Chi fa l'onda
Tra le stelle, tenori, soprani e bassi.
di Luca Baiotti e Bruno Giacomazzo

Le sorgenti di onde gravitazionali possono essere di natura molto diversa. I segnali che emettono sono tipici e riconoscibili e rappresentano dunque una sorta di impronta della loro origine. Essi sono caratterizzati da una frequenza principale e da un comportamento peculiare che ci permette di classificarli in segnali impulsivi, periodici o stocastici. Un gruppo a sé è costituito dai segnali da spiraleggiamento, che combinano caratteristiche diverse e sono prodotti dalla coalescenza di sistemi binari di oggetti molto compatti.
Tra i segnali impulsivi più intensi ci sono quelli prodotti dai collassi gravitazionali. Quando una stella esaurisce la sua scorta di combustibile nucleare, essa collassa fino a formare una stella di neutroni o un buco nero.

Una stella di neutroni è una stella molto compatta con un raggio di una decina di chilometri e una massa intorno a 1,5 masse solari. La sua densità media è così elevata che un solo metro cubo della materia di cui è fatta equivale, in massa, all’intera catena dell’Himalaya.
I buchi neri, invece, sono caratterizzati da un campo gravitazionale ancora più intenso, tanto che neanche la luce riesce ad abbandonare la loro superficie.
Quando a collassare è una stella di grandi dimensioni (con una massa pari almeno a 8 masse solari), il collasso scatena e alimenta una successiva esplosione del mantello della stella, la supernova, e nell’esplosione si pensa venga emessa un’onda gravitazionale di durata limitata e di grande ampiezza.

 

a./b./c./d.
Simulazione al computer del collasso di una stella di neutroni destinata a evolvere in buco nero.

a. La stella al tempo iniziale: sono visibili le superfici di uguale densità della stella (in blu e verde) e la curvatura dello spaziotempo.

b.
La stella collassa producendo un buco nero e si crea l’orizzonte degli eventi (in bianco): la superficie dalla quale niente può più uscire, a causa della grande attrazione gravitazionale.
c.
Nel collasso è emesso impulso di onde gravitazionali.
d.
Nel collasso è emesso impulso di onde gravitazionali.

Con gli attuali rivelatori possiamo purtroppo aspettarci di osservare solo eventi prodotti da sorgenti interne alla nostra galassia, la cui frequenza prevista è di circa uno ogni cinquant’anni. Per osservare un numero maggiore di eventi è necessario misurare anche esplosioni avvenute molto più lontano e per questo in tutto il mondo sono in corso grossi sforzi volti ad aumentare la sensibilità dei rivelatori.
Onde gravitazionali di tipo periodico sono emesse da stelle di neutroni in rotazione (ad esempio le pulsar). In questo caso l’onda è tanto più intensa quanto più queste stelle sono asimmetriche, ad esempio a causa del campo magnetico interno, e quanto più alta è la loro velocità di rotazione.
In questo caso, le onde gravitazionali sono caratterizzate da un insieme limitato di frequenze e sono dunque più facili da identificare rispetto alle onde impulsive.
Ciò che rende difficile la loro rivelazione, tuttavia, è la loro minore ampiezza.
Esiste poi una terza classe di sorgenti che emette onde gravitazionali di tipo stocastico, cioè un segnale in cui non si possono riconoscere elementi ripetitivi e che è percepito come casuale.
Sorgenti di questo tipo possono avere origine astrofisica o cosmologica. Un esempio delle prime è il fondo stocastico che si pensa prodotto da un elevato numero di sistemi binari di stelle meno compatte delle stelle di neutroni, il cui segnale sarebbe troppo debole per poter essere individuato singolarmente. Nel complesso, però, esse produrrebbero un fondo alle basse frequenze, che è possibile rivelare nello spazio. Il fondo stocastico cosmologico fu invece generato dall’esplosione del Big Bang e quindi fornirebbe un’immagine del primo istante di vita dell’Universo.

e.
Simulazione al computer di un sistema binario di due buchi neri (il cui orizzonte è rappresentato in grigio). Sono rappresente le diverse fasi dell’evoluzione, fino al momento della coalescenza del sistema che produce un singolo buco nero. La griglia rappresenta la curvatura prodotta nello spaziotempo.

