[as] benvenuti a bordo
Intervista a Paolo Giordano
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di Catia Peduto

Abbiamo incontrato Paolo Giordano, scrittore e dottorando in fisica teorica associato alla sezione dell’Infn di Torino, alla presentazione del suo libro La solitudine dei numeri primi (ed. Mondadori) alla libreria Feltrinelli di Roma nella Galleria “Alberto Sordi”. Il suo libro in poco tempo ha raggiunto la vetta delle classifiche di vendita, imponendosi nelle prime posizioni, e il giovane autore ha vinto il prestigioso Premio Strega e il Premio Campiello Opera Prima. Il romanzo narra le vicissitudini di due adolescenti dalla loro infanzia all’età adulta. Paolo usa la matematica e la fisica, che ha studiato con passione tanto da decidere di proseguire la carriera da scienziato e farne la sua futura professione, per coniare metafore esistenziali estremamente calzanti. Così Alice e Mattia, i due protagonisti del romanzo, sono come due numeri primi che i matematici chiamano “gemelli”, che non si toccano mai perché fra di loro c’è sempre un numero pari.

[as]: Paolo, la nostra rivista si chiama Asimmetrie. Trovo curioso che qui alla Feltrinelli il tuo libro sia stato appena definito “asimmetrico”… Sei d’accordo con questa definizione?
 
Paolo [P]: Beh, è un libro con una simmetria non perfetta. Per dirla da fisico, con una simmetria violata. I due personaggi (Alice e Mattia, ndr) trovano una corrispondenza delle proprie storie e dei propri pensieri l’uno nell’altra, ma questa corrispondenza è sempre imprecisa. E tutto il romanzo vive di queste imprecisioni.

[as]: È un po’ insolito che un dottorando in fisica si metta a scrivere un romanzo, come ti è venuta questa idea?


[P]: In effetti sì, il dottorato in fisica ti assorbe già abbastanza. Il fatto è che io ho suonato per molti anni e sfogavo nella musica la mia parte più creativa. Poi per una serie di motivi ho smesso e per un lungo tempo non ho fatto nient’altro. Dato che sono un antisportivo, mi mancava un’attività secondaria e allora mi sono messo a scrivere. Ho sempre amato molto i libri e ho incominciato scrivendo delle storie. Quando la cosa ha preso una veste un po’ più seria, ho deciso di cimentarmi in un romanzo.

[as]: Ti vedi più scrittore o fisico delle particelle?

[P]: Mi vedo un po’ in tutte e due le cose, direi che sono due aspetti di me che convivono in maniera “asimmetrica”! Scienza e letteratura, infatti, secondo me non sono per nulla antitetiche, anzi trovo che alla base ci sia la stessa spinta emotiva iniziale: la volontà di mettere in ordine, di sistemare le cose.

[as]: Nel tuo libro usi spesso delle metafore tratte dalla scienza. Ad esempio, mentre Mattia osserva la libreria di Alice, pensa che i libri dovrebbero essere ordinati secondo i colori dello spettro elettromagnetico. Capita anche a te, nella vita di tutti i giorni, di ragionare in questo modo?

[P]: Beh, sì penso che a tutti gli scienziati venga di ragionare così. Questa visione un po’ ossessiva e iperanalitica ce l’ho anche io quando penso alle cose. Quando hai una formazione di tipo scientifico, è naturale che ogni tanto ti venga da fare delle analogie, anche perché sia la fisica che la matematica ti mettono a disposizione una strumentazione talmente ampia che poi ti abitui a usarla. Nel mio romanzo però ho anche costruito un personaggio (Mattia, che farà il matematico, ndr) e quindi ho calcato la mano in questo senso.

[as]: Parlaci del tuo dottorato in fisica delle particelle: su cosa verte? Ti piace?

[P]: Sì, mi piace molto. Sono un teorico, mi occupo di fenomenologia, in particolare della fisica del mesone B. È una particella instabile, formata da un quark pesante, che si chiama bottom, e da uno leggero. Il suo studio è interessante soprattutto perché è legato alla violazione di CP e quindi, ad esempio, al problema della prevalenza della materia sull’antimateria.

[as]: E cosa vorresti fare dopo: il ricercatore, lo scrittore o tutte e due?

[P]: Guarda, a me piacerebbe fare tutte e due. Vorrei fare fisica come attività principale e continuare a scrivere nel tempo libero. Visto che la prima prova come scrittore è andata così bene, almeno mi concederò la seconda. Anche perché sono tutti lì ad aspettarmi e sarebbe vigliacco tirarsi indietro.

[as]: Hai già in mente una trama per il tuo prossimo libro, magari potrebbe trattare proprio dell’antimateria?

[P]: In realtà no, non ho la più pallida idea di cosa scriverò, ma ci sto incominciando a pensare. Dopo che hai finito un romanzo, ti senti parecchio svuotato e ci vuole un po’ di tempo per ricaricarsi. E poi, al momento, sto anche collaborando alla sceneggiatura del film che verrà tratto da La solitudine dei numeri primi. Però con l’antimateria forse mi hai dato una buona idea. Potrei pensarci...



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