14 settembre 2015
La nascita di una nuova astronomia

di Cristiano Palomba


a.
Direzione approssimativa di provenienza delle due onde gravitazionali rivelate, rispettivamente, il 14 settembre 2015 e il 26 dicembre 2015 dalla collaborazione Ligo-Virgo. Le varie linee colorate individuano l’area di provenienza con una probabilità che va dal 90% per la linea viola più esterna al 10% della linea rossa più interna. L’area delimitata dalla linea viola copre una vasta porzione di cielo, di circa 600 gradi quadrati per il primo evento e 850 gradi quadrati per il secondo, a causa del fatto che i segnali sono stati osservati da due soli rivelatori.
Il 14 settembre 2015, alle 9.50 e 45 secondi ora di Greenwich, un’onda gravitazionale generata dalla fusione di due buchi neri di 29 e 36 masse solari ha attraversato i due rivelatori Ligo (a Hanford, nello stato di Washington, e a Livingston, in Louisiana), dopo un viaggio durato oltre un miliardo di anni, depositandovi una minuscola quantità di energia. Tale piccolissimo segnale, denominato GW150914 (“gravitational wave” del 14-09-15), è stato rivelato dagli algoritmi di analisi che operano in tempo quasi-reale, sviluppati dalla collaborazione Ligo-Virgo, ed è stato poi confermato da successive analisi più accurate. L’esistenza delle onde gravitazionali, previste da Einstein esattamente un secolo fa, è stata così dimostrata in modo diretto e con una significatività statistica da non lasciare ombra di dubbio. Fine della storia? Neanche per sogno! In effetti questa prima rivelazione diretta, seguita da una seconda a pochi mesi di distanza, il giorno di Santo Stefano (prodotta in questo caso dalla fusione di due buchi neri di 7 e 14 masse solari), rappresenta un evento epocale per la fisica, soprattutto perché sancisce, dopo quasi mezzo secolo di incredibili sforzi sperimentali, la nascita di una nuova branca: la cosiddetta “astronomia gravitazionale”. Le onde gravitazionali costituiscono un mezzo di osservazione complementare alla radiazione elettromagnetica, che è alla base dell’astronomia tradizionale, ma anche ai neutrini e ai raggi cosmici. L’osservazione dell’universo attraverso le onde gravitazionali permetterà di studiare con un dettaglio senza precedenti fenomeni celesti che coinvolgono oggetti compatti, come stelle di neutroni e buchi neri e in futuro, forse, anche di “osservare” i primissimi istanti di vita dell’universo. Quali saranno allora i prossimi passi sperimentali che permetteranno di consolidare l’avvento dell’astronomia gravitazionale? Un primo aspetto fondamentale è l’espansione della rete di rivelatori. Nella prima metà del 2017 Virgo completerà l’upgrade e “Advanced Virgo” si aggiungerà ai due rivelatori Ligo. Avere una rete di almeno tre rivelatori è un requisito fondamentale per localizzare con ragionevole accuratezza la posizione della sorgente, in particolare nel caso di segnali gravitazionali “transienti”, ovvero di breve durata. Conoscere la posizione delle sorgenti ne semplifica di molto il follow-up, che consiste nel cercare, tramite i telescopi, un’eventuale controparte elettromagnetica, prevista ad esempio nel caso della fusione di due stelle di neutroni o di un’esplosione di supernova (vd. Non solo buchi neri, ndr). Operare con una rete di rivelatori porta dei benefici anche alla ricerca delle onde gravitazionali “continue” che, al contrario, hanno una durata lunga rispetto ai tipici tempi di osservazione. A questa categoria appartengono, ad esempio, i segnali emessi da stelle di neutroni in rapida rotazione su se stesse, come le pulsar, a causa di una qualche “asperità” sulla superficie. Una rete di rivelatori distribuita geograficamente è poi indispensabile per rivelare il “rumore di fondo” gravitazionale di origine cosmologica o astrofisica, poiché il segnale in un singolo rivelatore non sarebbe distinguibile dal rumore strumentale. In generale, una rete di rivelatori permette di aumentare la cosiddetta “confidenza” in una rivelazione. Se un segnale, infatti, è osservato in più rivelatori con caratteristiche coerenti (la forma d’onda, l’ampiezza e così via), la probabilità che sia dovuto a una semplice fluttuazione del rumore strumentale si riduce enormemente. La rete di rivelatori gravitazionali continuerà a espandersi nei prossimi anni. Nel 20182019 è prevista l’entrata in funzione dell’interferometro giapponese Kagra, costruito sottoterra, per ridurre l’impatto del rumore sismico, e con specchi raffreddati a 20 Kelvin per ridurre il rumore termico. Intorno al 2022 dovrebbe essere la volta di Indigo, una copia di Ligo, che verrà costruito in India. Il via libera del governo indiano al progetto Indigo è avvenuto il 17 febbraio 2016, sei giorni dopo l’annuncio della rivelazione di GW151014, e dopo un’attesa di oltre due anni. E che non si dica che le onde gravitazionali non hanno effetti pratici!
 
b.
Mappa con la posizione degli interferometri per rivelare onde gravitazionali già operativi, in costruzione e programmati.
 
