[as] radici
Figure vs. equazioni.

di Lucio Russo
matematico e storico della scienza


a.
Particolare dell’affresco di Raffaello “La Scuola di Atene” (Musei Vaticani), in cui è raffigurato Euclide con i suoi discepoli.
È diffusa la tendenza a concentrarsi, nello studio delle culture del passato, sugli elementi nei quali possano riconoscersi i precedenti o gli embrioni di strutture concettuali tuttora usate. Questa tendenza è ovviamente comprensibile e anche utile, ma rischia di nascondere gli elementi peculiari della cultura che si vuole studiare, che spesso aveva esplorato strade alternative a quelle prevalse successivamente. Nel caso del rapporto tra le equazioni e la matematica greca, che certamente non le usava nella forma che oggi ci è abituale, invece di esplorare i precedenti (che pure esistono) delle nostre formulazioni algebriche, mostriamo con un esempio come fosse naturale, per un matematico greco, risolvere per altra via problemi che noi risolveremmo con un’equazione.

Supponiamo di avere disegnato (su un foglio o sul terreno) un rettangolo (in azzurro in fig. b) e di voler disegnare il lato di un quadrato ad esso equivalente (il quadrato giallo in fig. b). Uno studente di oggi con ogni probabilità risolverebbe il problema nel modo seguente:
1) misurerebbe i lati del rettangolo rispetto a un’unità di misura scelta, ottenendo due numeri: a e b;
2) detto x il lato cercato del quadrato, dall’eguaglianza tra le aree del rettangolo e del quadrato ricaverebbe l’equazione ab = x²;
3) risolverebbe l’equazione precedente, ottenendo il valore di x come radice quadrata del prodotto di a per b;

4) eseguirebbe le due operazioni numeriche (moltiplicazione e radice quadrata) ottenendo un valore (approssimato) di x;
5) disegnerebbe un segmento sufficientemente lungo;
6) aiutandosi con un righello graduato o un altro strumento di misura, staccherebbe sul segmento un tratto di lunghezza x.
Vediamo ora come lo stesso problema è risolto da Euclide (nella proposizione 14 del secondo libro degli Elementi). Sia ABCD il rettangolo dato. Euclide compie le operazioni seguenti (vd. fig. b):
1) prolunga il lato BC;
2) centrando un compasso nel punto C, individua sul prolungamento di BC il punto E tale che CE = CD;
3) disegna una semicirconferenza di diametro BE;
4) prolunga il lato DC fino a incontrare la semicirconferenza nel punto F.
Il segmento FC è il lato cercato di un quadrato equivalente al rettangolo ABCD (infatti, essendo il triangolo BFE rettangolo in F, per un noto teorema, l’altezza relativa all’ipotenusa è media proporzionale tra le proiezioni del cateti sull’ipotenusa, ossia tra i due lati del rettangolo dato).
La soluzione di Euclide richiede molte più conoscenze geometriche di quella moderna, ma evita completamente non solo l’idea di equazione, ma anche le due misurazioni con le quali lo studente moderno trasformerebbe il problema geometrico in uno numerico per poi ritrasformare il risultato numerico in un dato geometrico. Il procedimento euclideo non richiede la scelta di un’unità di misura, né l’uso di strumenti di misura; può essere eseguito su un campo piano usando semplicemente corde tese. Si tratta quindi indubbiamente di un procedimento più semplice. Per cogliere la sua semplicità occorre però liberarsi dall’abitudine, in noi profondamente radicata, di tradurre ogni problema in un problema numerico, usando le figure geometriche solo come illustrazioni simboliche.
Procedimenti geometrici analoghi a quello visto nell’esempio potevano essere usati per risolvere vari problemi che oggi sono associati a equazioni algebriche: ad esempio, dati tre segmenti, si poteva trovarne il quarto proporzionale; oppure si poteva trovare il segmento che rappresentava la soluzione di un problema che noi enunceremmo come la ricerca della soluzione di una generica equazione di secondo grado.
I matematici greci preferivano talmente i metodi geometrici a quelli numerici che, quando era necessario, operavano la trasformazione inversa a quella cui siamo abituati: traducevano cioè in termini geometrici anche i problemi numerici. In questo caso non vi è dubbio che il procedimento moderno sia più efficiente. Inoltre le moderne equazioni sono utili per ricavare molte grandezze (in particolare fisiche) di natura non geometrica. Il metodo antico era tuttavia molto efficiente per risolvere i problemi geometrici tipici dell’epoca.
Ci si può chiedere perché in epoca moderna i metodi numerici e algebrici prevalsero su quelli geometrici, dando un ruolo così importante alle equazioni. Il ribaltamento del rapporto tra i due metodi avvenne essenzialmente nel XVII secolo e fu in larga misura una conseguenza dell’introduzione delle tavole dei logaritmi (apparse per la prima volta nel 1614), che resero enormemente più efficienti i calcoli numerici. Compilare tavole di logaritmi richiede in effetti una grande quantità di lavoro, che non ha senso compiere se il mercato formato dai potenziali utilizzatori delle tavole è inferiore a una soglia che probabilmente fu raggiunta solo nell’Europa moderna.

 
b.
Visualizzazione del procedimento per trovare il quadrato (in giallo) equivalente a un rettangolo dato (in azzurro), sia con un’equazione che senza.
 
 

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