A tinte forti
Dal colore alla Qcd

di Paolo Nason


a .
Il fisico statunitense George Zweig, che nel 1964, come giovane ricercatore al Cern, ebbe la stessa idea di Gell-Mann sui quark, ma li denominò aces (assi). Ha studiato fisica delle particelle con Richard Feynman. Successivamente si interessò di neurobiologia e trascorse diversi anni come ricercatore al Los Alamos National Laboratory e al Mit (Massachussetts Institute of Technology). Nel 2004 ha abbandonato la carriera di scienziato per andare a lavorare nel settore finanziario.

Nel 1964, poco dopo che fu postulata l’esistenza dei quark da Gell-Mann e Zweig, Wally Greenberg avanzò l’ipotesi che i quark possedessero un’ulteriore proprietà nascosta che poteva assumere tre valori distinti. In altre parole, il numero di quark nella teoria di Gell-Mann e Zweig doveva essere triplicato. Dovevano esistere perciò tre quark distinti di tipo up, tre di tipo down e tre di tipo strange. Mentre i quark di tipo up e down differiscono tra di loro per la carica elettrica, e lo strange differisce dall’up e dal down per la massa e la stranezza (vd. in Asimmetrie n. 11 Lo strano caso dei mesoni K, ndr), nessuna ulteriore differenza fisica doveva essere associata a questa nuova proprietà.

La nuova proprietà fu chiamata “colore” (in quanto esistono tre colori primari). È meglio chiarire però che questo “colore” non ha niente a che vedere con la nostra percezione fisiologica del colore. Al posto di blu, verde e rosso, avremmo potuto usare un indice numerico, ed è infatti questo che appare nelle equazioni che governano la dinamica dei quark. La tendenza a utilizzare nomi bizzarri e poco appropriati nella fisica delle particelle elementari è illustrata (forse in modo eccessivamente brutale) da Richard Feynman, che scrive: “Quegli idioti dei fisici, ormai incapaci di farsi venire in mente una bella parola greca, hanno chiamato questo tipo di polarizzazione con l’infelice parola ‘colore’, che non ha niente a che vedere con il colore di senso comune”.

La necessità del colore è bene esemplificata dall’esistenza della Δ++ (vd. fig. b in Ritorno al futuro, ndr), una particella costituita da tre quark di tipo up. I quark, come gli elettroni, obbediscono al principio di esclusione di Pauli, che sancisce che non vi possono essere due quark nello stesso stato. Nella Δ++ anche la proprietà dello spin è identica per i tre quark, e ciò porterebbe a pensare che vi debba essere una violazione del principio di Pauli. Ammettendo invece l’esistenza del colore, si può assumere che i tre quark up abbiano colori diversi tra loro, rispettando così il principio di Pauli.

[as] approfondimento
Tris e colore

1.
Più bit ha a disposizione il computer per “sfumare” ognuno dei tre colori di base, più colori si possono costruire: con 5 bit per colore, cioè 32 sfumature di ogni colore di base, possiamo creare circa 32.000 combinazioni. Con 8 bit per colore, invece, cioè 256 sfumature di ogni colore di base, possiamo creare circa 16 milioni di combinazioni.

Nonostante l’aspro giudizio di Feynman, una certa analogia tra il colore dei quark e il colore di senso comune c’è. Se è vero infatti che questa proprietà dei quark – detta più correttamente carica di colore – non ha nulla a che vedere con i colori che percepiamo con i nostri occhi (luce di diverse lunghezze d’onda), le regole matematiche con cui i colori si sommano sono molto simili a quelle con cui si accoppiano i quark. Con soli tre colori fondamentali, rosso, verde e blu (in inglese la terna red, green e blue, RGB) possiamo “costruire” tutti i colori, basta sommarli con un’opportuna combinazione. Funziona così lo schermo del computer: assegnando il valore zero a tutti e tre i colori (0,0,0) otteniamo il nero, assegnando il valore massimo permesso (MB,MG,MR) otteniamo il bianco e, ad esempio, il viola si ottiene con la combinazione (MB,0,MR). Le particelle adroniche, cioè quelle fatte di quark, non possiedono una carica complessiva di colore. Semplificando la matematica dei colori quantistici – che è molto più complessa – possiamo descrivere i barioni come formati da tre quark di colore diverso. I mesoni, invece, possiamo immaginarli come coppie formate da un quark di un colore e un antiquark che ha colore complementare, cioè quello che neutralizza il corrispondente colore primario. Per definizione, nei colori ordinari il complementare del rosso è il ciano, del verde il magenta e del blu il giallo. Anche i colori complementari formano una terna, CMY (cyan, magenta, yellow), molto usata nella stampa su carta. Ma attenzione, in questo caso la sovrapposizione dei colori genera il nero! Questa analogia ci permette di fare ancora un passo in più: possiamo descrivere l’antiprotone e l’antineutrone come formati da tre antiquark che portano altrettanti anticolori. La matematica dei colori e degli anticolori permetterebbe di formare sistemi ancora più complessi come il tetraquark (due quark e due antiquark), forse osservato di recente (vd. in Fascino svelato, ndr), e il pentaquark (quattro quark e un antiquark), finora mai osservato. [Giorgio Riccobene]

Dal fatto che differenze di colore non implicano differenze di altre proprietà fisiche, segue che esiste un’invarianza delle leggi fisiche sotto una permutazione del colore. Nel mondo microscopico, tuttavia, tale invarianza risulta più ampia e complessa. La meccanica quantistica ci insegna infatti che non solo è possibile che un sistema abbia valori definiti di una certa grandezza, ma che è anche possibile che il sistema sia in una sovrapposizione di stati con valori diversi di questa grandezza, con ciascuna componente avente un peso diverso. Si può ricorrere all’analogia con un punto dello spazio, che è caratterizzato, in coordinate cartesiane, dalle sue componenti x, y e z. Analogamente lo stato di colore di un quark è caratterizzato dalle sue componenti di colore blu, verde e rosso. Le leggi fisiche sono invarianti, oltre che sotto una permutazione del colore, anche sotto vere e proprie rotazioni nello spazio dei colori (le trasformazioni del gruppo SU(3) di colore), analoghe alle rotazioni spaziali del nostro esempio.

