Editoriale

Caro lettore,

Il fascino di una particella che viene scoperta nel 1936 come “mesone”, ma che poi, molti anni dopo, si rivela tutt’altra cosa, persiste tutt’oggi. Era stata identificata come la particella funzionale a trasformare neutroni in protoni nelle teorie dell’epoca ed era stata predetta da Yukawa, quindi niente di imprevisto, anzi... Senonché la natura è capace di sorprese straordinarie e, grazie al famoso esperimento fatto da Conversi, Pancini e Piccioni negli anni ’40 sotto le bombe che cadevano su Roma, si vide che questo oggetto non era un mesone (anche se per molto tempo si continuò a chiamarlo “mesone-mu”) e non aveva affatto interazioni forti come il protone e il neutrone, anzi piuttosto deboli! Quindi non più mesone-mu ma “muone”. Era un elettrone pesante e, poiché non era predetto da nessuna teoria e non sembrava servire a nulla nell’interpretazione di allora della natura, il fisico Isaac Raabi pronunciò la famosa frase “Who ordered that?” (“E questo chi lo ha ordinato?”). Invece, in realtà, era il primo segnale dell’esistenza delle tre famiglie dei leptoni (e dei quark), che poi furono incasellate nel modello standard. Per quanto riguarda la questione posta da Raabi, la risposta non la sappiamo ancora, ma abbiamo imparato a sfruttare le sue straordinarie proprietà, sviluppando tecniche sperimentali che ci hanno permesso di osservare il bosone di Higgs e i neutrini cosmici. Ci siamo persino ingegnati per capire come la particella “inutile” potesse essere usata anche al di là del mondo della fisica delle alte energie. Il muone non ha interazioni forti, come già detto, e poiché è 210 volte più pesante dell’elettrone irraggia molto poco e quindi procede diritto, sensibile solo alla quantità di materia che incontra lungo il suo cammino. I muoni che ci cadono addosso dal cielo non sono certo pochi (uno al minuto su ogni centimetro quadrato), quindi li possiamo usare per fare qualcosa di simile alla radiografia, lo studio dell’interno di qualcosa che non possiamo vedere direttamente: la tomografia muonica. Qualche esempio? Nell’interno della Piramide di Cheope alla ricerca di camere nascoste o per l’ispezione di camion, che potrebbero portare materiali molto densi e sospetti, o del reattore danneggiato di Fukushima e, ancora più interessante per noi, per studiare la presenza e distribuzione del magma in vulcani come il Vesuvio e l’Etna. Uno studio che l’Infn conduce in collaborazione con l’Ingv. Non sappiamo chi ha ordinato il muone, ma è certo che lo sappiamo sfruttare molto bene!

 

Buona lettura.

Fernando Ferroni
presidente Infn

 

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