A conversazione con Giovanni Jona-Lasinio

di Antonella Varaschin


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Giovanni Jona-Lasinio nel suo studio, all’Università La Sapienza di Roma, durante l’intervista nel gennaio scorso.

“Era il settembre del 1959 quando partii per Chicago. Ci andai proprio con l’idea di lavorare con Yoichiro Nambu. Lo avevo sentito qualche mese prima durante un seminario a Roma e avevo subito pensato che era la persona con cui avrei voluto lavorare”. Inizia così il suo racconto Giovanni Jona-Lasinio, oggi professore emerito dell’Università La Sapienza di Roma, nei primi anni ’60 uno dei protagonisti degli studi in teoria dei campi che aprirono la strada alla formulazione del meccanismo di Higgs. A quei tempi, Jona-Lasinio era un giovane scienziato a inizio carriera. Nambu lo considerò da subito il suo collaboratore e gli spiegò la possibile analogia tra simmetria di gauge nella superconduttività e simmetria chirale in fisica delle particelle. “Nambu e io facemmo un conto, che oggi non è più di grande interesse ma che allora considerammo essenziale per capire se eravamo sulla buona strada. E ottenemmo risultati diversi. Tra l’altro, se il suo risultato era quello giusto, significava che forse l’analogia con la superconduttività non era da perseguire. Lo ripetemmo una seconda volta: idem. Alla terza mi manifestò la sua insoddisfazione, convinto che io sbagliassi. Io però ero sicuro dei miei conti e gli suggerii di applicare il teorema di de L’Hôpital, poiché si trattava di valutare la differenza di due diagrammi di Feynman divergenti: rifece il conto e ottenne il mio stesso risultato. ‘You won’ – hai vinto – mi disse con tono non proprio contento. Ma da quel momento in poi ebbe fiducia nelle mie capacità”.
“La collaborazione con Nambu fu assolutamente piacevole. Il suo modo di impostare le cose basandosi su analogie mi era congeniale, perché per inclinazione naturale io funziono soprattutto per associazione di idee. Iniziammo subito a condividere e discutere l’idea che lui aveva in testa, ma che era ancora piuttosto vaga”. Nambu si era dedicato allo studio della teoria della superconduttività, a quei tempi molto in voga negli Stati Uniti e pressoché sconosciuta in Italia. Ed era rimasto molto stupito che la teoria della superconduttività, nella forma che aveva allora, non soddisfacesse alla simmetria di gauge. Si era dedicato così a cercare un modo per ristabilire questa simmetria. “Nambu non fu il solo ad affrontare questo problema, ma un grande merito del suo lavoro fu l’aver riformulato la teoria della superconduttività nel linguaggio della teoria dei campi, quindi nel linguaggio della fisica delle particelle”.

Tra le simmetrie della teoria delle particelle vi era la simmetria chirale, una delle ipotesi della teoria delle interazioni deboli, che imponeva l’annullarsi della massa delle particelle che obbediscono alla statistica di Fermi. Sperimentalmente però non era così. “Bisognava eludere questo vincolo. Lo si poteva fare con un meccanismo che avevamo chiamato meccanismo dinamico, dove interveniva appunto l’analogia con la superconduttività. Dovevamo tuttavia elaborare un modello relativistico di particelle. Iniziammo a costruirlo ispirandoci alla teoria che in quegli anni Heisenberg propagandava con grande enfasi: l’esistenza di tutte le particelle si può ricavare da un’unica equazione”. Questa equazione era però poco accettabile per la teoria dei campi, poiché non era rinormalizzabile e non si capiva bene che significato avesse. La teoria di Heisenberg non ebbe successo, però conteneva delle idee interessanti, in particolare proprio l’idea di rottura spontanea di simmetria. “Prendemmo allora questa teoria e la trattammo in modo brutale, applicando quello che in gergo si chiama cut-off, cioè limitando le energie in gioco. Cominciammo a fare i conti e a tirar fuori le conseguenze di questa ipotesi. In particolare, risultava che oltre alle particelle fermioniche dotate di massa, esistevano bosoni a massa zero, chiamati in seguito bosoni di Goldstone. Il nostro era un calcolo fatto con un’approssimazione poco attendibile, dato che si trattava di interazioni forti, ma il risultato era molto interessante”. Nambu fu invitato a parlare di questo lavoro ancora in fieri all’annuale Midwest Conference in Theoretical Physics della Purdue University. Solo che dovette rinunciarvi per problemi familiari, e vi mandò il giovane Jona-Lasinio. “Andavo a presentare idee completamente nuove a una platea fatta dai guru della superconduttività e della teoria dei campi. Insomma, la notte precedente dormii poco. Ma alla fine andò molto bene, anzi, ci furono incoraggiamenti a proseguire su quella strada”.