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Una possibile rappresentazione artistica dell’interferometro di terza generazione Einstein Telescope. I tre tunnel percorsi dalla luce laser sono nel sottosuolo, per ridurre l’effetto del rumore sismico. Gli specchi sono raffreddati a temperature di pochi Kelvin, per abbattere il rumore termico.



 
In parallelo, periodi di presa dati si alterneranno a fasi di ulteriori upgrade, in cui nuove soluzioni tecniche verranno implementate per aumentare la sensibilità e la stabilità degli strumenti e, al contempo, nuove procedure di analisi dati verranno sviluppate per estrarre quanta più informazione possibile dai flebili segnali gravitazionali. All’inizio del prossimo decennio avremo quindi una rete globale di antenne gravitazionali capaci, presumibilmente, di rivelare decine di segnali l’anno e di stimarne i parametri con grande accuratezza. Ma non ci accontentiamo! Per questo in Europa è già in fase di progettazione un rivelatore di terza generazione, l’Einstein Telescope (anche in questo caso con un notevole contributo dell’Infn), che potrebbe entrare in funzione intorno al 2030, con una sensibilità prevista circa dieci volte migliore rispetto a quella dei rivelatori attuali, e che permetterebbe di fare astronomia gravitazionale di precisione e studiare in dettaglio eventuali violazioni della gravità einsteiniana nelle condizioni di un campo gravitazionale “forte”, come quello in prossimità di oggetti estremamente densi, come le stelle di neutroni o i buchi neri. Più o meno con lo stesso orizzonte temporale è poi previsto il lancio del rivelatore spaziale eLisa (2032-2034), un ambizioso progetto finanziato dall’Esa (l’agenzia spaziale europea), che mira a portare in orbita attorno alla Terra una costellazione di tre satelliti in configurazione triangolare, con lati lunghi un milione di chilometri (circa tre volte la distanza Terra-Luna), che costituiranno i vertici di due giganteschi interferometri. Questo strumento sarà sensibile in una banda di frequenze, tra circa 1 mHz e 100 mHz (quindi molto più basse di quelle dei rivelatori “terrestri”) molto ricca di sorgenti di onde gravitazionali. Lisa Pathfinder, lanciato in orbita a fine 2015 e la cui missione durerà fino alla fine del 2016, è stato già in grado di dimostrare le tecnologie fondamentali che saranno usate in eLisa. Un altro promettente approccio alla rivelazione delle onde gravitazionali è basato sullo studio delle correlazioni temporali tra i segnali radio emessi dalle pulsar. Questa metodologia, che vede coinvolti radiotelescopi europei, americani e australiani (consorziati nel cosiddetto “International Pulsar Timing Array”), potrebbe nei prossimi anni portare alla rivelazione dei segnali prodotti a frequenze comprese tra il nanohertz e il microhertz nella fusione di buchi neri supermassivi (di molti milioni di masse solari). In conclusione, siamo solo agli albori dell’astronomia gravitazionale, ma i presupposti perché il suo avvento rappresenti una vera e propria rivoluzione nello studio dell’universo ci sono tutti. Nei prossimi anni avremo strumenti sempre più sensibili e metodi di analisi dei dati sempre più raffinati, per “ascoltare” il bisbiglio con cui l’universo ci parla. E quindi, è proprio il caso di dirlo, “orecchie aperte”!
 

Biografia
Cristiano Palomba è ricercatore dell’Infn di Roma e fa parte della collaborazione Virgo. Si occupa principalmente di analisi dei dati per la ricerca dei segnali gravitazionali emessi da stelle di neutroni.


Link
http://www.virgo-gw.eu/
https://www.ligo.caltech.edu/
http://relativity.livingreviews.org/Articles/lrr-2016-1/
http://gwcenter.icrr.u-tokyo.ac.jp/en/
http://gw-indigo.org/tiki-index.php?page=LIGO-India
http://www.et-gw.eu/
https://www.elisascience.org/
http://www.ipta4gw.org/


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