[as] radici
Una storia di fede e perseveranza.

di Eugenio Coccia
rettore del Gran Sasso Science Institute

Edoardo Amaldia.
Edoardo Amaldi, pioniere della ricerca sperimentale sulla gravitazione in Italia.
I primi tentativi di rivelare le onde gravitazionali sono dovuti a Joseph Weber (1919 – 2000), fisico americano originale e testardo, uno dei fondatori della fisica dei laser e dei maser, che negli anni ’50 aveva cominciato a occuparsi sperimentalmente di relatività generale. Occorreva una grande fede per iniziare in quegli anni una ricerca sulle onde gravitazionali. Delle loro possibili sorgenti cosmiche si sapeva pochissimo, mentre dai calcoli dello stesso Einstein era noto che le onde hanno un’ampiezza piccolissima e interagiscono in modo trascurabile con la materia, il che rende ovviamente difficilissima la loro rivelazione. Weber sviluppò le prime antenne risonanti, le “barre” come da sempre vengono chiamate: oscillatori meccanici costituiti da cilindri di alluminio di un paio di tonnellate, opportunamente distanziati, sospesi e messi sotto vuoto per isolarli dai rumori sismici e acustici, che gli impulsi di onde gravitazionali avrebbero dovuto far vibrare all’unisono. Giganteschi diapason, insomma, equipaggiati con ceramiche piezoelettriche per convertire le loro vibrazioni meccaniche in segnali elettrici che venivano opportunamente registrati. Negli anni ’60 Weber iniziò a pubblicare evidenze di segnali provenienti dal centro galattico. Gli annunci furono accolti dalla comunità scientifica con enorme sorpresa, seguita da aspre discussioni e poi da crescente scetticismo. Ma fu così che la fiamma della passione per la possibile rivelazione e lo studio delle perturbazioni dello spaziotempo, voci provenienti da sorgenti cosmiche estreme, iniziò ad ardere in diversi paesi e laboratori. Questa era l’atmosfera nell’Istituto di Fisica dell’Università di Roma, dove lavorava il fisico italiano più influente del dopoguerra: Edoardo Amaldi (1908 – 1989). Negli anni ’60 Amaldi cercò di spingere giovani colleghi verso nuove ricerche allora in fase di nascita: la radiazione di fondo cosmica e, appunto, le onde gravitazionali. L’idea di un esperimento italiano finalizzato a rivelare le onde gravitazionali fu discussa in occasione di un ciclo di lezioni tenuto da Weber alla Scuola Internazionale “Enrico Fermi” di Varenna nel 1961. Il programma, tuttavia, rimase piuttosto vago fino al 1968, quando il fisico di Stanford William Fairbank visitò il laboratorio di basse temperature di Giorgio Careri, alla Sapienza. Fairbank disse a Careri che aveva l’intenzione di sviluppare un’antenna gravitazionale criogenica (cioè a bassa temperatura, per ridurre il rumore termico) e Careri allora lo mise subito in contatto con Amaldi. Questo incontro segnò l’inizio di una lunga collaborazione. 
Finalmente, nel 1970 Guido Pizzella, con il pieno supporto di Amaldi, prese le redini di un gruppo sperimentale dedicato allo studio delle onde gravitazionali, di cui fecero parte in quei primi anni Massimo Cerdonio, Renzo Marconero, Gianvittorio Pallottino, Sergio Cantarano, Ivo Modena. Risultati e tecniche sperimentali vennero discussi con alcuni colleghi teorici interessati all’argomento: Bruno Bertotti, Nicola Cabibbo e Remo Ruffini. Fu deciso di realizzare un rivelatore risonante criogenico a bassissima temperatura, di sensibilità senza precedenti. L’Italia entrò così in prima fila in questa ricerca, insieme al gruppo di Stanford e a quello della Louisiana State University. Dopo una decina di anni di prototipi e sviluppi, i primi rivelatori risonanti criogenici entrarono in funzione negli anni ’80. L’Infn ha realizzato tre rivelatori di questo tipo: prima Explorer al Cern, poi Nautilus nei Laboratori di Frascati e infine Auriga nei Laboratori di Legnaro. Nautilus e Auriga hanno funzionato fino al 2016. Questi sensibilissimi diapason criogenici si sono avventurati per più di venti anni in regioni inesplorate della fisica sperimentale. Un costante lavoro di ricerca e sviluppo ha permesso un miglioramento della sensibilità di almeno quattro ordini di grandezza rispetto agli originali rivelatori a temperatura ambiente di Weber. La caccia agli impulsi prodotti da eventi cosmici catastrofici è stato l’obiettivo tradizionale dei rivelatori risonanti, e Auriga, Explorer e Nautilus hanno costituito per molti anni l’unico network di rivelatori ad assolvere il ruolo di sentinella galattica gravitazionale nel mondo. A partire dai primi anni del Duemila, la sensibilità dei grandi interferometri, come Ligo e Virgo, sorpassò quella dei rivelatori risonanti e solo questi nuovi straordinari strumenti hanno potuto rivelare finalmente le onde gravitazionali. Ma questa è storia recente. Vale la pena menzionare alcuni risultati che fanno parte del curriculum dei rivelatori risonanti dell’Infn (e dei loro sperimentatori): il raffreddamento di Nautilus e Auriga a temperature ultracriogeniche con l’uso dei più grandi refrigeratori a diluizione 3He -4He mai realizzati (le 2,5 tonnellate di massa sono state raffreddate a 0,1 K e 0,2 K, rispettivamente); lo sviluppo di trasduttori e amplificatori superconduttori in grado di apprezzare eccitazioni di pochi quanti di energia, l’allargamento della banda passante (cioè l’intervallo in frequenza nel quale il rivelatore è sensibile) fino a 100 Hz con Auriga; la prima rivelazione acustica di raggi cosmici con Nautilus ed Explorer; e, ancora con Explorer, la rivelazione del campo gravitazionale dinamico generato da una sorgente artificiale. Il lascito maggiore di questa epopea delle barre risonanti è però quello di aver costituito una scuola che ha fatto della perseveranza la sua bandiera e che ha formato almeno due generazioni di fisici sperimentali. L’esistenza di questa scuola ha favorito la nascita del progetto Virgo, dovuto all’iniziativa dell’indimenticabile Adalberto Giazotto. Molti “barristi” hanno raggiunto negli anni i loro colleghi “laseristi”, innervando con la loro storia e le loro competenze sia l’attività degli attuali rivelatori interferometrici sia quella dei nuovi progetti in preparazione, come l’Einstein Telescope e l’antenna spaziale Lisa.
 
antenna gravitazionale Nautilus b.
L’antenna gravitazionale Nautilus.
 


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