I sistemi binari di stelle di neutroni e/o buchi neri costituiscono una classe a sé stante, perché quando i due oggetti compatti sono molto distanti tra loro producono un segnale, detto di spiraleggiamento, approssimativamente periodico, benché di piccola intensità e quindi difficilmente rilevabile. Tuttavia, quando i due oggetti sono più vicini (a causa della perdita continua di energia e momento angolare attraverso la radiazione gravitazionale), l’intensità delle onde emesse aumenta, così come la frequenza, fino al momento dello scontro e dell’eventuale collasso, durante il quale avviene una copiosa e impulsiva emissione di radiazione. Anche in questo caso, come in quello delle sorgenti impulsive, se ci si limita ad osservare una regione di Universo contenente solo la nostra galassia, le probabilità di rivelazione sono basse: dell’ordine di una ogni centomila anni. Con le nuove generazioni di rivelatori sarà possibile estendere il raggio di osservazione a distanze di circa un miliardo di anni luce, per le quali ci si aspetta di poter rivelare dai due ai venti eventi all’anno, nel caso rispettivamente di sistemi binari di due buchi neri o di due stelle di neutroni.
I sistemi binari sono probabilmente le sorgenti che al momento conosciamo meglio dal punto di vista teorico, anche grazie ai notevoli progressi che si sono ottenuti negli ultimi anni mediante l’utilizzo di simulazioni numeriche. Le equazioni della relatività generale che descrivono la dinamica di questi oggetti sono infatti così complesse da rendere necessario l’utilizzo di avanzati algoritmi numerici e potenti risorse di calcolo. Questo ha portato alla nascita di una nuova branca della fisica, nota con il nome di relatività numerica, che ha permesso di fornire per la prima volta una descrizione accurata di fenomeni astrofisici come il collasso di stelle di neutroni o la collisione di buchi neri in sistemi binari, fornendo al contempo una prima stima del segnale che le antenne gravitazionali dovranno rivelare.

[as] approfondimento
Eventi e strumenti
 

Nel seguito vedremo gli strumenti per rivelare le onde gravitazionali, di cui qui riportiamo alcune caratteristiche. Le curve rappresentano la sensibilità, per onde gravitazionali di diversa frequenza, di vari esperimenti, presenti o futuri. Per ogni strumento è riportata l’ampiezza minima di un’onda gravitazionale di una certa frequenza, che lo strumento è in grado di rivelare. Sull’asse orizzontale sono indicate le possibili frequenze dell’onda, in Hz, e sull’asse verticale è rappresentata la sua ampiezza: quanto più bassa è la curva, tanto più sensibile – quindi migliore – è il rivelatore. Più precisamente, le curve rappresentano per ogni frequenza l’ampiezza dell’onda gravitazionale in grado di produrre nel rivelatore un segnale uguale a quello prodotto dal rumore, in media e a quella stessa frequenza. Per rumore di un rivelatore si intende il segnale generato da tutti i fenomeni di disturbo presenti ad ogni frequenza. Per un interferometro terrestre come Virgo, o Ligo, ad esempio, un sisma, o qualunque altro tipo di vibrazione, è un rumore che può mascherare l’effetto delle onde gravitazionali. Per Lisa, che è un osservatorio spaziale, le sorgenti di rumore sono naturalmente di tipo diverso. E diverse ancora sono le cause che generano disturbo nei rivelatori acustici, come Auriga, Dual, Explorer e Nautilus. In ogni caso non è mai possibile liberarsi completamente del rumore. Dato che il rumore è una media statistica, solo i segnali che lo superano di molto in ampiezza potranno essere riconosciuti immediatamente; i segnali di poco superiori ad esso, invece, potranno essere identificati soltanto mediante complesse analisi dei dati. Le aree ombreggiate rappresentano le possibili ampiezze delle onde gravitazionali prodotte da fenomeni astrofisici, alle diverse frequenze. Le ampiezze attese possono variare di molto, perché le nostre previsioni sono incerte e perché non sappiamo a che distanza si trova la sorgente. [C. Bradaschia]

Biografia
Luca Baiotti e Bruno Giacomazzo sono ricercatori all’Albert Einstein Institute (AEI, Golm, Germania). Hanno sviluppato i codici numerici Whisky e WhiskyMHD per la soluzione delle equazioni di relativistica: due laboratori astrofisici “virtuali” attraverso i quali è possibile predire l’emissione di onde gravitazionali da stelle di neutroni e sistemi binari.

 

Link
Immagini e filmati da simulazioni numeriche di sorgenti di onde gravitazionali
http://numrel.aei.mpg.de/Visualisations/

 

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