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Giovanni Jona-Lasinio con Yoichiro Nambu durante un seminario per gli studenti del Dipartimento di Fisica dell’Università di Osaka, in Giappone, il 30 luglio 2013.
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Yoichiro Nambu (nella foto) e Giovanno Jona-Lasinio hanno avuto una proficua collaborazione scientifica dagli anni ’60.
Così prima dell’estate, era il ’60, Nambu e Jona-Lasinio inviarono per la pubblicazione il loro primo lavoro scritto assieme, dal titolo Dynamical Model of Elementary Particles Based on an Analogy with Superconductivity: Nambu curò la parte generale, Jona-Lasinio quella dei conti. “Lì per lì, l’articolo non fu accolto da grande entusiasmo. Ma c’è un dettaglio divertente. Proprio all’ultimo io volli aggiungere una sezione che si chiamava ‘teoria fenomenologica’, perché volevo capire a livello fenomenologico come questo modello potesse essere messo alla prova. Scrissi alcune equazioni e Nambu fu d’accordo nell’inserirle. E qualche anno dopo sentii Peter Higgs durante un seminario dedicato al suo lavoro da Nobel iniziare la sua esposizione proprio da quella sezione”.
“Al momento della sua pubblicazione, l’articolo di Higgs fu accolto con un po’ di rammarico da parte nostra, perché avevamo tutti gli elementi per farlo noi: nella teoria della superconduttività è presente il meccanismo di Higgs. Per trasportarlo nella teoria dei campi mancava solo un ingrediente, bastava accoppiare le equazioni che avevo scritto con un campo di gauge. Un paio d’anni dopo il nostro articolo, uscì un lavoro di Baker e Glashow che riprendeva la nostra idea e introduceva per la prima volta il termine di ‘rottura spontanea di simmetria’. Pur essendo un fenomeno comunissimo, infatti, nella materia e nella vita di tutti i giorni (un esempio è il magnetismo), fino a quel momento non aveva avuto un nome. Non era stato colto come un fenomeno generale. Questo succede spesso nella scienza: un problema si vede solo dopo che uno in un qualche modo l’ha risolto, l’ha capito. Comunque, sta di fatto che noi non abbiamo spinto le nostre analogie abbastanza oltre. Dopo aver pubblicato il lavoro tornai in Italia, penso sbagliando, perché negli Stati Uniti avrei potuto proseguire per qualche tempo la collaborazione con Nambu con cui avevamo raggiunto un notevole affiatamento”. Al suo rientro a Roma nel 1961, Jona-Lasinio cercò di capire come si potesse formulare in generale l’idea di rottura di simmetria sottostante al loro modello. Sviluppò così un concetto oggi accettato tanto da trovarsi nei libri di testo della teoria dei campi: quello di azione efficace. Tuttavia si allontanò dalla fenomenologia delle particelle per iniziare un percorso che continua tuttora, nella meccanica statistica, trasferendovi idee della teoria dei campi. “Sono state ancora le analogie a caratterizzare il mio percorso successivo alla collaborazione con Nambu. La conferma della loro efficacia mi ha dato molte soddisfazioni. Nonostante ciò qualche volta ho provato una certa nostalgia per le particelle!”.

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