Fabbrica di antiatomi
Dal 2002 al Cern produciamo atomi di anti-idrogeno.
di Alberto Rotondi e Gemma Testera

Fino agli anni ’90 dello scorso secolo, non erano mai stati fabbricati in laboratorio dei veri e propri antiatomi. I fisici erano riusciti a rivelare vari tipi di antiparticelle (tra le più note: positroni, antiprotoni e antineutroni) e anche a creare un antinucleo. La materia, però, è formata da nuclei intorno ai quali orbitano elettroni: cioè atomi. Creare degli antiatomi significa quindi produrre della vera e propria antimateria, per poterne studiare a fondo le proprietà.
I primi tentativi in questa direzione si sono rivolti verso l’anti-idrogeno, il più semplice antiatomo, il cui nucleo è costituito da un unico antiprotone, con un solo positrone orbitante.
I primi, pochissimi, atomi di anti-idrogeno furono creati al Cern e al Fermilab tra il 1995 e il 1996: essi però non erano sufficienti per studiare le proprietà dell’antimateria. Erano solo poche decine e, per giunta, risultò impossibile catturarli e manipolarli. Nacque così nel 1997 l’esperimento Athena (Apparatus for High precision Experiment on Neutral Antimatter), frutto della collaborazione di un gruppo di circa 40 fisici provenienti da Italia, Svizzera, Gran Bretagna, Danimarca, Giappone, Brasile, che si propose di produrre grandi quantità di atomi di anti-idrogeno, utilizzando il fascio di antiprotoni dell’Antiproton Decelerator del Cern di Ginevra. Il successo di Athena arrivò nell’agosto del 2002 quando riuscì a produrre 50 mila atomi di anti-idrogeno.
Tra il 2002 e il 2004 ne fabbricò più di 2 milioni, trovando le condizioni ottimali per il processo di formazione, e mostrando così la fattibilità di nuovi esperimenti per lo studio della simmetria CPT (verificando se i livelli energetici dell’atomo di idrogeno sono identici a quelli dell’atomo di anti-idrogeno) e per i test sull’antigravità.
L’apparato di Athena, che ha permesso la produzione di grandi quantità di antimateria, è piuttosto complesso ed è in grado di formare gli antiatomi combinando antiprotoni e positroni e di rivelare i singoli antiatomi uno ad uno, grazie a un rivelatore altamente sofisticato. Positroni e antiprotoni vengono immagazzinati in “scatole” che i fisici chiamano trappole: sono camere cilindriche, grandi poco più di una comune pompa da bicicletta, costituite da elettrodi coassiali di metallo e tenute sotto vuoto. Le particelle di antimateria (i positroni e gli antiprotoni) sono contenute nella scatola come un gas in una bottiglia, e rimangono confinate per mezzo di pareti non materiali costituite da campi elettrici e magnetici, che le tengono vicine al centro della scatola, in modo che non tocchino le pareti materiali perché altrimenti scomparirebbero per annichilazione. Quindi l’antimateria è intrappolata in una sorta di “bottiglia magnetica”.
Per potersi legare insieme a costituire un atomo di anti-idrogeno, antiprotoni e positroni devono formare un gas molto freddo, a una temperatura di pochi gradi sopra lo zero assoluto.

a.
All’interno della trappola di ricombinazione gli antiprotoni (in giallo) penetrano nella nuvola di positroni (in blu). Gli anti-idrogeni (in rosa) che si formano si annichilano sulle pareti (annichilazione dell’anti-idrogeno).

Queste particelle vengono però fornite all’esperimento a temperature molto più elevate. Ad esempio, gli antiprotoni prodotti con l’Antiproton Decelerator, hanno un’energia cinetica che corrisponde a una temperatura migliaia di volte più alta di quella del Sole. È proprio nelle trappole che avviene il processo di rallentamento, senza il quale l’antiatomo non si potrebbe formare. Gli antiprotoni vengono catturati in una prima trappola e qui rallentati attraverso uno scambio di energia con elettroni freddi: la loro temperatura diventa milioni di volte inferiore a quella iniziale in un tempo di soli circa 20 secondi.I positroni, che derivano invece dal decadimento di una sorgente radioattiva di sodio (22Na), vengono rallentati e quindi immagazzinati in una seconda trappola.
La parte più complessa è ora il trasferimento e l’intrappolamento simultaneo di entrambe le nubi (plasmi) di antiparticelle in una terza trappola di ricombinazione posta tra le prime due. Prima si trasferisce la nube di positroni, che si posiziona in una buca di potenziale al centro della trappola e mantiene una temperatura di -258 °C. Poi, variando opportunamente i campi elettrici, si trasferisce la nube di antiprotoni, che rimane a energia superiore di quella dei positroni. Gli antiprotoni oscillano tra le barriere di potenziale della trappola, attraversando continuamente il plasma di positroni: in questo modo si riesce a formare l’anti-idrogeno. Questo antiatomo, essendo neutro, sfugge ai campi confinanti e arriva sulle pareti della trappola.

b.
L’esperimento Athena al Cern di Ginevra, in Svizzera. Quando materia e antimateria annichilano, producono alcune particelle elementari (mesoni) e due deboli lampi di radiazione, cioè due fotoni. Il rivelatore di Athena riusciva a individuare i mesoni, registrando i segnali elettrici che essi rilasciavano in due strati concentrici di sottili strisce di silicio, mentre i fotoni venivano rivelati dalla luce emessa attraversando i cristalli di ioduro di cesio.

