Archeologia cosmica
Lo studio della radiazione fossile per comprendere l'origine dell'Universo.
di Anna Gregorio

Uno dei campi che più ha tratto giovamento dall'ultima generazione di esperimenti di astrofisica è lo studio del Cosmic Microwave Background (Cmb), la cosiddetta radiazione fossile. Misurare questa radiazione corrisponde a guardare l'Universo come era alle sue origini, dopo il Big Bang, e rappresenta una delle opportunità più interessanti per capire la nascita e l'evoluzione dell'Universo in cui viviamo.
Nei primi istanti dopo il Big Bang la temperatura del cosmo è incredibilmente alta, ma col passare dei secondi l'Universo si espande e la sua temperatura scende velocemente. La radiazione in questa fase è come "intrappolata" dalla materia, la luce è continuamente emessa e assorbita dalle particelle elementari di materia e l'Universo è opaco.
Solo 380 mila anni dopo il Big Bang la temperatura scende (3.000 kelvin) al punto in cui le particelle viaggiano più lentamente e possono combinarsi a formare i primi atomi. In questo processo gli elettroni vengono catturati e i fotoni della luce rimangono liberi, indipendenti dalla materia attorno a loro. Si libera quindi una luce che può viaggiare attraverso l'Universo divenuto trasparente. È questa la radiazione fossile o radiazione del fondo cosmico, che da allora pervade il Cosmo in modo pressoché uniforme. Non tutto succede contemporaneamente nel nostro Universo, che in certe zone è più caldo in altre più freddo, e in corrispondenza sarà più o meno denso.
Dopo un miliardo di anni, stelle e galassie si sono formate a partire da questi primordiali addensamenti di materia, lasciando un'impronta inconfondibile sulla radiazione fossile che mostra piccole variazioni di temperatura (anisotropie) in corrispondenza di queste strutture.
La radiazione fossile rappresenta in effetti la prima, la più antica fotografia dell'Universo e di quei "semi" che hanno portato all'Universo come lo vediamo ora. E la sua temperatura? Dal momento in cui la radiazione si è liberata, l'Universo si è espanso e raffreddato, per cui noi oggi misuriamo un segnale molto debole e freddo, a 2,7 K, ovvero a -270,4 °C, vicinissimo allo zero assoluto! Questa radiazione è nella banda delle microonde con variazioni di temperatura, le anisotropie, inferiori al milionesimo di grado.
La prima misura della radiazione fossile, che costituiva una conferma del modello del Big Bang e valse il Nobel ad Arno Penzias e Robert Wilson, risale al 1965 e venne effettuata a terra con un'antenna per telecomunicazioni che per caso rilevò questo segnale. Ma per misurare con precisione qualcosa di così freddo dobbiamo usare strumenti a bassa temperatura per evitare che essi stessi producano della radiazione che si sommi al segnale. A terra tutto quello che ci circonda è caldo e l'atmosfera può produrre segnali spuri. Inoltre da qui possiamo osservare solo il cielo corrispondente all'emisfero in cui si trova lo strumento di misura.
Dopo i primi esperimenti da terra e da pallone, le osservazioni dallo spazio, possibilmente con un satellite molto lontano da noi, sono risultate di fondamentale importanza per le osservazioni della radiazione fossile.
Il satellite Cobe (Cosmic Background Explorer) della Nasa ha dimostrato per primo che la radiazione fossile non è perfettamente uniforme e omogenea, ma presenta delle piccole deviazioni, le anisotropie. Una scoperta che nel 2006 è valso il premio Nobel a John C. Mather e George F. Smoot.
Il 30 giugno 2001, venne lanciato il satellite Wmap (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe), successore di Cobe, che riesce a misurare le minime deviazioni della radiazione fossile con una sensibilità e precisione ancora maggiori. Wmap è ancora in orbita a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, in equilibrio gravitazionale con la Terra e il Sole, in una posizione che offre un ambiente eccezionalmente stabile e pulito per osservare il cielo.
Ai tempi di Penzias e Wilson la radiazione fossile sembrava fotografata con una macchina digitale con poche migliaia di pixel e tutto risultava uniforme, ma adesso è come se usassimo le moderne macchine digitali con decine di milioni di pixel. Grazie a Cobe, Wmap e, da pochi mesi, al satellite Planck possiamo vedere i dettagli delle impronte dell'Universo primordiale.
Lanciato dalla base di Kourou nella Guiana Francese il 14 maggio 2009, Planck, l'ultimissimo prodotto dell'Esa (European Space Agency), orbita nella stessa regione di spazio di Wmap. A bordo sono presenti due strumenti, Lfi (Low Frequency Instrument) che indaga la radiazione nella banda a bassa frequenza (più fredda) e Hfi (High Frequency Instrument) per la parte ad alta frequenza (più calda). Entrambi fanno capo a due consorzi internazionali a leadership italiana e francese. Questa ampia banda di frequenze, da Lfi fino a Hfi, permette a Planck di distinguere al meglio la radiazione fossile dagli altri segnali che permeano comunque il nostro Universo, come ad esempio quello prodotto dalle galassie stesse.

a.
La mappa del cielo a microonde prodotta da Planck durante il suo primo anno di attività. La striscia centrale rappresenta la nostra galassia, la Via Lattea
b.
Il satellite Planck, in orbita a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, fotografato dal telescopio di Loiano, vicino a Bologna (la sua traccia nell’immagine qui sopra è indicata dal cerchietto azzurro, le scie luminose di alcune stelle sono artefatti della rivelazione al telescopio).
c.
Il satellite Planck. Massa: 1,9 tonnellate; dimensioni: 4,2 m altezza e 4,2 m diametro; vita operativa: 15 mesi + 1 anno di estensione.

Le soluzioni tecniche adottate, la risoluzione angolare, ovvero la precisione nell'osservazione dei dettagli, la sensibilità, dieci volte maggiore di quella di Wmap, e l'ampia copertura in frequenza permetterebbero a Planck di misurare da terra il calore emesso da un coniglio sulla Luna rendono Planck uno strumento ideale per misurare le piccole variazioni di temperatura della radiazione fossile e le caratteristiche fondamentali del nostro Universo primordiale con una precisione mai raggiunta prima. Planck è operativo dal 13 agosto 2009. Nella figura a si vede la mappa del cielo a microonde prodotta da Planck durante il primo anno di attività . La scala dei colori indica la variazione di temperatura della radiazione fossile rispetto al suo valore medio (rosso significa più freddo, blu più caldo). La precisione di Planck nella misura di queste minime differenze di temperatura e della loro "forma" ci consentiranno di risalire alle variazioni di densità dell'Universo primordiale e quindi a una gran quantità di informazioni cosmologiche. Il loro studio ci darà indicazioni sull'età dell'Universo, sulla sua composizione, sulla natura della materia oscura e dell'energia oscura e una migliore stima della massa dei neutrini, nonché di tutti i parametri cosmologici che descrivono la fisica del Big Bang.

Biografia
Anna Gregorio ricercatrice dell'Università di Trieste, è docente del corso di laboratorio di astrofisica spaziale. Collabora all'esperimento Planck, è stata responsabile dell'integrazione e dei test di verifica e calibrazione dello strumento Lfi ed è ora responsabile delle operazioni dello stesso strumento.

 

Link
www.rssd.esa.int/Planck
www.satellite-planck.it
www.videocorner.tv/videocorner2/bestof_vod/index.htm

 

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