L’introduzione del colore deve essere accompagnata da una considerevole restrizione degli stati ammissibili. Se così non fosse, per esempio, il pione positivo, una particella composta da un quark up e un antiquark down, dovrebbe essere presente in nove repliche, corrispondenti alle nove possibili scelte per il colore del quark e dell’antiquark. Si postulò quindi che solo gli stati invarianti sotto le rotazioni del colore siano possibili. Utilizzando questa restrizione si arriva a giustificare l’esistenza di tutti gli adroni (le particelle soggette a interazioni forti) effettivamente osservati, senza introdurne altri. In particolare, questa restrizione vieta l’esistenza di quark liberi che, sebbene attivamente cercati, non sono mai stati rivelati (vd. [as] radici: Libertà impossibile., ndr). Inizialmente, i fisici erano incerti se considerare i quark come vere e proprie particelle, o se considerarli invece come un artificio matematico. Successivi sviluppi ci hanno convinto, senza ombra di dubbio, che i quark sono particelle esattamente come lo sono gli elettroni. Sappiamo inoltre che, a distanze inferiori al fermi (pari a 10-15 metri), le interazioni forti si indeboliscono, e i quark si comportano come se fossero liberi (vd. I semi delle cose, ndr).

[as] approfondimento
Un rapporto cruciale

1.
Misure (punti arancioni con i loro errori sperimentali) del rapporto R per diverse energie. Per energie inferiori alla soglia di produzione delle particelle J/Ψ e della Ψ', i quark prodotti sono solo tre (up, down e strange) e il valore atteso per R è 2 (linea continua azzurra). Al di sopra di questa soglia viene prodotto anche il quark charm e R vale 10/3 (linea continua verde). Se non si tenesse conto del colore, i risultati teorici sarebbero inferiori di un fattore 3 (linee tratteggiate).

Un’osservazione che conferma brillantemente l’esistenza dei quark e del colore è la misura di R, il rapporto tra la probabilità di produzione di adroni e la probabilità di produzione di muoni in esperimenti di collisione di elettroni e positroni ad alte energie. I muoni sono particelle in tutto simili agli elettroni, che differiscono da questi solo perché più pesanti, cioè dotati di una massa circa 200 volte maggiore di quella degli elettroni. Per quanto riguarda la produzione nelle collisioni elettrone-positrone, essi differiscono dai quark solo nel fatto che questi ultimi hanno carica elettrica frazionaria e portano il colore. Se non fosse per il colore, il valore di R dovrebbe essere uguale alla somma dei quadrati delle cariche elettriche del quark. L’esistenza delle tre repliche di colore porta a un ulteriore fattore 3 nel valore di R, ma porta anche a una correzione dovuta alle interazioni forti che agiscono tra i quark. Ma la meccanica quantistica ci insegna che lo stato di una particella elementare è caratterizzato da un’onda, con una lunghezza d’onda tanto più piccola quanto più alta è la sua energia. Per energie molto al di sopra del GeV (109 elettronvolt), la lunghezza d’onda delle particelle è molto più piccola di un fermi. Quindi le interazioni forti si indeboliscono e la “correzione forte” svanisce. Ne segue che, nel limite delle alte energie, il valore di R è proprio dato da tre volte la somma dei quadrati delle cariche dei quark prodotti.

Oggi abbiamo una teoria completa delle interazioni forti, nota come cromodinamica quantistica (Qcd), con le interazioni forti determinate dalle cariche di colore (come le interazioni elettromagnetiche sono determinate dalle cariche elettriche). La neutralità in colore corrisponde all’invarianza di un sistema sotto rotazioni di colore. Si può dimostrare che l’intensità dell’interazione forte descritta dalla Qcd diminuisce a piccole distanze e aumenta a grandi distanze. Perciò, è possibile separare a grandi distanze solo particelle prive di carica di colore. La piccola intensità delle interazioni della Qcd a piccole distanze (e quindi ad alte energie) rende la teoria particolarmente trattabile in questi regimi, per cui siamo in grado di calcolare con precisione diversi processi ad alte energie, come, ad esempio, quelli che hanno luogo nelle collisioni tra protoni in Lhc. I calcoli della Qcd sono stati essenziali per la progettazione degli esperimenti di Lhc e sono oggi quotidianamente utilizzati nell’analisi dei dati.

Biografia
Paolo Nason si è laureato in fisica all’Università Statale di Milano e ha conseguito il dottorato negli Stati Uniti, all’Università di Stanford. Ha lavorato in diverse istituzioni all'estero: la Columbia University, il Brookhaven National Laboratory, il Politecnico di Zurigo e il Cern. Attualmente è dirigente di ricerca dell'Infn nella sezione di Milano Bicocca.

 

Link
http://en.wikipedia.org/wiki/Color_charge


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