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Già alla fine degli anni ’80 gli ingredienti del web erano tutti più o meno disponibili, alcuni addirittura da parecchi anni. Si potrebbe dire che le tecnologie necessarie erano tutte lì, in attesa che qualcuno, come poi fece Tim Berners-Lee, le mettesse insieme. Vediamone gli elementi fondamentali: il concetto di ipertesto, ossia un testo scritto in una lingua ordinaria, nel quale alcune parole nascondono dei collegamenti (o link) che rinviano ad altre pagine di testo o a immagini; un sistema di indirizzamento (detto Url) che permette di rappresentare questi collegamenti in maniera sintetica; un linguaggio (Html) che permetta in maniera semplice di codificare queste informazioni nel testo, che poi appare nella lingua ordinaria; un certo numero di protocolli (come Ftp, Http) che permettono al sistema di riconoscere le diverse tipologie di file; infine, un browser ( dall’inglese to browse, “sfogliare”), una interfaccia utente intuitiva e user-friendly che permette di operare in maniera semplice (con un click del mouse!) sui campi dell’ipertesto (come ad esempio Firefox o Internet Explorer). Benché tutte queste componenti, come detto, esistessero già (famoso era hypercard della Apple, il primo software per la creazione di ipertesti a grande diffusione), Berners-Lee ebbe l’intuizione di mettere tutto insieme in un sistema integrato e di stabilire uno standard universale, attraverso una ridefinizione delle varie componenti, che nella versione da lui proposta sono poi quelle che sostanzialmente si usano ancora adesso.

 

 

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