Qui l’antiprotone annichila con un nucleo di un atomo di materia, producendo alcune particelle nucleari (dette mesoni), e il positrone annichila con un elettrone, producendo due deboli lampi di radiazione, cioè due fotoni con un’energia di 511 keV ciascuno (pari cioè alle masse dell’elettrone e del positrone) che partono in direzioni opposte.
Athena ha rivelato simultaneamente questi due tipi di segnali, segno dell’avvenuta annichilazione tra materia e antimateria. Si è dimostrato, così, che è possibile creare antiatomi freddi, aprendo la strada a una nuova generazione di esperimenti.

[as] approfondimento
Come cade l’antimateria
1.
Schema delle trappole per antiprotoni e positroni nell’esperimento Aegis e dell’apparato per la misura della gravità.
 

Tutti i corpi, qualunque sia la loro forma o la loro composizione chimica, sono attratti dalla Terra allo stesso modo e cadono con la stessa accelerazione g = 9,8 m/s² (circa). Questo lo capì già Galileo, 400 anni fa, e Einstein fece di questa osservazione il pilastro su cui fondare la sua teoria della gravitazione, detta Relatività Generale. Dunque, secondo Einstein, anche atomi fatti di antimateria dovrebbero cadere verso la Terra con la stessa accelerazione g dei corpi materiali. Ma nessuno finora ha mai realizzato un esperimento per verificare direttamente questo fatto. Il motivo principale è che la forza gravitazionale su singoli atomi (o antiatomi) è molto molto debole e, per misurarne gli effetti, occorrerebbe mantenere gli antiatomi in interazione con la Terra per tempi estremamente lunghi, in apparati sperimentali grandi più di intere città! L’esperimento diventa invece fattibile quando gli antiatomi sono molto freddi (cioè quasi fermi), come quelli prodotti da Athena. Il successore di Athena sarà il nuovo esperimento Aegis, in preparazione al Cern di Ginevra, che dovrebbe entrare in funzione tra il 2010 e il 2011 e che coinvolgerà vari ricercatori dell’Infn oltre a numerosi collaboratori stranieri. Aegis produrrà antiidrogeno ancora più freddo di quello di Athena, con una temperatura di 0,1 gradi sopra lo zero assoluto, e misurerà la caduta degli antiatomi dopo un metro di percorso. Gli antiprotoni saranno raffreddati nella trappola superiore (vd. fig. 1). Una nuvola densa di positroni verrà fatta incidere sul bersaglio posta sotto la trappola e qui si formerà il positronio (un elettrone e un positrone legati). Il positronio sarà poi investito da un fascio di luce laser che lo porterà in uno stato eccitato. Ora, il positronio eccitato, attraversando la nuvola di antiprotoni freddi, ha una grande probabilità di formare dell’anti-idrogeno freddo. Occorre un sistema piuttosto sofisticato per misurare la caduta di questi atomi di anti-idrogeno: un fascio orizzontale passerà attraverso due grate materiali con scanalature orizzontali seguite da un rivelatore di posizione, con cui si misurerà la posizione verticale di arrivo di questi antiatomi. Alcuni arriveranno sul rivelatore, altri no perché saranno fermati dalla grata stessa. La distribuzione delle posizioni verticali degli atomi di anti-idrogeno che annichilano sul rivelatore mostrerà una struttura di “luce e ombra” come quella prodotta da una tapparella semichiusa attraversata dai raggi del Sole. È studiando le caratteristiche di questa struttura che si otterrà per la prima volta il valore di g per l’antimateria.

Biografia
Alberto Rotondi insegna Fisica Nucleare all’Università di Pavia ed è attualmente direttore della locale sezione Infn. È stato rappresentante al Cern degli esperimenti Obelix e Athena.

 

Gemma Testera svolge la sua attività di ricerca presso l’Infn ed è impegnata da quasi 20 anni nel campo dell’antimateria e della rivelazione dei neutrini solari. È responsabile del gruppo italiano di Athena e rappresentante della collaborazione internazionale Aegis.

 

Link
http://athena.web.cern.ch/athena/

 

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